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Svelare i “misteri” di produttività e innovazione. L’economia secondo Sadun

Di Diletta Capissi

Intervista a Raffaella Sadun, economista docente ad Harvard, premiata in questi giorni con il Premio De Sanctis per le Scienze Economiche. “Ai giovani economisti consiglio di investire il più possibile, soprattutto nelle fasi iniziali della preparazione accademica, nella formazione matematica e statistica: questo è il linguaggio dell’economia, senza il quale è difficile capire e trasmettere le proprie idee”

Fresca di riconoscimenti con l’assegnazione del Premio De Sanctis per le Scienze Economiche che le è stato consegnato nel corso di una cerimonia che si è svolta nella sala Carlo Azeglio Ciampi del ministero dell’Economia e delle Finanze, alla presenza del ministro dell’Economia, Daniele Franco, abbiamo rivolto alcune domande a Raffaella Sadun, economista docente ad Harvard. Sadun, come è scritto nella motivazione del premio, “è un’economista riconosciuta internazionalmente come leader nella ricerca nel campo del management e dell’organizzazione aziendale”.

MEF – Premio De Sanctis per le Scienze Economiche – prima edizione – RM, 06.09.2022

Innanzitutto, professoressa, cosa significa per lei ricevere il primo Premio De Sanctis per le Scienze Economiche?

È un grandissimo onore, sia per il prestigio della Fondazione De Sanctis e della giuria che lo ha assegnato, sia per averlo ricevuto insieme a Guido Tabellini, un economista bravissimo ma anche una bravissima persona.

Quali sono i temi critici dell’economia mondiale oggi?

È una lista molto lunga, a partire dagli aspetti macroeconomici più evidenti perché emergenziali, quali la gestione della crisi energetica, l’inflazione, e la gestione del periodo post-pandemico. Ma credo che, almeno nella mia lista personale, le questioni più importanti siano quelle collegate alla crescita di lungo periodo. Per questo motivo è cruciale cercare di capire come sviluppare la produttività e l’innovazione del settore privato, ma anche del pubblico.

Uno dei temi di ricerca di cui mi occupo, per esempio, è la dimostrazione di quanto la produttività sia legata a differenze nella gestione manageriale e organizzativa delle imprese. Il “mistero” che ancora rimane irrisolto è perché pratiche di gestione che sono tutto sommato note abbiano difficoltà ad essere trasmesse e recepite davvero nelle imprese. Questo è un tema che, fra l’altro, riguarda in modo diretto l’economia italiana.

E poi?

Un secondo tema che mi sta molto a cuore è capire come fare in modo che la crescita possa essere inclusiva e coinvolgere e beneficiare fasce della popolazione che negli ultimi decenni ne sono rimaste escluse. Per questo motivo tengo moltissimo a temi quali quelli della formazione professionale degli adulti e le politiche attive del lavoro. Il problema di policy è come strutturare e implementare corsi di formazione che riescano a colmare in modo rapido e efficace il mismatch fra domanda e offerta di lavoro, e che permettano di riqualificare le persone e avviarle verso percorsi lavorativi dignitosi, produttivi e remuneranti nel lungo periodo.

Quali sono i campi emergenti dell’economia indispensabili a capire il mondo di oggi?

Grazie alla rivoluzione empirica l’economia riesce sempre di più a raccogliere dati “micro” che descrivono in modo preciso, comparabile e su ampia scala non solo dati “standard”, ma anche una moltitudine fattori intangibili responsabili della crescita (per esempio, la qualità del management). Allo stesso tempo, l’economia come disciplina si sforza sempre di più di utilizzare questi dati per capire quali siano i nessi causali delle politiche economiche e delle decisioni fatte da privati, ma anche di sviluppare tecniche econometriche basate sul machine learning per studiare dati non strutturati, che sono tradizionalmente rimasti esclusi dalla ricerca economica (per esempio, testi). Le teorie si stanno anche evolvendo, cercando in modo innovativo di catturare aspetti decisionali non sempre razionali degli individui.

Cosa consiglierebbe a un giovane economista che desidera dedicarsi alla ricerca?

Dal punto di vista tecnico, il mio consiglio è di investire il più possibile, soprattutto nelle fasi iniziali della preparazione accademica, nella formazione matematica e statistica: questo è il linguaggio dell’economia, senza il quale è difficile capire e trasmettere le proprie idee. Ovviamente questo non significa formarsi alla matematica o alla statistica: l’economia è  molto più di questo. Ma senza una preparazione quantitativa adeguata è difficile partecipare al discorso di ricerca a livello internazionale.

Al di là della preparazione, ragionando sul mio percorso professionale, penso che la cosa più importante sia quella di trovare dei mentors e dei collaboratori generosi, ovvero che siano in grado di supportare, guidare, consigliare e, talvolta, aiutare nei momenti di difficoltà. L’economia è sempre di più un’attività che si basa sul lavoro di team e la possibilità di trovare collaboratori con i quali si è in sintonia professionale e verso i quali si nutre profondo rispetto è a mio avviso essenziale per potere fare strada in questo ambito, oltre che a rendere la professione remunerante anche a livello personale.

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