Uno scenario di crollo del dittatore russo appare ad oggi poco probabile, ma nel frattempo è possibile tracciare i profili degli uomini che gli stanno vicino, ne influenzano le scelte, fungono da braccio armato, o da braccio economico, e che sicuramente avrebbero un ruolo in un’eventuale transizione di potere
È estremamente difficile guardare dentro a un’autocrazia per prevederne le dinamiche di successione del potere. Ma chi sono i personaggi chiave dell’universo putiniano, quelli da tenere d’occhio e che giocheranno ruoli di primo piano quando e se Vladimir Putin dovesse lasciare il potere più o meno volontariamente? La recente mobilitazione ha assestato un duro colpo al consenso interno dell’inquilino del Cremlino. Vediamo, dunque, i principali componenti del suo cerchio magico.
Nikolai Patrushev. Segretario del Consiglio di Sicurezza, alleato di Putin da quando stavano insieme al Kgb. La sua presenza nell’entourage del dittatore è marcata e pervasiva. È probabilmente lui che lo ha indirizzato sul dossier ucraino. Sostenitore agguerrito dell’intervento, la guerra lo ha portato sotto ai riflettori dopo vent’anni dietro le quinte, ed è sicuramente uno dei pochi che Putin ascolta. Molti sostengono che stia cercando di posizionarsi per prendere il posto di leader, anche se sia Dmitry Peskov sia Yevgeny Anoshin, i portavoce rispettivamente del Cremlino e del Consiglio di Sicurezza, hanno sempre negato questa eventualità. La sua ascesa evidenzia l’influenza dei servizi di sicurezza ex Kgb nel sistema politico russo.
Dmitry Medvedev. È ricordato da molti per essersi alternato nella guida del Paese con Putin permettendo a quest’ultimo di mantenere il potere senza infrangere i limiti di mandato. Fino al 2020 è stato primo ministro prima di approdare alla vicepresidenza del Consiglio di Sicurezza. In passato ha sempre cercato di mostrarsi come una versione più moderata di Putin, come una “colomba”. Ma la guerra in Ucraina ha sacrificato quest’immagine a causa delle sue affermazioni sulle armi nucleari russe e sul diritto della Russia a usarle – dichiarazioni da “falco” che secondo alcuni risponderebbero alla necessità di guadagnare spazio nella corsa alla successione.
Alexei Dyumin. Ex capo della sicurezza di Putin, è attualmente governatore dell’oblast di Tula. Nel 2014 ha avuto un ruolo di comando delle Forze speciali russe durante l’annessione della Crimea. Il legame con il leader è particolarmente saldo da quando gli faceva da guardia del corpo, ma questo status di prediletto dal capo potrebbe renderlo vulnerabile se scoppiassero conflitti di potere per la successione.
Dmitry Patrushev. Banchiere, politico, attualmente ministro dell’Agricoltura, ruolo cruciale dato che il settore è tra i meno colpiti dalle sanzioni estere ed è in continua espansione a causa della crescente domanda. Dal 2016 è membro del consiglio di amministrazione di Gazprom. Suo padre, Nikolai Patrushev, è un fedelissimo di Putin, a capo dell’Fsb, famoso per aver definito la casta delle spie di alto profilo una “nuova nobiltà”. Al di là di volersi rappresentare come un aristocratico, il figlio tiene almeno un piede in ogni azienda o società a partecipazione statale.
Mikhail Mishustin. La Costituzione prevede che, nel caso in cui un presidente sia impossibilitato a esercitare le proprie funzioni, queste debbano essere espletate dal primo ministro, quindi Mishustin. A capo dell’agenzia di riscossione delle tasse, ha avuto un ruolo di primo piano nel tentare di minimizzare l’impatto delle sanzioni occidentali. Nel 2020 è stato nominato primo ministro, quando Putin ha spinto su quelle riforme costituzionali che lo avrebbero portato a diventare presidente a vita.
Sergei Sobyanin. Sindaco di Mosca, emblema del potere putiniano, potrebbe emergere come candidato alla successione se le proteste nella capitale si intensificassero fino al punto in cui la repressione non fosse più praticabile. Uno scenario forse un po’ lontano, considerando che attualmente le proteste non raggiungono nemmeno lontanamente le dimensioni necessarie a minare la tenuta di un governo. Sobyanin non è un politico da grandi riflettori, ma piuttosto un esecutore estremamente competente. Ha fatto un discreto lavoro per rendere la metropoli più vivibile migliorando i parchi, restaurando gli edifici storici e potenziando i trasporti pubblici, fino a quando molti di questi progressi sono stati vanificati dalla guerra e dalle sanzioni. Il sessantaquattrenne è stato, tra le altre cose, capo dell’amministrazione del Cremlino dal 2005 al 2008, e vice primo ministro di Putin dal 2008 al 2010.
Mikhail Mizintsev. Generale diventato famoso dopo aver condotto l’assedio di Mariupol a maggio. In Occidente si è guadagnato il titolo di “Macellaio di Mariupol” a causa della morte di più di 20.000 civili durante quell’operazione. In Russia è stato promosso a vice ministro della Difesa, con importanti compiti nell’ottica di ribaltare le sorti dell’offensiva ucraina.
Ramzan Kadyrov. Il conflitto in Ucraina ha nuovamente consacrato il leader ceceno come un signore della guerra. Sostenitore accanito dell’invasione, è famoso in Occidente per il suo canale Telegram da 2,5 milioni di sostenitori, oltre che per aver fornito gran parte degli uomini che combattono tra le fila russe. Molti analisti lo descrivono come un politico abile anche se rozzo all’apparenza.
Yevgeny Prigozhin. Oligarca, famoso per gestire la Wagner, temuta compagnia di mercenari. Appare oggi il vero comandante in capo della Russia, se dovessimo affidarci alle rivelazioni del sito di giornalismo d’inchiesta Bellingcat, secondo cui i miliziani della Wagner sono molto più fedeli a lui che al Cremlino. Certo, per vederlo correre per il potere bisognerebbe avere una situazione dove orde di truppe scontente rientrano a casa dal fronte.
La storia del Cremlino ha visto leader lasciare il potere sia perché forzati, sia per cause naturali. Vladimir Lenin, Iosif Stalin, Leonid Breznev, Yuri Andropov e Konstantin Cernenko sono tutti deceduti ancora al potere. Georgij Malenkov, Nikita Kruscev, Michail Gorbaciov e Boris Eltsin sono stati estromessi più o meno violentemente, quasi sempre tramite operazioni di palazzo. Forse il parallelismo storico più simile a un possibile dopo-Putin è quello di Stalin, la cui scomparsa nel 1953 scatenò una lotta di potere che si concluse con una Troika, fino all’ascesa di Kruscev come leader incontrastato. In ogni caso se dovesse aprirsi una crisi di potere nei palazzi di Mosca, questa vedrebbe certamente come protagonisti i personaggi qui citati.