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Managua (non) val bene una messa. La repressione di Ortega contro la Chiesa

Sacerdoti in galera, chiese ed emittenti radio cattoliche chiuse. Negli ultimi anni si sono verificate 190 aggressioni contro la Chiesa cattolica in Nicaragua. Ma lo scontro non è nuovo e ha le sue radici negli anni ’80 e nel sandinismo…  La difesa degli Stati Uniti e l’Unione europea

Preti in carcere, templi chiusi dalla polizia, processioni vietate. La repressione che soffre la Chiesa in Nicaragua si riassume nell’immagine di monsignor Rolando Álvarez inginocchiato con le mani alzate fuori dalla diocesi di Matagalpa, nel nord del Paese, mentre un gruppo di agenti lo circonda per portarlo in galera.

E, purtroppo, non è l’unico. La diocesi di Siuna ha confermato anche l’arresto di Oscar Danilo Benavides Tinoco, parroco della chiesa dello Spirito Santo nel comune di Mulukukú. Il sacerdote sarebbe stato prelevato dal suo veicolo e arrestato dalla polizia antisommossa dopo aver celebrato la Messa domenicale. “Non conosciamo la causa o il motivo della sua detenzione – ha informato la diocesi -. Speriamo che le autorità ci tengano informati”.

La scorsa settimana le forze dell’ordine hanno imposto gli arresti domiciliari contro Rolando Alvarez, vescovo della diocesi di Matagalpa, con l’accusa di “organizzare gruppi violenti” per destabilizzare il Paese. La polizia sostiene che “le alte autorità della Chiesa cattolica, approfittando della loro posizione di leder religiosi, utilizzando mezzi di comunicazione e social, stanno cercando di organizzare gruppi violenti con il proposito di destabilizzare lo Stato del Nicaragua e attaccare le autorità costituzionali”. Mesi fa, invece, è stato espulso dal Paese anche il Nunzio apostolico. E sono state chiuse sei emittenti radio cattoliche.

Per Oscar Rodriguez Maradiaga, cardinale e arcivescovo di Tegucigalpa, tra la Chiesa in Nicaragua e il regime di Daniel Ortega c’è una “guerra silenziosa”, un sistema di repressione contro una Chiesa vessata e una persecuzione a Gesù.

Monsignor Silvio José Baez, vescovo ausiliare di Managua, ha condannato “la vile e codarda persecuzione della dittatura nicaraguense contro la Chiesa cattolica. La Chiesa del mondo intero deve volgere lo sguardo verso il mio Paese. Abbiamo bisogno della preghiera, della vicinanza e della denuncia di tutta la Chiesa. Vi prego dal profondo del mio cuore: non abbandonateci!”.

Secondo il report “Nicaragua: una Chiesa perseguitata” dell’Osservatorio Pro Trasparenza e Anticorruzione, ripreso dalla Cnn, tra aprile del 2018 e maggio del 2022 si sono verificate 190 aggressioni contro la Chiesa cattolica nel Paese centroamericano.

Ma questa strategia di repressione del regime nicaraguense non è nuova. Quanto i sandinisti (di cui Ortega faceva parte) diroccarono la dittatura di Anastasio Somoza nel 1979, erano molto vicini alle istituzioni religiose perché grazie all’intervento del cardinale Miguel Obando y Bravo, all’epoca arcivescovo di Managua, sono stati liberati molti prigionieri politici e si è evitato più spargimento di sangue.

L’intesa però durò poco. Negli anni ‘80 la Chiesa condannò molte delle azioni del nuovo governo sandinista e la partecipazione di promotori della Teologia della Liberazione nell’esecutivo non è stata ben vista dal Vaticano.

La tensione tra Chiesa e governo di oggi in Nicaragua è la più grave della ultima decade. Ed è pronta la denuncia del governo degli Stati Uniti. Brian Nichols, sottosegretario di Stato americano per l’emisfero Occidentale, ha detto che “il brutale assalto al clero cattolico, alle strutture radiofoniche e ai membri della comunità di Sebaco è un altro colpo alla libertà religiosa in Nicaragua e alla libertà di espressione”.

Anche l’Unione europea ha condannato le azioni di Ortega contro la libertà di espressione e di religione. Il Servizio europeo per l’azione esterna (Seae) ha diffuso un comunicato con cui disapprova l’uso eccessivo della forza di polizia nell’occupare le strutture e intimidire manifestanti disarmati, invitando al governo del Nicaragua a ristabilire il rispetto dei diritti umani e liberare immediatamente, e senza condizioni, tutti i prigionieri politici.

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