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Energia, bene i crediti d’imposta ma non basta

L’Italia è un Paese trasformatore e industriale. Se non ci saranno misure strutturali la perdita di competitività e di mercati da timore diventerà, purtroppo, una prospettiva concreta. L’intervento di Massimo Medugno

Il governo britannico sosterrà circa la metà delle bollette di gas ed elettricità per le società pubbliche e gli stabilimenti per sei mesi. Questa è una delle notizie di ieri in materia di energia. Il governo avrebbe fissato un prezzo all’ingrosso agevolato, che sarà meno della metà dei costi previsti per l’inverno, secondo quanto comunicato dal ministero dell’Energia.

Il sostegno “sarà equivalente”, quanto agli effetti, a quello già annunciato per i privati – che ha fissato i prezzi dell’energia per una famiglia media per due anni a 2.500 sterline l’anno, uno sconto di circa 1.000 sterline sul costo di ottobre – e include l’eliminazione di alcuni prelievi ambientali.

Quando si leggono queste notizie, torna subito alla mente che l’Italia è un Paese trasformatore e le aziende manifatturiere italiane colpite dal “caro energia” rischiano di perdere contratti e, quel che è peggio, interi mercati. Eppure l’Italia ha introdotto alcune misure importanti. Avere trovato le risorse per rinnovare il credito d’imposta per i mesi di ottobre e novembre – ed aumentarlo al 40% – costituisce una misura concreta per le imprese energivore e gasivore.

Di ciò bisogna dare atto al governo italiano che, di trimestre in trimestre, ha trovato risorse consistenti per affrontare il “caro energia”. Certo l’auspicio delle imprese è che venga esteso a fine 2022 con la possibilità di utilizzare il nuovo credito d’imposta (e i tre precedenti già approvati) fino a marzo 2023, modalità che consentirebbe di usufruire effettivamente della misura. Ma il credito d’imposta c’è e ci sarà fino a novembre 2022. Impossibile però andare avanti solo con i crediti d’imposta (considerate le ingenti risorse necessarie).

Quindi una misura come quella dell’Electricity Release, di prossima pubblicazione e fortemente voluta dalle associazioni energivore e gasivore, va nell’ottica di interventi più strutturali.

Si tratta dell’attuazione della legge 27 aprile 2022, n. 34 e, in particolare, l’articolo 16-bis, con la quale si prevede che, al fine di garantire la piena integrazione e remunerazione di medio termine degli investimenti in fonti rinnovabili nel mercato elettrico nonché di trasferire ai consumatori partecipanti al mercato elettrico i benefìci conseguenti alla predetta integrazione, il Gestore dei servizi energetici – GSE S.p.A. proceda a offrire un servizio di ritiro e di acquisto di energia elettrica da fonti rinnovabili prodotta da impianti stabiliti nel territorio nazionale, e a cedere tale energia, mediante la stipulazione di contratti di lungo termine di durata pari ad almeno tre anni, attraverso gli strumenti informativi e di negoziazione predisposti dal GME ai sensi del succitato articolo 28 del decreto legislativo n. 199 del 2021.

È un po’ il tentativo italiano di disaccoppiare il costo dell’energia rinnovabile da quello dell’energia, profondamente influenzato dal costo del gas. Anche qui qualche “dettaglio” da migliorare. I 210 Euro MKwh indicati dal provvedimento, appaiono troppo elevati rispetto ad analoghe iniziative di altri paesi europei. Tale prezzo, come si legge nelle premesse, “potrà essere rivisto e aggiornato sulla base di eventuali variazioni di costo derivanti da diverse e migliori condizioni di mercato per l’energia sottesa ai contratti di ritiro dedicato e scambio sul posto, nonché a seguito dell’applicazione del citato regolamento UE nella sua versione finale, al fine di definire un prezzo riflessivo della già richiamata esigenza di compensazione del costo medio di incentivazione dell’energia oggetto di cessione da parte del Gse SpA”.

Un’iniziativa analoga all’Electricity Release, sarà quella della Gas Release, che ha l’obiettivo di ricominciare a utilizzare il “gas nazionale” e che è prevista dalla citata legge n. 34. L’auspicio è che la Gas Release venga attuata al più presto, fissando un prezzo “equo” e sia prevista l’anticipazione finanziaria, in maniera che tale misura possa dispiegare i suoi effetti il prima possibile.

Un’ulteriore emergenza “energetica” di queste settimane è la mancanza di offerta sui tavoli aziendali di proposte per rinnovare i contratti di fornitura di gas, nonostante l’instancabile ricerca da parte delle imprese energivore. Un governo che così rapidamente ha diversificato gli approvvigionamenti per evitare una situazione di crisi più grave non può ignorare questa ultima condizione che può diventare quella che determina la sopravvivenza di interi comparti industriali.

Infine, è fondamentale che il Piano di contenimento dei consumi gas venga varato rapidamente, prevedendo adeguate compensazioni per le aziende che riducano i consumi di gas. La programmazione delle riduzioni dei consumi e un sistema adeguato di compensazioni costituiscono strumenti indispensabili per affrontare le eventuali emergenze e non compromettere la competitività dell’industria nazionale.

L’Italia è un Paese trasformatore e industriale. Se non ci saranno misure strutturali la perdita di competitività e di mercati da timore diventerà, purtroppo, una prospettiva concreta.

Da una parte a causa di un mancato approccio europeo al tema Energia (Spagna e Francia a loro modo stanno sostenendo le loro imprese) e dall’altra a causa della concorrenza “esterna” all’Europa (Turchia e Cina ad esempio).

Ed è di tutta evidenza che, in caso di “concorrenza esterna”, tornerà di attualità il tema del “dumping ambientale”.



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