La figura di Mattei richiama l’aspetto ineludibile dell’interesse nazionale. A sessant’anni dalla morte, dobbiamo ancora fare i conti con la sua eredità. L’analisi di Mario Caligiuri, curatore del volume “Enrico Mattei e l’intelligence. Petrolio e interesse nazionale nella guerra fredda” (Rubbettino), che sarà presentato il 27 ottobre a Roma alla presenza del prefetto Franco Gabrielli
“Il prossimo 27 ottobre ricorrerà il sessantesimo anniversario della morte di Enrico Mattei, un grande italiano. Ecco, credo che l’Italia debba farsi promotrice di un ‘piano Mattei’ per l’Africa, un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Ue e nazioni africane”. Così Giorgia Meloni nel suo discorso di insediamento ha voluto ricordare la figura del presidente dell’Eni, al quale proprio il 27 ottobre è dedicata la presentazione del libro, da me curato ed edito da Rubbettino, “Enrico Mattei e l’intelligence. Petrolio e interesse nazionale nella guerra fredda”, che avverrà a Roma a palazzo Ferrajoli alle 9.30 alla presenza del prefetto Franco Gabrielli insieme ad Alfio Rapisarda e Andrea Margelletti.
Sia per quanto ha detto oggi la premier in relazione agli equilibri tra Paesi ricchi e Paesi poveri che per l’urgenza evidente della questione energetica, la figura di Mattei richiama l’aspetto ineludibile dell’interesse nazionale.
Infatti a sessant’anni dalla morte, la società italiana deve ancora fare i conti con la sua eredità. A differenza di quanto fatto successivamente, Mattei non aveva privatizzato un’importante industria di Stato facendo diventare l’Italia una grande potenza industriale a pochi anni da una rovinosa guerra perduta.
Il volume contiene i contributi di Alessandro Aresu, Giovanni Buccianti, Giovanni Fasanella, Elio Frescani, Luca Micheletta, Giacomi Pacini e Nico Perrone, in cui sono state analizzate le vicende di Mattei attraverso la chiave dell’intelligence, che il presidente dell’Eni conosceva fin dalla Resistenza e che poi ha utilizzato per espandere l’azienda nel mondo e rispondere alla guerra dell’informazione, scatenata, senza quartiere, contro di lui in Italia e all’estero.
Per il suo ruolo così rilevante, i Servizi segreti lo avevano controllato costantemente: dagli americani ai britannici, dai francesi agli israeliani. E come ha evidenziato il magistrato Vincenzo Calia, uno degli autori del libro, nella vicenda del suo assassinio l’intelligence ha costantemente aleggiato. Nel volume abbiamo messo in luce aspetti ancora sconosciuti. Come le considerazioni del Secret Service di Sua Maestà, evidenziate da Giovanni Fasanella, che avevano considerato Mattei “una escrescenza da rimuovere”, oppure la lettera di Aldo Moro, da me individuata all’archivio dell’Eni di Castel Gandolfo, con la quale un mese prima della morte veniva chiesto a Mattei “un sacrificio per il partito”. E anche un documento inedito dell’intelligence italiana del marzo 1962 rinvenuto da Giacomo Pacini in cui si prevede un possibile sabotaggio all’aereo di Mattei proprio in Sicilia. Queste riflessioni non solo intendono sottrarre la figura di Mattei alle teorie del complotto per indirizzarla verso una più appropriata analisi storica e scientifica ma intendono sottolinearne la straordinaria attualità politica. Il riferimento odierno di Giorgia Meloni si riferisce al tema ineludibile dell’immigrazione, che riguarderà sempre di più anche il nostro Paese e che è la diretta conseguenza degli spaventosi squilibri tra Paesi ricchi e Paesi poveri e che non si può certamente gestire con interventi dimostrativi.
Nello stesso tempo, la vicenda ucraina ha riproposto l’ovvia importanza delle politiche energetiche. Con la sua lungimirante visione dell’interesse nazionale, Mattei attuò una politica energetica che, pur nella cornice delle alleanze internazionali, dialogava con tutti coloro i quali potevano contribuire al bene del Paese.
Pertanto, la sua figura più che al passato, appartiene quanto mai al presente. E averla ricordata nell’occasione dell’insediamento di un governo potrebbe non essere privo di significato.