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L’Onu, le pressioni della Cina e il report (che non c’è) sullo Xinjiang

L’Alta commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani ha ammesso di avere ricevuto una lettera da Pechino per archiviare le indagini nella regione al centro del dibattito internazionale. E auspica di consegnare il documento conclusivo entro il 31 agosto, quando finirà il mandato ma…

Era nell’aria, ma questa volta è arrivata la conferma esplicita: Michelle Bachelet, Alta commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha ricevuto pressioni da parte del governo cinese per archiviare le indagini sullo stato dei diritti umani nella regione dello Xinjiang, dove la rappresentante dell’Onu si è recata per verificare le denunce di repressione contro la comunità uiguri e altre minoranze etniche.

“Sono stata sotto pressione? Sempre siamo stati sotto pressione da diversi fronti, in tutte le parti e in tutte le situazioni – ha ammesso Bachelet -. Ma in questo caso sono stata messa sotto grandi pressioni per pubblicare e non pubblicare il rapporto, ma queste pressioni non faranno che io pubblichi o rinunci alla pubblicazione”.

L’ex presidente del Cile ha confermato di avere ricevuto una lettera da parte del governo di Pechino per bloccare la diffusione del report. Secondo l’agenzia, Bachelet confermò l’esistenza di questa lettera, firmata da circa 40 stati.

Tuttavia, l’Onu va avanti e spera di pubblicare il risultato delle indagini entro il 31 agosto, giorno in cui concluderà il suo mandato. “Stiamo cercando di fare ciò che ho promesso – ha aggiunto in una conferenza stampa -. Avevo tutte le intenzioni di pubblicarlo entro la fine del mio mandato, ma abbiamo ricevuto informazioni del governo che dobbiamo esaminare con attenzione”.

Il governo di Pechino ha sempre negato gli abusi nei confronti degli uiguri, chiedendo a Bachelet di svolgere un lavoro oggettivo e imparziale nello Xinjiang. L’agenzia cinese Xinhua ha riferito la richiesta di diverse imprese e associazioni nei confronti dell’Alta rappresentante perché sia fermata la divulgazione di un report “irragionevole, non autorizzata e falsa”. La Cina, infatti, ha sottolineato come nella sua visita Bachelet ha potuto “constatare con i suoi occhi lo sviluppo socioeconomico, la prosperità culturale e l’armonia religiosa” nello Xinjiang.

Eppure, aumentano sempre di più le denunce sulla situazione dei diritti umani in Cina da parte di organizzazioni internazionali. Dal 2017 ci sono testimonianze sull’esistenza di “campi di internamento” per la “rieducazione” delle minoranze etniche.

Nel frattempo, come riferisce l’agenzia Nova, Bachelet ha confermato che non si ricandiderà per un nuovo mandato alla guida dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani.

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