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Il modello Meeting (che funziona). Antipasto elettorale

Di Maria Virginia Tomasucci

Se c’è un luogo in cui era in qualche modo naturale che la campagna elettorale avesse inizio, questo è certamente il Meeting di Rimini. Dopo settimane di discussioni ombelicali e politicistiche, la giornata di oggi ha dimostrato che è ancora possibile attendersi una campagna elettorale un po’ più incentrata sui contenuti

Adesso è ufficialmente iniziata. Passate le polemiche sulle alleanze e superata anche la fase calda della presentazione delle liste, ha preso il via definitivamente la campagna elettorale.

Un inizio che definire inedito è poco: mai era capitato prima che si votasse dopo l’estate e mai era accaduto che l’avvio della competizione fosse fischiato al Meeting di Rimini. Ma ormai, com’è stato ampiamente sperimentato durante l’ultima legislatura, la politica italiana ci ha abituato praticamente a tutto, a un governo che cade in pieno agosto in uno stabilimento balneare e persino a votare a settembre.

Che poi, se c’è un luogo in cui era in qualche modo naturale che la campagna elettorale avesse inizio, questo è certamente il Meeting di Rimini. Per la sua natura sempre più aperta e inclusiva e anche perché nel corso degli anni ha rappresentato un costante e crescente punto di riferimento nel dibattito pubblico italiano.

Autentico crocevia delle vicende politiche degli ultimi anni. Nel 2019, anche da queste parti, si ponevano le basi per l’accordo che avrebbe portato alla nascita del governo giallorosso. Un anno dopo, nel 2020, Mario Draghi pronunciò qui il discorso che fece prefigurare a molti il varo del suo esecutivo ormai giunto al capolinea. L’anno scorso il confronto tra i leader in occasione del dibattito sulla sussidiarietà aprì un’altra campagna elettorale, quella per il Quirinale culminata nella rocambolesca rielezione di Sergio Mattarella.

Precedenti che hanno trovato conferma nel dibattito di oggi a cui hanno preso parte, in rigoroso ordine alfabetico, Luigi Di Maio, Enrico Letta, Maurizio Lupi, Giorgia Meloni, Ettore Rosato, Matteo Salvini e Antonio Tajani. Una discussione seguita in presenza da centinaia di persone, arrivate alla fiera di Rimini per provare a chiarirsi un po’ le idee in vista del voto del 25 settembre. E sembra di potersi dire che ne sia valsa la pena considerato che il talk, come avviene di regola al Meeting, si è concentrato più sui temi concreti che sullo sterile chiacchiericcio. Merito di sicuro anche dell’introduzione tenuta dal presidente della Fondazione per la Sussidiarietà Giorgio Vittadini e della moderazione del direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana.

Ciascun leader ha risposto a tre diversi spunti di riflessione per un totale di circa 15 minuti di intervento a testa. L’impressione finale è che prosegua la polarizzazione tra Letta e Meloni, seduti l’uno accanto a l’altra e intenti a rispondersi reciprocamente. Un antipasto insomma dei duelli televisivi a cui assisteremo nelle prossime settimane.

La leader di Fdi è stata oggettivamente la più applaudita – anche se c’è chi dice che non si debba far troppo caso all’applausometro in sala – mentre Letta, che pure del Meeting è uno storico amico e frequentatore, ha incassato qualche fischio quando ha parlato di scuola. Vedremo come proseguiranno le cose nelle prossime settimane ma, dopo settimane di discussioni ombelicali e politicistiche, la giornata di oggi ha dimostrato che è ancora possibile attendersi una campagna elettorale un po’ più incentrata sui contenuti.

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