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Tutti possono dire quello che vogliono. Tanto nessuno ascolta

Di Simona Latorrata

Grazie alla Rete, la disinformazione ha assunto una caratteristica strutturale della società. Questo è stato uno dei temi centrati toccati dall’incontro con Mario Caligiuri, direttore del master in Intelligence dell’università della Calabria e presidente della Società italiana di Intelligence, “L’arma della disinformazione”, nel contesto della XVIII edizione di Lector in Fabula a Conversano

In un mondo sempre più connesso, la disinformazione è diventata sempre di più lo strumento per manipolare l’opinione pubblica. È questo uno dei temi dell’incontro “L’arma della disinformazione”, dialogo tra Mario Caligiuri, direttore del master in Intelligence dell’università della Calabria e presidente della Società italiana di Intelligence, e Flavia Giacobbe, direttore di Formiche che si è svolto a Conversano durante la XVIII edizione di Lector in Fabula, quest’anno distinto dal motto “Il giudizio universale”.

Con radici che affondano nel periodo della Prima guerra mondiale, la disinformazione con la Rete ha assunto una caratteristica strutturale della società; dalla narrazione bellica passando per quella politica, sembra essere sempre più difficile distinguere il vero dal falso.

Per questo, parafrasando Marshall McLuhan, che sosteneva che quello di cui i pesci non sanno assolutamente nulla è l’acqua, noi ignoriamo di essere immersi nella disinformazione. Tanto è vero che si è materializzata una società della disinformazione che rappresenta l’emergenza democratica di questo tempo.

“Viviamo – ha detto Caligiuri – in un sistema di popoli superflui dove tutti possono dire quello che vogliono tanto, in genere, nessuno ascolta”.
In un contesto simile, per difendersi possiamo fare ricorso solo all’educazione e alla cultura. Con tutti i limiti.

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