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Verità e democrazia. La versione di Amato

Che cosa ha detto il presidente della Corte Costituzionale, Giuliano Amato, ospite questa mattina al Meeting in corso a Rimini fino al 25 agosto, ragionando assieme al presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, Giorgio Vittadini, su “Democrazia e verità”

“Le verità ufficiali non passano in democrazia, e nel mondo di oggi conta: nessuno qui può essere arrestato perché dice il contrario. Non è così in Russia come in Myanmar. Detto questo, la verità dei fatti in democrazia è facilmente aggredita e contrastata dalle non verità del verosimile o per la ostinata difesa di gabbie ideologiche di cui si è spesso custodi e prigionieri insieme. Di qui le divisioni interne e le polarizzazioni, come è accaduto nel periodo Covid”. Così il presidente della Corte Costituzionale, Giuliano Amato, ospite questa mattina al Meeting in corso a Rimini fino al 25 agosto, ragionando assieme al presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, Giorgio Vittadini, su “Democrazia e verità”.

“La democrazia non ha gli strumenti coercitivi dei regimi e utilizzare i loro strumenti vorrebbe dire di rinunciare alla democrazia e passare all’autoritarismo”, ha aggiunto Amato.

“La verità dei fatti é ciò che secondo alcuni oggi è davvero a rischio nelle democrazie perché il post moderno tecnologico ha sostituito il vero con il verosimile. E quindi attorno ai fatti si sviluppano opinioni che ne prendono alcuni brandelli e privano di sicurezza la ricostruzione del fatto. Sicché l’idea di democrazia di quando ero un ragazzo” secondo cui “i fatti sono fatti, poi ciascuno può darsi la sua opinione sembra che non sia più vero che le opinioni facciano parte dei fatti”. Così il presidente della Corte Costituzionale, Giuliano Amato, in un passaggio del suo intervento al convegno ‘Democrazia e Verità’ al Meeting di Rimini (

“Nel post moderno tecnologico, il vero è stato sostituito con il verosimile. Si formano opinioni su brandelli di verità. Sembra che le opinioni siano parte dei fatti – ha proseguito Amato che ha citato l’esempio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin -. L’hanno chiamata ‘operazione speciale’, ma poi cominciarono a morire dei ragazzi che facevano il servizio militare. Alle loro madri non venne neppure detto. Chi provava a dirlo veniva arrestato”. “Da noi non può accadere”, ha aggiunto l’ex presidente del Consiglio che ha anche ammesso che “a volte, a fin di bene, si può anche non dire la verità. In democrazia a volte si è provato a imporre verità ufficiali, ma, come nel caso di Ustica, le verità imposte non sono riuscite a passare. Almeno da noi c’è una stampa capace di mettere in croce chi lo merita, un ordine giudiziario con giudici che giudicano con la loro testa”. Da noi “sulla base di presunzioni non è consentito privare libertà a nessuno. Ci vogliono i fatti. Nessuno può essere arrestato solo perché sostiene il contrario”.

Parlando dell’Italia ha spiegato poi che “noi seguiamo le regole comuni e perseguiamo il bene comune per convinzione, non per costrizione. Non si è solidali, partecipi, per costrizione, lo si è per convinzione”, aggiunge, riscuotendo gli applausi dalla platea di Comunione e Liberazione. Di qui la bacchettata alla politica di oggi “che, credo – spiega Amato – non sia attrezzata per il compito immane che abbiamo davanti, i partiti di una volta forse avrebbero avuto una forza di convogliare i loro iscritti per convincere altri verso le azioni necessarie al bene comune e magari avrebbero avuto anche la forza su questo prioritario obiettivo di darsi tutti un unico bene comune, oggi non è più così. La politica ha una fragilità strutturale che la porta a seguire, non a guidare”.

“Dobbiamo dire – afferma – che se la politica non basta, la democrazia se è tale deve mettere in campo tutte le sue risorse, cioè tutti, nessuno escluso”. E cita come possibile soluzione “qualcuno che oggi ha 4 milioni di iscritti, il volontariato, che raggiunge altre 45 milioni di persone, questa è la risorsa – conclude il presidente della Corte Costituzionale – che dobbiamo mettere in campo. È esempio e motrice del convincimento collettivo di cui avremo bisogno”.

Amato ha anche affrontato alcune insidie per la democrazia come quella del “relativismo individualista che ha concorso a sfrangiare il tessuto connettivo delle nostre società come quando – ha ricordato – si è passati dalle campagne alle città. Abbiamo assistito alla fine dei grandi aggregatori, come i partiti del passato, il vero fattore che faceva funzionare la democrazia e beneficio di milioni di cittadini”. I partiti, per Amato “costituiscono il differenziale della democrazia. Seppero condurre in un unico bene le aspettative di milioni di persone”. Poi un’amara presa d’atto: “Le democrazie attuali non hanno questo differenziale”. Amato è andato a prestito del card. Joseph Ratzinger e dell’esperienza del “Cortile dei gentili”. “Tutti, credenti e non credenti, avevamo il compito di trovare valori comuni su cui costruire. Abbiamo messo a punto, ad esempio, piattaforme su temi delicati come il fine vita, con il rispetto delle opinioni di ciascuno. La persona viene prima dello Stato”.

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