L’economista smentisce l’intervento del leader leghista, secondo cui le misure a sostegno dell’Ucraina colpiscono i Paesi sanzionatori più di Mosca. È vero il contrario: la Russia ha guadagnato vendendo materie prime ma è in piena recessione, a differenza nostra, e potrebbe perdere anche quell’indotto nel giro di pochi mesi
“Non vorrei che le sanzioni stiano alimentando la guerra”. Martedì, dal palco del Meeting di Rimini, Matteo Salvini ha tirato fuori un ritornello già sentito, anche se ammorbidito e declinato secondo i tempi che corrono. Il leader della Lega ha messo in dubbio l’utilità delle misure, imposte per contrastare la capacità russa di finanziare l’invasione dell’Ucraina, con la stessa argomentazione che sono soliti utilizzare al Cremlino.
“Bisogna guardare i numeri. L’avanzo commerciale della Russia è 70 miliardi di dollari, per la prima volta nella storia il sanzionato ci guadagna. Chiedo di valutare l’utilità dello strumento: se funziona andiamo avanti, ma se funziona al contrario rischiamo di andare avanti dieci anni. Uno strumento che doveva dissuadere Putin nell’attacco finisce con il favorirne l’economia”, ha detto Salvini, aggiungendo che le sanzioni “colpiscono più i paesi sanzionatori della Russia sanzionata”.
Nel corso della giornata l’intervento del segretario leghista ha provocato un’ondata di reazioni, tra cui quella del segretario dem Enrico Letta – “la cosa peggiore che si possa fare è dare segnali di cedimento a Putin – e del premier uscente Mario Draghi – “la Russia deve porre fine alla sua occupazione illegale, ai suoi attacchi brutali contro i civili disarmati. L’Italia continuerà a sostenere l’Ucraina”.
Dopodiché, mercoledì mattina, l’analista Costantino de Blasi (Associazione Liberi Oltre le Illusioni) si è dedicato a dissezionare la boutade salviniana dal lato economico. Come fonti dei dati Salvini ha citato le banche centrali occidentali, ha scritto su Twitter, ma non quanto detto da Elvira Nabiullina, governatrice della Banca Centrale russa. La quale, “nonostante sia al soldo di Putin, non ha potuto non ammettere le difficoltà dell’economia russa già ad aprile”. È vero che il saldo di bilancio russo è positivo, in continuità con un trend preesistente, ma la fotografia è colpevolmente incompleta.
I guadagni russi sono dovuti a due fattori, ha spiegato de Blasi: l’aumento del prezzo di petrolio e gas e la necessità dei paesi importatori di aumentare le scorte prima dell’inverno. Quelle europee sono già all’80% circa, anche grazie al gas russo: da qui l’enorme surplus. Che però è destinato a finire quando le riserve saranno colme: già tra gli ultimi mesi del 2022 e i primi del 2023, i Paesi Ue potrebbero iniziare a fare a meno dell’export russo di materie prime. Che vale il 60% dell’economia russa. E l’85% di questo export è destinato all’Europa.
Quando l’Ue potrà farne a meno, “l’economia di Putin crollerà definitivamente, peggiorando una recessione che è già la peggiore dal 1990”, ha scritto l’analista. Vero, Mosca può piazzare con relativa agilità il petrolio sui mercati mondiali, ma non può fare altrettanto col gas siberiano, bloccato dall’infrastruttura che lo porta verso ovest. I gasdotti che la Russia sta costruendo verso la Cina “non entreranno in funzione prima di 3 o 4 anni, ammesso che Putin riesca a completarli senza la tecnologia che comprava da noi. Inoltre l’economia cinese è molto più legata all’export verso occidente che non a quello, potenziale, verso Mosca”.
Dunque, quali sono le reali prospettive per l’economia russa? Prendendo per buoni i dati che arrivano da Mosca, ha ricordato de Blasi, l’inflazione ha superato il 20% (quella di alcuni settori, come tecnologia e sanità, supera il 60%), il crollo dei consumi interni è oltre il 40% e settori interi sono al collasso. “La Russia non ha tecnologie, personale specializzato, competenze e il tasso di sostituzione delle tecnologie occidentali procede a rilento”, anche perché ostacolato dalle sanzioni mirate sul settore tecnologico, aggiungeremmo noi.
Insomma, scrive l’analista, secondo il Fondo monetario internazionale l’economia russa crollerà dell’8,5% nel 2022. La Banca mondiale, da parte sua, stima un declino dell’11,2%. L’Italia, invece, al momento rimane in territorio positivo con una crescita del 2,5%: altro che peggio della Russia. Per giunta, conclude de Blasi, Mosca non sa che farsene del surplus commerciale. “Non può acquistare beni, e nessuno glieli vuole vendere. Può al massimo rimpinguare le riserve che non sono più in valuta estera ma in rubli, sostenendo il valore della valuta solo per propaganda. Insomma, Salvini ci prova ad onorare il patto con Russia Unita (rinnovato fino al 2027) ma mente agli italiani!”.