La International School of Cultural Heritage è un’opportunità di formazione, scambio e dialogo per la collaborazione internazionale nel settore del patrimonio culturale
Gli ultimi eventi legati alla politica estera e alle relazioni internazionali delle istituzioni politiche italiane mostrano quanto la promozione culturale occupi un ruolo centrale nel nostro Paese. E quanto la cultura possa costituire uno degli strumenti principali di proiezione dell’Italia all’estero e di creazione di una sempre più nutrita ed estesa rete di gemellaggi internazionali. Basti pensare al primo G20 Cultura svoltosi in Italia nel 2021 e alla prima Conferenza dei ministri della Cultura della regione euro-mediterranea che ha visto la partecipazione di 27 stati dell’Ue e di 15 Paesi del Nord Africa, del Medio Oriente e dell’Europa sud-orientale. Quest’ultimo evento, oltre a rappresentare una grande iniziativa di diplomazia culturale, è servito a confermare la centralità e il ruolo strategico del Mediterraneo – e, con esso, del nostro Paese – come luogo ideale in cui mettere in pratica un’idea diversa di cultura: una cultura proattiva che si nutre di dibattiti, di scambi di conoscenze, di pratiche professionali e competenze.
Proprio le “competenze” e l’investimento sul capitale umano assumono oggi significati trainanti, soprattutto nel settore del patrimonio culturale: non solo abilità necessarie per l’esercizio di una specifica professione, ma un insieme di saperi in continua e progressiva evoluzione, da mettere in campo e a confronto con le esperienze sviluppatesi in altri ambienti formativi. Con questo spirito, nel 2016 il MiC ha istituito la Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali, un centro di ricerca e formazione per i professionisti della cultura che opera tramite modelli formativi concreti basati su collaborazioni e sinergie, sia a livello nazionale sia internazionale. Il lavoro svolto in pochi anni ha confermato il crescente e progressivo impegno per fare dell’Italia il soggetto promotore di una rete di scambi professionali, tra operatori e per gli operatori del patrimonio culturale. Ha iniziato così a prendere forma il progetto di mettere la cultura al centro di un nuovo modello di collaborazione, come strumento chiave per le relazioni internazionali del nostro Paese. Come sottolinea il presidente della Fondazione, Vincenzo Trione: “Lavorare sulle competenze dei professionisti della cultura è un compito civile, etico, decisivo in questa fase storica di transito: vuol dire impegnarsi per sviluppare connessioni e relazioni a livello internazionale. In un mondo sempre più vicino e connesso sentiamo forte il dovere di creare ponti di conoscenza tra saperi e persone, tra pratiche e saperi. Da questi scambi potranno nascere progetti ‘diversi’, più aperti e inclusivi. Con un obiettivo preciso: consolidare il ruolo della cultura e del patrimonio culturale come luogo del confronto e della condivisione tra differenze”.
In questo contesto va letta anche la missione dell’International School of Cultural Heritage – nata nel 2019 e giunta oggi alla sua terza edizione – dedicata all’incontro tra professionisti delle istituzioni italiane e straniere che operano nella cura e gestione dei beni culturali. Per l‘organizzazione del programma la Fondazione lavora in stretta collaborazione con le Ambasciate e con le Delegazioni Permanenti presso l’Unesco dei Paesi coinvolti, che partecipano al processo di identificazione dei temi e dei partecipanti. Le prime tre edizioni dell’International School, accomunate dal tema dell’archeologia hanno visto il coinvolgimento di 11 paesi del Mediterraneo (Egitto, Israele, Giordania, Israele, Libia, Libano, Marocco, Palestina, Tunisia, Turchia, Iraq) e di altri 4 paesi associati (Etiopia, El Salvador, Repubblica Dominicana, Macedonia del Nord) e hanno coinvolto 85 professionisti di diversa provenienza.
L’edizione di quest’anno, dedicata all’uso delle nuove tecnologie digitali per la conoscenza, conservazione e valorizzazione del patrimonio archeologico, prevede invece la partecipazione di 33 professionisti provenienti da 8 paesi dell’area mediterranea (Egitto, Israele, Giordania, Libano, Marocco, Palestina, Tunisia e Macedonia del Nord) ed è sviluppata attraverso la preziosa collaborazione attivata con l’Istituto di Scienze del Patrimonio culturale del Consiglio Nazionale delle Ricerche; il Center for Cultural Heritage Technology e l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare – CHNet Cultural Heritage Network. Per i partecipanti, la Fondazione ha curato un programma formativo online e attivato una rete di collaborazioni che consentirà ai professionisti di svolgere attività laboratoriali e di ricerca in istituzioni di eccellenza del Paese, tra cui l’Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale del CNR, il Parco Archeologico del Colosseo, il Parco Archeologico di Ercolano e il Museo Egizio di Torino.
I casi-studio offerti ai partecipanti riguarderanno l’utilizzo di tecnologie digitali per contrastare gli scavi clandestini e il traffico illegale di beni culturali, interventi di musealizzazione supportati da strumenti di virtual reality e augmented reality, dispositivi per la creazione di mostre virtuali o lo sviluppo di applicativi di digital storytelling e Interactive Media Applications per il coinvolgimento di nuovi pubblici, l’accessibilità e la valorizzazione di siti ed emergenze archeologiche. O, ancora, metodologie e strumenti per la documentazione digitale e per la digitalizzazione dei depositi.
Il lancio dei momenti formativi “sul campo” in Italia è avvenuto lo scorso 6 ottobre a Roma. Dopo i saluti istituzionali del Direttore della Fondazione Alessandra Vittorini, e dell’Ambasciatore Andrea Meloni, componente del Consiglio di gestione della Fondazione e delegato per gli affari internazionali, i partecipanti hanno illustrato le loro attività professionali e di ricerca. Inoltre, durante l’evento, in diretta dall’Ucraina, è stato presentato il progetto SUM – Save the Ukraine Monuments, realizzato dall’INFN con l’obiettivo di salvare la documentazione digitale del patrimonio culturale ucraino.
Il programma formativo dell’International School punta a fare del nostro Paese il centro propulsore di una nuova idea di collaborazione internazionale, che fa della cultura e della formazione strumenti utili di dialogo, anche in un contesto altamente complesso come quello euro-mediterraneo. Le potenzialità di questo progetto sono evidenziate anche dal Direttore della Fondazione Alessandra Vittorini, che sottolinea “La Fondazione ha una missione internazionale, che si concretizza in diverse iniziative; la International School è al centro di queste attività, e rappresenta l’occasione per avviare preziose collaborazioni con le istituzioni estere invitate a partecipare. Il nostro obiettivo è che le connessioni e le reti create possano essere punto di partenza per uno scambio collaborativo tra professionisti e amministratori dei diversi paesi coinvolti nel progetto. Oggi è il Mediterraneo, ma si stanno già aprendo nuovi scenari con l’America latina e i Caraibi, l’Africa e i Paesi europei”.