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Le proteste in Iran vanno ben oltre la questione del velo

Nuovi morti e feriti negli scontri con la polizia, con i video sempre più diffusi in rete. Dietro le manifestazioni di rabbia degli iraniani due cause sovrapposte: l’oppressione delle donne e la soppressione delle minoranze. Il peso della questione economica

Aumentano le proteste in Iran. A scatenare lo scontento sociale è stata la morte di Mahsa Amini per mano della “polizia morale” del Paese (qui l’articolo di Formiche.net). Tuttavia, con il trascorrere dei giorni, altri motivi sono venuti a galla.

Sono circa 15 le città dove si sono registrate manifestazioni contro le autorità che regolano l’atteggiamento “morale” della popolazione. Tra queste ci sono Teheran, Mashhad nel nord-est, Tabriz nel nord-ovest, Rasht a nord, Isfahan nel centro e Shiraz a sud.

Per la quinta notte consecutiva, agenti delle forze di sicurezza hanno usato gas lacrimogeni e hanno arrestato molti manifestanti. Dall’altra parte, chi protesta fa uso di sassi contro la polizia e ha dato alle fiamme auto e cassonetti. Dopo la notizia della morte di cinque persone durante gli scontri con la polizia, fonti del governo iraniano sostengono che un agente ha perso la vita mentre cercava di contenere le proteste a Shiraz, e altri quattro poliziotti sono rimasti feriti.

L’agenzia di stampa Tasmim ha riferito che a Mashhad, un poliziotto è stato “dato alle fiamme” durante le dimostrazioni “radicali avvenute con l’incitamento dei media stranieri”. L’uomo presenta gravi ustioni in tutto il corpo. A Rasht, un altro agente della polizia è stato accerchiato e picchiato dalla folla nonostante avesse in mano manganello e taser. I video degli scontri sono sempre più diffusi sui social.

Il sinologo Francesco Sisci ha postato uno di questi video su Twitter insieme ad una riflessione sulla portata delle proteste: “Nord ovest Iran, non è più questione di veli e capelli delle donne. Ma neppure è prima grande protesta affrontata da Ayatollah, stavolta è diverso?”.

“Folla attacca poliziotto durante proteste in #Iran. In regimi autoritari la polizia è simbolo fisico di potere – prosegue Sisci su Twitter -. Se agenti aggrediti potere non più temuto, quindi c’è spirale: + repressione o crollo regime. Inoltre, che significa problema Iran per suo alleato #Russia?”.

Secondo il quotidiano The Jerusalem Post, le ultime proteste in Iran sono diverse perché sono spinte dalla rabbia per il trattamento riservato alle donne da parte del regime. In un’analisi, la pubblicazione sottolinea che in molti casi sono le donne in prima linea nelle manifestazioni: “Queste proteste sono diverse dalle proteste su larga scala del 2019, in cui le forze di sicurezza iraniane sono state accusate di aver ucciso circa 1.500 persone; e nel 2009, quando ci furono massicce manifestazioni in tutto l’Iran. Le proteste sono iniziate nella regione del Kurdistan dell’Iran, dove la minoranza curda ha subito l’oppressione per decenni. Questo dà alle proteste due cause sovrapposte; la soppressione delle donne e la soppressione delle minoranze”.

Le recenti manifestazioni in Iran rivelano fino a che punto le persone disprezzano il regime e sono disposte a scendere in piazza per mostrare la loro rabbia, secondo l’analisi. A testimoniarlo numerosi video pubblicati in rete che rivelano la profondità di questa rabbia.

Tra le grida dei manifestanti ci sono anche slogan filo-curdi: “Per i curdi, le due questioni sono intrecciate. Uno sciopero nella regione curda e video di forze di sicurezza che sparano e picchiano persone hanno mostrato fino a che punto il regime deve affrontare grandi sfide per il controllo di parti del Paese”, si legge sul Jerusalem Post.

Nelle ultime ore, un gruppo di attivisti informatici iraniani afferma di aver avviato operazioni contro la Repubblica islamica in solidarietà con le proteste in corso in tutto l’Iran. Alcuni siti web statali, tra cui il sito della Banca centrale dell’Iran, sono stati presi di mira da hacker del gruppo “Anonymous”: “Siamo qui con voi. Le operazioni contro l’Iran sono iniziate. Aspettateci”.

La previsione però è che probabilmente il regime reprimerà le proteste come ha fatto in passato: “Ma la breve libertà di cui le persone hanno goduto nelle strade, in particolare di notte, è una libertà che non dimenticheranno […] Questo è un regime che condanna le donne al carcere e alle percosse per non essersi coperte i capelli o per aver ballato. Le cose che gli occidentali danno per scontate sono atti rivoluzionari in Iran”.

Negli ultimi 10 anni, gli iraniani sono scesi in piazza per manifestare lo scontento contro una serie di questioni, dalla trasparenza elettorale alla crisi economica; dalla brutalità della polizia e alla repressione delle minoranze. “Quando si somma la lunga lista di questioni – prosegue il Jerusalem Post – è chiaro che il regime ha solo una debole presa sul Paese. Ad ogni angolo, si confronta con il fatto che un gran numero di persone non ama la leadership e solo la forza bruta e il tempo mantengono il controllo del regime”.

Resta da capire se queste manifestazioni cresceranno al di fuori della regione curda e di Teheran. Fino a ieri più città sembravano unirsi alle proteste, ma potrebbe essere un’ondata temporanea.

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