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La sfida dei cripto-asset per il nuovo parlamento. Scrive Zanichelli (M5S)

Di Davide Zanichelli

È strategico e urgente per il nostro Paese un inquadramento chiaro del fenomeno a partire dall’aspetto fiscale seguendo l’esempio di Stati europei che stanno risultando così più ospitali per capitali, investimenti, imprese innovative e cervelli. L’intervento di Davide Zanichelli, già deputato e coordinatore dell’integruppo Criptovalute e Blockchain nella XVIII Legislatura, membro del Comitato transizione digitale del Movimento 5 Stelle

I mesi che stiamo vivendo sono decisamente complicati per le banche centrali anche dei maggiori sistemi economici, per via di quanto sta accadendo all’andamento del valore delle valute.

Da almeno un anno infatti l’inflazione è ben lontana dal valore target del 2% dopo che il suo arrivo è stato erroneamente sottovalutato o giudicato “transitorio”, situazione a cui si aggiunge il diverso approccio delle banche centrali nell’affrontare la situazione, da quello risoluto della Federal Reserve che punta decisamente ad arrivare e superare rapidamente la fase recessiva, quello ondivago della Banca centrale europea frutto di tensioni contrastanti tra le economie dei paesi dell’Eurozona e quello che iper-reattivo della Banca d’Inghilterra che cerca di tappare le falle della premier Liz Truss sulla fiscalità e sugli effetti sui fondi pensione.

In questo contesto difficile per le monete delle banche centrali in cui l’enorme liquidità presente nella finanza in corso di svalutazione è pari alla notevole sfiducia dei mercati nei prossimi periodi economici la risposta data dalle criptovalute risulta avanzare lentamente ma inesorabilmente anche a dispetto di un periodo in cui le quotazioni di questi asset digitali risultano insolitamente stabili da mesi (anche se la temporanea scomparsa dell’eccessiva volatilità non viene più giudicata come un aspetto positivo).

D’altronde sono sempre più numerose le realtà economiche che accettano le criptovalute per lo scambio di beni e servizi, e non solo in Italia dove esiste una delle bitcoin valley più longeve al mondo, ma anche a poca distanza da noi, a Lugano, dove anche al McDonald’s da qualche giorno si può comprare l’hamburger pagando in criptoasset. Anche Google ha annunciato che dall’anno prossimo inizierà ad accettare criptovalute per i suoi servizi cloud. Per non parlare di BNY Mellon, la banca più antica degli Stati Uniti che inizierà a ricevere criptovalute dai propri clienti consentendone la gestione. Il fatto che anche Crypto.com abbia dichiarato di aprire la propria sede europea a Parigi (non in Svizzera, ma purtroppo nemmeno in Italia) denota un ulteriore passo in avanti.

In questo contesto internazionale sempre più digitale e in cui la protezione dei propri asset dall’eccesso di svalutazione può risultare una strada considerata da sempre più persone, sfiduciate dalle conseguenze delle decisioni delle banche centrali e rassicurate da un settore in cui la chiarezza delle regole informatiche e la legge della domanda e dell’offerta sono le uniche variabili in gioco.

D’altronde la percentuale di possessori di criptovalute anche in Europa non è più trascurabile dato che le stime si aggirano tra il 5% e il 10%.

Diventa strategico (e urgente) per il nostro Paese un inquadramento chiaro del fenomeno a partire dall’aspetto fiscale (ma non solo), senza dover attendere discipline internazionali ma seguendo l’esempio di Stati europei, come la Germania e appunto la Francia, che stanno risultando così più ospitali per capitali, investimenti, imprese innovative e cervelli.

Il prossimo Parlamento sarà chiamato dunque a raccogliere la sfida dell’innovazione tecnologica e normativa anche in questo settore dove altri Paesi stanno già correndo da tempo. Non tutte le forze politiche però si sono mostrate attente. Difatti, solo il Movimento 5 Stelle e la Lega avevano nel proprio programma elettorale l’intenzione di affrontare il fenomeno per portare chiarezza alla pari di quanto fatto altrove anche in Europa mentre i restanti partiti hanno completamente ignorato il fenomeno.

La chiarezza porta sia beneficio per l’aspetto della regolazione e del contrasto alle attività illecite (stimate da Chainalysis allo 0,15% delle transazioni ma pur sempre presenti) e sopratutto al positivo sviluppo di opportunità, sia per gli aspetti legati al valore economico sia per tutto ciò che è correlato alla circolazione di “scarsità” come quelli legati alle quote delle società che potrebbero circolare anche in assenza di un notaio dato che è sufficiente la blockchain. Un’attenzione anche riguardo alle Dao (decentralized autonomous organization) rimarcata anche dal paper 718 pubblicato dalla Banca d’Italia pochi giorni fa che dimostra un’attenzione anche dei regolatori a questi fenomeni altamente innovativi per i quali basterebbero pochi aggiornamenti del codice civile per chiarire la digitalizzazione di alcuni meccanismi. Si vedrà se il Parlamento (e l’esecutivo) della XIX legislatura sarà all’altezza delle sfide e in grado di cogliere le opportunità.

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