Skip to main content

Il discorso di Morawiecki dal palco di Vox è più di uno sfogo

Di Giulia Gigante

All’incontro di Madrid, organizzato da Vox, non poteva mancare la “bacchettatissima” Polonia. Il premier Mateusz Moraweicki prende la parola e punta l’indice contro l’Unione europea, “il mostro transnazionale” che secondo la punta centrale del PiS ha tarpato le ali alle nazioni “libere e sovrane”. Ma il discorso di Morawiecki non è solo uno sfogo dal retrogusto nazionalista, c’è molto di più…

“Muchas gracias, muchas gracias”. Mateusz Morawiecki saluta gli oltre quindicimila attivisti di Vox che nella giornata di ieri hanno partecipato al raduno “Viva 22- La Historia que hicimos juntos”, abbracciando lo sventolio della Rojigualda e delle bandiere verdi del partito presieduto da Santiago Abascal.

Sulle note di un sottofondo musicale che rimanda alle epopee celebrate dalle opere wagneriane, il premier polacco si impone sul palco di Madrid. Camicia bianca e sguardo vigile dietro i tipici occhiali dell’economista formatosi tra il Politecnico di Breslavia e le correnti di manager e analisti della Deutsche Bundesbank. Il tutto in tema alla narrazione agiografica sui cui è stata impiantata la missione conservatrice.

Sembrava a suo agio. Sicuramente, meno teso rispetto ai giorni in cui si era ritrovato a dover difendere la sovranità della costituzione polacca e le scelte intraprese dal suo governo in materia di diritti civili al cospetto del Parlamento Europeo. Perché Andrea Ventura, presidente di “Chega” in Portogallo, non è Ursula von der Leyen e Javier Milei, leader argentino della coalizione “La libertad avanza”, non è certo un eurodeputato di Renew.

E allora coglie l’occasione per togliersi qualche sassolino dalla scarpa: tradizione, indipendenza, sovranità e valori cristiani. Sono queste le keywords rivangate da Moraweicki che aprono il suo discorso alla España de los patriotas. Il farmaco che il premier di Diritto e Giustizia intende somministrare ai cittadini europei per contenere lo straripare “della profonda crisi spirituale e il caos di valori” che imperversa sull’Europa di ieri.

“Non mi scuserò per essere polacco, per essere cristiano, per essere una persona legata a valori presumibilmente superati come la verità” premette Moraweicki e prosegue lo sfogo: “Un piccolo numero di burocrati a Bruxelles crede di poter modellare l’Europa da soli, ma qui si sbagliano. Passo dopo passo stanno ampliando le loro competenze, senza basarsi su alcun Trattato. Non possiamo permetterlo. L’Europa è composta da nazioni libere e sovrane, e la sua forza è la loro diversità. Questa è la vera democrazia. Mi fa piacere che molte società si stiano ribellando, iniziando a capire che l’Europa va protetta da un esercito di funzionari convinti della propria fermezza e infallibilità. Non è troppo tardi. Possiamo ancora tornare indietro e rinunciare a questa strada che ci conduce al baratro. L’aumento delle forze politiche in Europa – come il partito Vox in Spagna – ci fa sperare di poter tornare forti e uniti, e di poter creare insieme un futuro migliore”.

Quell’Unione europea che il mese scorso ha indotto il ministro della Cultura, Piotr Gliński, a dichiarare al Sieci: “La Polonia potrebbe prendere in prestito denaro dall’Asia nel caso in cui la Commissione decidesse di bloccare i fondi del Pnrr”. Infatti, nonostante la Commissione abbia approvato il piano di ripresa polacco continua a trattenere la prima tranche fino a quando il Paese non avrà messo mano ai problemi inerenti all’indipendenza del sistema giudiziario. Un indirizzo che Gliński  definisce “un ricatto primitivo volto a forzare un cambio di potere nel Paese”.

Perciò Morawiecki, visibilmente segnato da una contesa estenuante con le istituzioni europee, tenta di assoldare alleati con cui condividere il peso della croce e prospetta la palingenesi dei sovranisti e dei conservatori cercando di stemperare e schivare le ingerenze di Bruxelles.

“Sebbene la Polonia e la Spagna si trovino ai due estremi dell’Europa, condividiamo gli stessi valori” ricorda il premier polacco. “Per secoli abbiamo vissuto ai confini della civiltà; la Spagna a Ovest e la Polonia a Est. Eravamo le due ali dell’Europa, e la forza di queste ali era la fedeltà alla tradizione. L’Unione Europea oggi intende voltare le spalle a quella tradizione. Vogliono creare una bestia transnazionale senza anima. Da anni combattono una guerra silenziosa contro i valori su cui è stata costruita la nostra civiltà. Eppure, siamo tutti figli della civiltà cristiana. Non dimenticatelo mai!”.

Parole che hanno suscitato reazioni di sdegno e disapprovazione sul fronte d’opposizione. Il giorno antecedente al raduno di Vox, si è svolto il convegno del Partito Socialista Europeo, dove la coalizione di sinistra ha esposto il piano per il ripristino dello stato di diritto in Polonia, alla presenza del Presidente Sergej Staniszew e dell’ex ministro degli Esteri ceco Tomáš Petříček. I dirigenti e i deputati di Lewica hanno rivendicato l’istituzione di una commissione speciale per giudicare le azioni dell’esecutivo di Diritto e Giustizia ai danni dell’indipendenza dei tribunali e l’aumento degli stipendi dei dipendenti giudiziari.

Ma il premier polacco non ci sta. Non tollera la gamba tesa di Bruxelles e nel suo discorso madrileno ricorda: “Recentemente la Commissione europea ha persino dato istruzioni agli italiani su come votare durante le elezioni”. Un chiaro riferimento a Giorgia Meloni, che in collegamento da remoto alla festa di Vox, scansa le critiche raccolte in campagna elettorale e prospetta ai partecipanti la possibilità di testare la solidarietà tanto sbandierata dall’Unione Europea in questi anni, e spera nel coraggio degli Stati membri di attuare politiche concrete per fronteggiare la crisi che ha colpito lo scenario internazionale.

Mateusz Morawiecki si congeda dal palco rivolgendosi a “coloro che stanno diffondendo esperimenti ideologici in Europa”. Ergo, chiude: “Ci lascerete vivere una vita normale, senza imporre le vostre idee alle nostre famiglie. Oggi, il nostro continente è afflitto da persone che vogliono aprire le porte delle nostre case e ristrutturarle. Non lo permetteremo. Proteggeremo le nostre terre d’origine. Viva la normalità, viva la solidarietà, viva la libertà. Viva la Polonia, viva la Spagna!”.

Ora, a seguito dei temi e delle istanze sollevate dai conservatori in Spagna, l’opinione pubblica progressista e le forze politiche del fronte socialdemocratico si trovano dinanzi a una biforcazione metodica: gettare benzina sul fuoco o tentare di penetrare nel dibattito che ruota attorno l’interesse nazionale tracciando un’alternativa al disegno sovranista. Secondo l’opposizione polacca, il dna politico del PiS è affetto da “pericolose cellule fondamentalistiche”. Il che, dal punto di vista dei democratici, può essere anche vero. Tuttavia, come dimostrato dai recenti risultati elettorali, per destituire l’avversario non basta stampare etichette e categorie dello spirito. Quando il 6 agosto 2000 l’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale Joseph Ratzinger, firmò il Dominus Iesus, i protestanti liquidarono il documento dottrinale come un atto fondamentalista. A distanza di tempo e in virtù di quest’accusa, alla domanda posta da un giornalista vaticano: “Lei lo riscriverebbe ancora oggi?”, Benedetto XVI rispose: “Si, certo. Limitarsi a etichettare un documento come fondamentalista è un modo per sottrarsi al dialogo”.



×

Iscriviti alla newsletter