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Difesa italiana in Asia, via Giappone. Goretti spiega perché (e come)

Il capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare, Luca Goretti, si recherà in Giappone a ottobre per discutere con il suo omologo della collaborazione sulla tecnologia dei caccia di sesta generazione

Il capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare, Luca Goretti, visiterà il Giappone a ottobre per discutere con il suo omologo di Tokyo della cooperazione con Roma per lo sviluppo di tecnologie per i caccia di sesta generazione. Ne dà notizia il generale italiano al quotidiano americano Defense news. “A ottobre sono stato invitato in Giappone dal capo dell’aeronautica giapponese per discutere di programmi comuni”, ha infatti raccontato Goretti.

La visita

Si tratterà di “un’opportunità per condividere la nostra visione e un punto di vista comune”, ha spiegato Goretti. La visita sarà infatti dedicata  all’esplorare le ambizioni per i caccia di nuova generazione, condivise dai due Paesi, e all’individuare quali tecnologie possano o non possano essere condivise anche dagli altri Stati. Il generale si è poi concentrato sugli imperativi del nostro Paese per quanto riguarda la sicurezza e il carattere operativo, “la nostra sfera operativa è centrata sul Mediterraneo e sui nostri alleati, che sono la Nato e l’Europa. Questo è il nostro focus principale”. Per questo motivo, le fasi di sviluppo del Tempest “saranno condotte per evitare di violare la sicurezza dell’alleanza Nato, perché lo scambio di tecnologie sarà effettuato rispettando rigorosamente ogni aspetto della sicurezza”, ha raccontato il generale, aggiungendo che la “Nato e il Giappone hanno diverse aree strategiche di interesse e gli esperti stanno lavorando sul concetto operativo e su come scambiare informazioni in modo sicuro”.

Programma Tempest e il ruolo giapponese

L’Italia, insieme al Regno Unito, è partner del programma Tempest (dall’Airshow di Farnborough anche l’acronimo Fcas è sempre più utilizzato) che mira a sviluppare un velivolo da combattimento di sesta generazione. In questo quadro si sta affacciando anche il Giappone, dal momento che dovrà occuparsi di sostituire il suo Mitsubishi F-2, il caccia multiruolo giapponese pronto al pensionamento. Tokyo infatti ha già discusso con Londra per implementare nuove forme di collaborazione tecnologica, ad esempio in riferimento alla propulsione o ai sensori. Mentre Roma e Londra sono unite nel Tempest, Tokyo sta portando avanti il programma F-X per la costruzione di un sostituto del Mitsubishi F-2.

“I giapponesi potrebbero attingere alla tecnologia dal Tempest e inserirla nel loro programma F-X. Lo comprenderemo meglio quando sapremo quel che può fare l’industria”, ha commentato in merito Goretti. Proprio al salone di Farnborough di quest’estate, il Regno Unito aveva dichiarato che avrebbe intrapreso “un’analisi concettuale congiunta” con il Giappone e l’Italia sulla tecnologia di sesta generazione. “Se un partner come il Giappone aderisse al programma, potrebbe essere un’opportunità per comprendere meglio le reciproche realtà”. Così Goretti ha commentato l’ipotesi di adesione formale da parte di Tokyo al programma Tempest. L’Italia si è impegnata a spendere 220 milioni di euro quest’anno per i lavori del Tempest e la previsione è di spenderne 3,8 miliardi entro il 2036.

La fusione è ancora possibile?

Nel frattempo, Francia, Spagna e Germania stanno lavorando e investendo a loro volta e in modo separato in un programma di velivolo di sesta generazione. Goretti riguardo a questo ha previsto che il Tempest e il progetto franco-tedesco potrebbero ancora fondersi e confluire. “Questi programmi richiedono un investimento enorme che le singole nazioni non possono permettersi, quindi le nazioni cercano di ridurre i costi. È successo con il Tornado, con l’Eurofighter e succederà ancora”, ha spiegato il capo di Stato maggiore. “I francesi e i tedeschi sono andati in una direzione, ma non possiamo avere due piattaforme che fanno la stessa cosa in Europa. Potrebbe non essere economicamente sostenibile. È logico dire che è molto probabile che quando le nazioni avranno definito i loro requisiti, vedremo una convergenza in un’unica piattaforma”, ha poi concluso il generale.



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