Il segretario di Stato americano ha sentito il presidente del Consiglio per ringraziarlo della “leadership esemplare” nel sostegno a Kiev. Chissà se i due hanno parlato dei finanziamenti russi. Sicuramente lo farà domani l’Autorità delegata Gabrielli al Copasir
Nella giornata di mercoledì, il segretario di Stato americano Antony Blinken ha avuto un colloquio telefonico con il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi per ringraziarlo per “la sua leadership esemplare durante uno dei periodi più difficili della storia recente e per il forte sostegno dell’Italia all’Ucraina”. Lo fa sapere Ned Price, portavoce del dipartimento di Stato, in una nota. Stando a quanto ricostruito da Formiche.net, la telefonata sarebbe partita da Palazzo Chigi, da cui invece non è stata diffusa alcuna nota sul colloquio.
Blinken “ha sottolineato l’importanza di mantenere la solidarietà e la resilienza di fronte agli sforzi della Russia di usare l’energia e altri mezzi per dividere i Paesi che sostengono l’Ucraina”, recita il comunicato. Infine, ha evidenziato “il nostro impegno a lavorare con il prossimo governo italiano su un’ampia gamma di interessi comuni”. Parole che suonano come un messaggio positivo per Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, davanti negli ultimi sondaggi prima del buio e con un Adolfo Urso, senatore e presidente del Copasir, impegnato in questi giorni in una visita a Washington.
Chissà se Blinken e Draghi hanno parlato della rivelazione degli Stati Uniti sui finanziamenti russi per 300 milioni di dollari a 20 Paesi nel mondo. Probabile che il presidente del Consiglio fosse interessato alla questione, visto che la notizia è stata data da un alto funzionario del dipartimento di Stato e che non è consuetudine un colloquio tra un ministro degli Esteri e un capo di governo dimissionario. Dimissioni nate da spinte parlamentari – del Movimento 5 stelle prima, di Lega e Forza Italia dopo – e che hanno fatto evidentemente felice la Russia di Vladimir Putin, impegnata anni a influenzare la politica occidentale finanziando organizzazioni, enti e associazioni, come spiega un rapporto di due anni fa dell’Alliance for Securing Democracy in cui faceva capolino anche la Lega di Matteo Salvini.
Di quel documento del dipartimento di Stato sicuramente domani parlerà Franco Gabrielli, Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica, in audizione al Copasir.
“È utile che siano informati prima possibile sia il governo italiano che il nostro Parlamento”, ha spiegato Urso al Corriere della Sera di ritorno da Washington. “Siamo oggettivamente in un momento delicatissimo, abbiamo ancora almeno una settimana di campagna elettorale e dobbiamo evitare di alimentare polemiche o campagne di denigrazioni che fanno il gioco dei nostri avversari. Proprio quello a cui puntano Russia e Cina, e cioè minare la fiducia dei nostri cittadini nelle nostre istituzioni, nei confronti del processo democratico, dei nostri partiti”, ha aggiunto.
Secondo quanto scrive Repubblica, citando “una fonte molto autorevole, con diretta conoscenza dei fatti, che ne ha discusso con i vertici del dipartimento di Stato”, l’Italia ci sarebbe eccome nel dossier statunitense sulla corruzione russa nel mondo. Un portavoce del dipartimento di Stato ha spiegato al giornale che “non entreremo in specifiche informazioni di intelligence, ma siamo stati chiari sulla nostra preoccupazione per l’attività della Russia per influenzare il processo democratico in vari Paesi del mondo, inclusi gli Stati Uniti. La nostra preoccupazione per l’attività di Mosca in questo senso non riguarda un Paese, ma è di natura globale, mentre continuiamo ad affrontare le sue sfide contro le società democratiche”. La fonte quindi ha chiarito così la strategia: “L’influenza politica segreta russa rappresenta una sfida importante per gli Usa e altre democrazie in tutto il mondo. Abbiamo lavorato per esporla mentre la scopriamo. Abbiamo, e continueremo a lavorare con i nostri alleati e partner in tutto il mondo, per denunciare gli sforzi di influenza maligna della Russia e aiutare altri Paesi a difendersi da questa attività”.
Quanto alla pubblicazione di nomi e cognomi, “non abbiamo ulteriori informazioni da discutere sui Paesi specifici, in merito a questo argomento”. E “si tratta di una decisione deliberata”, ha spiegato Price, perché ora era importante denunciare la minaccia di Mosca a livello globale, ma nel dettaglio dei singoli Paesi coinvolti l’intelligence lavorerà con discrezione.