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Il regalo di Ursula a Giorgia, e il futuro ruolo di Draghi secondo Harper (JHU)

All’estero sono pronti a una vittoria del centrodestra. L’attenzione è rivolta ai rapporti di forza interni alla coalizione, che determineranno le scelte del prossimo esecutivo. La preoccupazione è soprattutto per la tenuta economico-finanziaria del Paese, e per le trattative con Francia e Germania sui dossier più delicati. Colloquio con John Harper, professore alla Johns Hopkins University

Le elezioni di domenica sono uno spartiacque importante per la posizione del nostro Paese nell’arena internazionale. Quali sono le percezioni estere della situazione italiana? Ne parliamo con John Harper, docente di Politica Estera Americana presso la John Hopkins University e membro dell’Istituto Affari Internazionali.

Le prossime elezioni politiche in Italia hanno ricevuto un’attenzione internazionale senza precedenti. Perché?

La ragione ovvia è che non c’è mai stato in Italia un governo diretto dall’estrema destra, considerato da molti neo-fascista. Potrebbe essere un’impressione errata, ma molte persone fuori dall’Italia si chiedono quali potrebbero essere le conseguenze per l’integrazione europea, per l’alleanza atlantica, per la stabilità economia e finanziaria dell’Italia stessa. Certo, Meloni sta cercando di far vedere di aver cambiato le sue opinioni, in particolare cerca di mostrare la sua fedeltà alla Nato. Ma c’è anche una questione di esperienza di governo. Il massimo che lei ha raggiunto a livello governativo è stato il Ministero della Gioventù, quindi praticamente non ha nessuna esperienza, anche questo preoccupa le persone.

Meloni sta facendo molto per cambiare la propria immagine ed è facile offrire soluzioni quando si è all’opposizione, quindi potrebbe ammorbidire parecchio le proprie posizioni se diventasse Presidente del Consiglio. Tra l’altro c’è chi sostiene che il reale pericolo provenga dal suo alleato Matteo Salvini, di cui abbiamo già visto l’esperienza di governo.

Probabilmente è vero che ammorbidirà le proprie posizioni se diventerà presidente del Consiglio, con l’eccezione problematica delle politiche verso l’Ue. Per esempio il suo sostegno alla Polonia o all’Ungheria potrebbe essere un ostacolo se l’Unione decidesse di punire seriamente quei Paesi. Naturalmente siamo preoccupati anche per un ritorno di Salvini. Per esempio al ministero degli Interni, riporterebbe la sua presenza turbolenta su dossier come quello dell’immigrazione? E sulla questione Ucraina come la metterebbe coi suoi legami con la Russia? Ha già espresso posizioni diverse da quelle di Meloni sulle sanzioni. Ovviamente tutto dipenderà dal rapporto di forza che si creerà nella coalizione dopo le elezioni. Con tutta probabilità la leader di Fratelli d’Italia sarà la più forte, ma non sappiamo ancora in che rapporto ai suoi alleati. Alcuni predicono che la Lega andrà molto male, al punto da non poter ottenere posizioni di responsabilità, questa sarebbe una cosa che mi rassicurerebbe un po’.

L’altra cosa che mi rassicura è che Meloni è una persona intelligente che sembra conoscere i propri limiti. Potrebbe anche sviluppare una certa relazione con Draghi, magari anche informale. Non penso che Draghi sparirà dalla scena, credo abbia tutto l’interesse che il prossimo governo non distrugga ciò che lui ha impostato in termini di riforme. E poi potrebbe anche volere diventare Presidente della Repubblica quando Mattarella terminerà il mandato, potrebbe volere l’appoggio di Meloni anche per questo.

Hanno fatto piuttosto scalpore nelle ultime ore le posizioni di Silvio Berlusconi sul conflitto ucraino, e le affermazioni di Ursula von der Leyen sugli “strumenti” per intervenire davanti a un’Italia non allineata alle regole europee.

Conoscendo Berlusconi, la sua uscita su questo argomento non sorprende, anche se dal punto di vista politico è stato controproducente. Immagino che quanto dice a proposito delle richieste delle repubbliche separatiste a Putin sia corretto dal punto di vista fattuale, non dubito che la leadership russa abbia subito delle pressioni dai filorussi di quelle regioni. Ma affermare che il Cremlino voleva un “governo perbene” a Kiev è decisamente fuori luogo. In ogni caso non penso che questo singolo evento avrà un impatto elettorale significativo.

Sulla presidente della Commissione Europea, le sue affermazioni sono state un regalo servito su un piatto d’argento a Giorgia Meloni, sicuramente una mossa inopportuna. Ma anche in questo caso credo che avrà un effetto marginale, visto che gli elettori ormai hanno deciso per chi votare a meno di due giorni dalle elezioni.

Un punto interessante che non viene molto toccato in campagna elettorale è l’astensionismo.

E’ difficile interpretare certe cose. Sull’astensionismo potremmo vedere qualcosa di simile alle elezioni legislative in Francia, in cui circa il cinquanta per cento degli aventi diritto ha votato. La distanza della politica dalla popolazione è un tema che caratterizza tutte le democrazie occidentali, e si collega con la scomparsa di una forza di sinistra genuina. I partiti socialisti e laburisti sembrano aver perso il contatto con la realtà dei propri territori. Fratelli d’Italia riceverà probabilmente il sostegno di un buon numero di giovani, in cerca di qualcosa di nuovo. Sai com’è, credo che l’Italia sia in cerca di una novità.

A giudicare dai nomi che circolano per i possibili ministeri, Meloni non sembra esattamente una forza così innovativa.

Beh spera che nessuno si accorga di questa cosa, che l’attenzione sia focalizzata solo su di lei e bisogna ammettere che ha condotto una campagna elettorale piuttosto efficace. Tremonti è stato menzionato per esempio all’Economia, anche se è una scelta improbabile perché era ministro durante la crisi finanziaria del 2011. Non puoi presentare una squadra di persone completamente nuova, spaventerebbe i mercati e le istituzioni europee. Alla fine credo che farà un mix e, come ho detto prima, terrà dentro Draghi in qualche modo, anche dietro le quinte come consigliere informale.

Probabilmente basterà a calmare Washington, ma potrebbe non bastare per i partner europei come Francia e Germania, per non parlare degli investitori internazionali.

Sì, credo anch’io. Washington non mi sembra particolarmente preoccupata da queste elezioni. A loro interessa che il prossimo governo sia allineato con il resto dell’Alleanza sulla Russia. Francia e Germania hanno naturalmente un’altra posizione e ogni dossier sarà delicato. La vulnerabilità finanziaria è uno dei principali problemi cui Meloni dovrebbe pensare. Esattamente trent’anni fa, nel settembre 1992, quando la lira venne fatta uscire dal Sistema Monetario Europeo, George Soros e alcuni hedge fund statunitensi lanciarono un attacco speculativo che forzò una svalutazione della lira del trenta per cento. Da lì nacque il governo Ciampi, il primo governo tecnocratico. Oggi siamo in una situazione in cui gli hedge fund tornano a scommettere contro il debito italiano. Draghi era uno che li rassicurava e loro erano certi che avrebbe mantenuto la situazione sotto controllo. Problemi simili sono stati quelli che hanno portato al governo Monti nel 2011-2012. Questo è lo scenario di cui sarei maggiormente preoccupato ora, soprattutto con la fine del programma di quantitative easing della Banca Centrale Europea.

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