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Per sbloccare l’impasse libica cresce l’ipotesi di un governo terzo

In Libia potrebbe essere trovata presto una soluzione con cui sbloccare lo stallo istituzionale: un governo terzo, con l’unico compito di costruire il percorso elettorale

Già tra fine agosto e inizio settembre potrebbe esserci novità di rilievo in Libia, dove lo stallo istituzionale continua ormai da mesi. Lo scenario che si va costruendo è quello di una terza via, un mini-governo che possa superare l’empasse che si è creata tra i due esecutivi, quello teoricamente uscente di Abdelhamid Dabaiba e quello praticamente non-entrante di Fathi Bashaga.

Come su queste colonne si è già raccontato, da qualche settimana si sono intensificate le trattative per sbloccare la situazione attraverso un nuovo esecutivo ristretto incaricato di costruire il percorso elettorale e ristabilire equilibri e contatti tra i gruppi intra-libici. Un’iniziativa che potrebbe incontrare il consenso internazionale.
Al lavoro ci sono soprattutto Egitto e Turchia, due dei principali player che si muovono dall’esterno all’interno della Libia. Il Cairo e Ankara hanno dimostrato la volontà di distendere le relazioni reciproche, e quello libico è un dossier che fa da test operativo, anche perché è un interesse diretto per entrambi.
Il lavorio turco-egiziano potrebbe dare legittimazione alla nuova soluzione in costruzione, perché diversi degli attori libici considerano i due Paesi come riferimento. Ma anche parti del mondo occidentale sembrano poter condividere questa scelta per superare uno stallo che ha già mostrato i suoi lati peggiori: la deriva verso scontri armati (che nelle settimane scorse sono esplosi a Tripoli).
Il protagonista della regione orientale, il signore di Bengasi Khalifa Haftar, sta mettendo in discussione l’accordo politico con cui aveva sostenuto Bashaga nella formazione del nuovo esecutivo, perché ritiene che abbia fallito nel suo scopo, cioè entrare a Tripoli. Nel frattempo, Haftar ha trovato una soluzione d’intesa con Dabaiba limitata al mondo del petrolio, riavviando l’export (bloccato da gruppi riconducibili al mondo haftariano) attraverso la sostituzione della leadership della petrolifera statale NOC.
Dabaiba ha creduto che la nomina di Farhat Bengdara, un manager di capacità stimate a livello internazionale, potesse aprire un nuovo capitolo di collaborazione con la Cirenaica, tramite Haftar, e dunque trovare una forma di consolidazione del suo ufficio. Ma l’accordo non è strutturato, perché l’uomo forte di Bengasi non ha fiducia completa in Dabaiba.
Contemporaneamente, anche il presidente del parlamento, Agila Saleh, starebbe iniziando a prendere precauzioni nei confronti di Bashaga, di cui aveva appoggiato e spinto la fiducia parlamentare per la sostituzione del governo.
Al luce di queste dinamiche, la soluzione terza, un mini-governo funzionale, si sta facendo sempre più largo come via per il superamento dei blocchi che si sono prodotti a causa delle diatribe politiche interne.

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