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Phisikk du role – La profezia che si autoavvera e il ritorno della politica

Se vogliamo ridare un minimo di voce a quello che la Costituzione chiama “popolo sovrano”, bisognerà restituirgli il maltolto, cioè il diritto di scegliere il proprio rappresentante, togliendolo dalle mani dei compilatori delle liste che lo hanno sequestrato. La rubrica di Pino Pisicchio

La psicologia soccorre sempre. Stavolta sottoforma della profezia che si autoavvera. Tecnicamente si ha quando una persona, perchè ha paura o vuole produrre un certo risultato futuro, si conforma a comportamenti che finiscono per determinarlo. In politica la profezia sconfina spesso nella sindrome del “soccorso al vincitore”, o, come piace agli americani, effetto “bandwagon”, e cioè vado dalla parte che vince, perché coi perdenti non ci vuole stare nessuno.

C’è un pò di questo nella vittoria della destra a trazione meloniana? C’è sicuramente una scelta politica chiara da parte del corpo elettorale, c’è, ovviamente l’incapacità degli antagonisti di organizzare una risposta politica coordinata, certo. Ma c’è anche parecchia profezia che si autoavvera. Attenzione ai fattori in campo. Il primo: una campagna elettorale che non c’è stata. Straniante, balneare, lontana, breve così tanto da essere percepita come evanescente, interpretata solo dai leader che impersonavano i brand.

Il secondo: la legge elettorale più sgangherata della storia d’Italia, che reca non solo le liste bloccate, secondo il gradimento del capo, escludendo la possibilità di una scelta da parte dell’elettore, ma blinda pure i collegi uninominali che restano legati a filo doppio al voto proporzionale, in modo che la qualità di chi è candidato non c’entra neanche per l’anticamera del cervello. Insomma: non si può votare per stima una persona diversa dal partito che reca le liste bloccate, il che fa dell’uninominale una lista bloccata camuffata. Alla faccia dell'”intuitus personae”.

E allora chi abbiamo votato? Ma il capo, of course, il capocomico, quello la cui faccia si sovrappone al simbolo. Il resto ciccia. Il terzo fattore è il più gagliardo e si chiama “sondaggiocrazia”. Dobbiamo fare tutti chapeau ai sondaggisti: non hanno sbagliato una virgola. Se prendete un sondaggio qualsiasi degli istituti più blasonati, dal mese di agosto fino a quelli delle corse dei cavalli coi nomi tipo Furia stallona italiana, Giussano da Pontida, Ruby Rubacuori Totò e Peppino, Rosso Pomodoro ecc., comparsi nelle chat nelle ore prima del voto (perché nelle ultime due settimane non si può coi nomi veri), e lo confrontate col risultato finale, lo troverete sorprendentemente combaciante fino quasi all’ultima virgola. Persino nella previsione dei votanti, valutata dai ricercatori intorno al 65% e poi effettivamente attestata intorno al 64%.

Allora, ricapitolando: zero campagna elettorale, che dovrebbe essere il tempo e il luogo per informare ed attingere informazioni e dunque formarsi un’opinione; zero candidati, liste bloccate e collegi uninominali farlocchi dove i voti delle liste coalizzate sono esattamente quelli che ha preso ogni candidato; gli attori ridotti ai capi-bastone, ecco che la competizione si è cristallizata ai nastri di partenza. I swondaggisti l’hanno registrata, l’hanno divulgata e la profezia si è potuta avverare. Se non c’è politica, non c’è dibattito, non ci sono i candidati, non c’è niente, alla fine restano solo i sondaggi a fare da bussola. Insomma la partita era già chiusa col primo sondaggio.

Morale della favola: se vogliamo ridare un minimo di voce a quello che la Costituzione chiama “popolo sovrano”, bisognerà restituirgli il maltolto, cioè il diritto di scegliere il proprio rappresentante, togliendolo dalle mani dei compilatori delle liste che lo hanno sequestrato.  Solo così torneremo a votare per comporre le assemblee parlamentari con persone e non con numeri. Persone che rappresentino “la nazione”, come dice l’art.67 della Costituzione, e non soltanto il capo che li ha cooptati in Parlamento. Forse allora qualche pronostico potrà pure avverarsi, ma almeno vorrà dire che i sondaggisti saranno stati bravi con le campionature: sarebbe una procedura giusta, sondare l’orientamento del popolo, e non il canone inverso, cioè lanciare la profezia che si autoavvera.

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