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Il G7 impone il price cap al petrolio russo. L’ira del Cremlino e i dubbi in casa

G7

Il Gruppo alza la posta nel conflitto commerciale con Putin. Ora sta ai Paesi G7 convincere il resto dell’Ue e possibilmente anche Stati terzi per massimizzare l’impatto. La Russia promette che non venderà petrolio a chi adotta il tetto ai prezzi, ma rischia di perdere i suoi clienti più importanti. Non mancano i dubbi in Occidente

È definitivo: i Paesi del G7 hanno annunciato un accordo per l’applicazione di un tetto massimo di prezzo sugli acquisti di petrolio russo. I ministri dell’economia di Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti hanno sostenuto l’iniziativa nel corso di una riunione virtuale tenutasi nel pomeriggio, come anticipato dal Financial Times. Il tutto mentre l’Ue dibatte di una misura analoga per il gas naturale del Cremlino.

“Oggi il G7 ha compiuto un passo fondamentale per raggiungere il nostro duplice obiettivo di esercitare una pressione al ribasso sui prezzi globali dell’energia e di negare a Putin le entrate per finanziare la sua brutale guerra in Ucraina”, ha annunciato la segretaria al Tesoro statunitense Janet Yellen. “Questo tetto ai prezzi è uno degli strumenti più potenti di cui disponiamo per combattere l’inflazione e proteggere i lavoratori e le imprese, negli Stati Uniti e nel mondo, da future impennate dei prezzi causate dalle perturbazioni globali. Inoltre, contribuirà a sferrare un duro colpo alle finanze russe”.

Lo sviluppo fa seguito a mesi di discussioni e contrattazioni nel fronte occidentale. A giugno i membri del G7 avevano concordato di studiare dei modi per limitare le entrate di Mosca senza far salire i prezzi globali. I progressi e gli accordi sui limiti (che verranno definiti nelle prossime settimane) si devono in gran parte al lavoro degli Usa, che già avevano bandito completamente le importazioni di petrolio russo a marzo. Le misure dovrebbero entrare in vigore assieme agli embarghi europei: 5 dicembre per il greggio, 5 febbraio per i prodotti raffinati.

Oltre a contenere i prezzi del petrolio, la mossa è pensata per limitare gli introiti del Cremlino colpendolo dove fa più male. L’economia russa è in gran parte basata sull’esportazione di combustibili fossili: negli ultimi anni, gas e petrolio hanno rappresentato circa il 40% delle entrate del bilancio federale e il 60% delle esportazioni totali. Nonostante la Russia abbia registrato un calo dei volumi di esportazione, a giugno i suoi introiti sono aumentati di 700 milioni di dollari rispetto a maggio grazie ai prezzi più alti dovuti alla guerra, ha scritto l’Iea.

Che l’imposizione di un tetto al prezzo irritasse Mosca era già evidente nei giorni scorsi, quando diversi funzionari hanno spiegato, a più riprese, che la Russia non avrebbe più venduto greggio e prodotti raffinati ai Paesi che l’avessero imposto. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha dichiarato venerdì che la mossa sarebbe una “decisione assurda” e avrebbe destabilizzato i mercati petroliferi. “I Paesi occidentali continu[i]no a tentare maldestramente di usare l’energia come arma contro la Russia”, ha commentato su Twitter il diplomatico Mikhail Ulyanov.

Al netto di tutto, l’Europa rimane il mercato più grande per il gas russo – di gran lunga. Il tetto al prezzo proposto dal G7 ha il sostegno della Commissione europea, ma avrebbe bisogno dell’appoggio degli Stati membri dell’Ue, alcuni dei quali potrebbero dimostrarsi tutt’altro che entusiasti. Come Ungheria e Slovacchia, Paesi senza sbocco sul mare, che contano sulle esenzioni ad hoc all’embargo europeo per continuare a rifornirsi di petrolio russo via oleodotto.

Budapest, che ancora intrattiene buoni rapporti con Mosca ed è stato il motivo per i ritardi dell’embargo europeo sul petrolio russo, ha già segnalato che si opporrà a qualsiasi tetto al prezzo del petrolio. Inoltre, per essere massimamente efficace, la misura richiederebbe il sostegno dei Paesi terzi che acquistano grandi quantità di petrolio russo a prezzi scontati, come l’India e la Cina. Le quali, secondo alcune indiscrezioni, “hanno espresso interesse ad acquistare il petrolio russo a un prezzo ancora più basso, in linea con il tetto massimo”.

Tuttavia non manca lo scetticismo, anche in Occidente. “Io e i miei amici abbiamo deciso di imporre un tetto massimo di prezzo alla birra del nostro pub locale”, ha ironizzato su Twitter l’analista di Bloomberg Javier Bias. “In realtà non abbiamo intenzione di bere birra lì. Il proprietario del pub dice che non venderà la birra a chi rispetta il tetto, così gli altri avventori, che bevono molto lì, dicono che non aderiranno al tetto. Successo!”

Anche il Ceo di Enel Francesco Starace, intervenendo al forum Ambrosetti, ha dato voce a un timore diffuso: il tetto al prezzo del petrolio “rischia di essere un rimedio peggiore del male”. Il conflitto commerciale e le distorsioni di mercato potrebbero impattare i prezzi del petrolio, che già oggi sono più alti del 25% circa rispetto alla media del 2021. A giugno gli analisti di JPMorgan prevedevano che un’eventuale ritorsione russa avrebbe portato i prezzi su livelli “stratosferici”: da 190 a 380 dollari al barile (nello scenario peggiore), rispetto ai 95 di oggi.

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