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“Incubatore di disinformazione”. L’accusa a TikTok prima del voto

Man using TikTok on iPhone

Alcuni ricercatori hanno evidenziato i rischi dell’app in vista del voto di metà mandato negli Stati Uniti. “Stiamo assistendo alle conseguenze reali dell’aver ignorato gli avvertimenti”, dice Gorman (Asd/Gmf). Un campanello d’allarme anche per l’Italia

Con un’ampia base di utenti, brevi contenuti video e un algoritmo strettamente controllato, TikTok sta diventando un importante e pericoloso incubatore di disinformazione elettorale. Lo sostengono alcuni ricercatori ed esperti citati dal New York Times in vista del voto di metà mandato negli Stati Uniti.

“Era ingenuo supporre, quando TikTok stava diventando popolare, che una piattaforma nota per i video di danza e i meme dei gatti non sarebbe diventata un luogo di dibattito politico”, ha commentato Lindsay Gorman, già consigliera dell’amministrazione Biden, oggi senior fellow per le tecnologie emergenti alla Alliance for Securing Democracy, iniziativa del German Marshall Fund. “Ora stiamo assistendo alle conseguenze reali dell’aver ignorato gli avvertimenti dei ricercatori sul potenziale di disinformazione elettorale su TikTok”.

Gli utenti non possono cercare #StopTheSteal, ma #StopTheSteallll aveva accumulato quasi un milione di visualizzazioni fino a quando TikTok non l’ha disabilitato dopo essere stato contattato dal New York Times. Tra i contenuti che hanno collezionato migliaia di visualizzazioni anche alcuni in cui si sostiene, senza prove, che le previsioni di un aumento dei contagi da Covid-19 in autunno siano un tentativo di scoraggiare il voto.

Il periodo elettorale può essere particolarmente difficile per i moderatori dei contenuti, perché i post politici su TikTok tendono a provenire da una moltitudine di utenti diversi che affrontano questioni di ampio respiro, piuttosto che da politici o gruppi specifici, ha spiegato Graham Brookie, direttore del Digital Forensic Research Lab dell’Atlantic Council. “Il punto fondamentale è che tutte le piattaforme possono e devono fare di più per l’insieme condiviso di fatti da cui dipende la democrazia sociale”, ha affermato. “TikTok, in particolare, si distingue per le sue dimensioni, la sua crescita molto, molto rapida e il numero di questioni in sospeso su come prende le decisioni”, ha aggiunto.

Rimane ancora aperta la questione della sicurezza nazionale. Lo stesso New York Times scrive ricorda, infatti, che le preoccupazioni di questa natura sulla app di proprietà della cinese Bytedance “rimangono irrisolte” e che membri del Congresso e autorità di regolamentazione “stanno spingendo sempre più per l’azione”. Inoltre, permangono le ombre sul rapporto con il Partito comunista cinese. Forbes ha rivelato che 300 dipendenti di TikTok e della sua società madre ByteDance hanno lavorato in passato per i media statali cinesi: sarebbe un’altra dimostrazione degli stretti legami tra la piattaforma e la macchina della propaganda cinese.

Nei giorni scorsi, come ha rivelato Axios, Oracle ha iniziato a controllare gli algoritmi e i modelli di moderazione dei contenuti di TikTok per assicurarsi che non siano manipolati dalle autorità cinesi. L’impegno è pensato che fornire garanzie ai legislatori sul fatto che la piattaforma statunitense di TikTok operi in modo indipendente dall’influenza del Partito comunista cinese. Non è ancora chiaro, tuttavia, quando TikTok finirà di migrare tutti i dati dei suoi precedenti utenti statunitensi sul cloud di Oracle, come previsto.

La stessa Oracle è un protagonista “particolarmente strano in questa saga”, ha scritto Casey Newton su Platformer. Il fondatore e presidente esecutivo è Larry Ellison, che è stato il più importante alleato di Donald Trump nella Silicon Valley, fino a unirsi a chi ha messo in dubbio l’esito delle elezioni del 2020, e che ha rischiato di possedere una parte di TikTok (secondo quanto previsto dall’accordo dell’era Trump, Oracle avrebbe condiviso la sua quota con Walmart, il cui amministratore delegato, Doug McMillon, era un consigliere di Trump). Ma l’accordo è saltato con la sconfitta di Trump e con l’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca, che ha promesso una strategia più ampia per rispondere a queste situazioni (ma che ancora non è stata pubblicata). A questo punto Oracle ha ottenuto l’attività di cloud computing, “un ricco premio” scrive Newton: “un cliente importante e in rapida crescita con risorse quasi illimitate e una serie crescente di esigenze legate al suo bisogno esistenziale di dimostrare l’indipendenza dalla Cina”. Non è noto quanto valga il contratto, né quali promesse Oracle abbia fatto per ottenerlo. Sappiamo che quando ha preso visione di una versione precedente del patto, Microsoft ha affermato che “avremmo apportato modifiche significative per garantire che il servizio soddisfacesse i più elevati standard di sicurezza, privacy, sicurezza online e lotta alla disinformazione”.

Alla luce di tutto questo Newton conclude che “lo scetticismo continuerà” e le attività di controllo “non potranno che aumentare”, “qualunque cosa faccia l’azienda, ma TikTok non ha altra scelta che provarci”.

Questo discorso riguarda gli Stati Uniti e non soltanto. Il New York Times ricorda precedenti di disinformazione elettorale su TikTok in Germania, in Colombia e nelle Filippine. È un campanello d’allarme anche per l’Italia in vista del voto del 25 settembre. Nei giorni scorsi i questori del Senato hanno inviato ai colleghi senatori una sorta di vademecum intitolato “Sicurezza informatica e pericoli della rete – Consigli per un uso consapevole degli strumenti informatici”. Nella sezione riguardante le app sono presenti quattro consigli su quelle sicure e altrettanti su quelle da evitare. Non se ne cita nessuna, neppure TikTok, di proprietà del colosso cinese ByteDance, il cui utilizzo è stato recentemente sconsigliato ai membri della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti per ragioni di sicurezza nazionale alla luce della gestione dei dati degli utenti su server in Cina.


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