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Così la tragedia ucraina stimola la difesa aerea europea

La guerra in Ucraina ha mostrato la necessità di continuare a considerare le guerre convenzionali come minacce reali. Quattordici Paesi Nato, più la Finlandia, hanno siglato una lettera d’intenti nell’ottica di creare un quadro di difesa condiviso, una missione ardua, ma necessaria

Giovedì 13 ottobre, durante la conferenza dei ministri della difesa a Bruxelles, quattordici Paesi Nato più la Finlandia hanno siglato una lettera di intenti per il potenziamento della difesa aerea e missilistica del continente. I Paesi firmatari sono Belgio, Bulgaria, Estonia, Germania, Lettonia, Lituania, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, e Ungheria. L’iniziativa, denominata European Sky Shield Initiative vuole consolidare la difesa del dominio aereo dell’Europa tramite l’acquisizione comune di equipaggiamento e missili da parte delle nazioni europee, andando a potenziare l’esistente Integrated Air and Missile Defence (Iamd).

I nuovi sistemi da acquisire saranno in particolare l’israeliano Arrow-3, lo statunitense Patriot e il tedesco IRIS-T, come ha riferito  la ministra tedesca della difesa Cristine Lambrecht. Sistemi che garantiscono la difesa aerea sia negli strati medio e lungo, sia a corto raggio, a protezione di aree piccole, come ad esempio convogli militari. Come già riportato su queste colonne, negli ultimi vent’anni i Paesi Nato hanno assegnato scarsa priorità alla difesa aerea a corto raggio, a causa dell’assenza di minacce di questo genere. Il risultato è che i sistemi di difesa ground-based  (come gli ormai celebri Patriot) sono a corto di scorte.

Non tutti i Paesi Nato hanno deciso di aderire al nuovo schema. La Polonia ha dichiarato di voler creare un proprio sistema, mentre la Francia fa affidamento sulla deterrenza del proprio arsenale nucleare. Gli Stati Uniti non dovrebbero ricoprire un ruolo significativo nel progetto, e già si occupano della gestione di due siti di missili balistici Aegis Ashore in Romania e in Polonia.

Ci vorranno certamente anni per sviluppare e dispiegare una rete funzionante, dal momento che i sistemi di difesa aerea sono estremamente sofisticati, costosi e lenti da costruire. Il principale elemento di difficoltà non sarà tanto la costruzione in sé, ma l’interoperabilità dei sistemi e, soprattutto, la definizione di regole comuni per la condivisione di dati e informazioni, elementi estremamente sensibili che le Nazioni tendono a non condividere tra loro.

Naturalmente, la questione si intreccia con il dossier ucraino. I Paesi occidentali sono nella scomoda posizione di dover pensare sia alle proprie difese missilistiche, sia a quelle di Kiev, che da qualche tempo chiede insistentemente più sistemi di difesa per contrastare la rinnovata campagna di bombardamenti russa. Nelle ultime ventiquattro ore circa quaranta centri abitati sono stati colpiti da missili lanciati da Mosca, per non parlare dei numerosi attacchi compiuti da droni.

“Questo impegno è ancora più cruciale oggi, mentre assistiamo agli attacchi missilistici spietati e indiscriminati della Russia in Ucraina, che uccidono i civili e distruggono le infrastrutture critiche”, ha dichiarato il vice segretario generale della Nato Mircea Geoana dopo l’annuncio. Il vertice di Bruxelles è anche un momento per gli addetti ai lavori per fare un bilancio di quanto materiale è rimasto nei depositi europei dopo mesi di rifornimenti di artiglieria, sistemi anti-carro, munizioni, di cui Kiev fa un uso intensivo.

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