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Che si dice al Forum filorusso di Verona (che ha traslocato a Baku)

L’evento voluto da Fallico si tiene quest’anno nella capitale azera per permettere la presenza dei fedelissimi di Putin sanzionati dall’Ue. Non poteva mancare Sechin, numero uno di Rosneft, che ha lanciato accuse agli Usa e all’Occidente. Ma non è stato l’unico

Raccontano che l’oligarca russo Igor Sechin, uno dei fedelissimi del presidente Vladimir Putin e amministratore delegato del colosso petrolifero Rosneft, tenesse moltissimo a partecipare al Forum Economico Eurasiatico di Verona. Si tratta della conferenza di due giorni (ieri e oggi) organizzata dall’Associazione Conoscere Eurasia, guidata dal suo amico Antonio Fallico, che è presidente di Banca Intesa Russia, oltreché console onorario della Federazione Russa a Verona dal 2008. Ma, già sanzionato dagli Stati Uniti dal 2014, Sechin è finito nella lista nera dell’Unione europea dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Anche questo ha portato al trasloco della manifestazione da Verona a Baku, capitale dell’Azerbaijan, come raccontato su Formiche.net nelle scorse settimane. Tra gli ospiti, anche Sergey Razov, ambasciatore russo in Italia.

Pochi gli italiani presenti, nessun esponente del governo attuale presieduto da Giorgia Meloni né di quello precedente guidato da Mario Draghi. È intervenuto Vito Petrocelli, ex senatore del Movimento 5 Stelle e già presidente della commissione Esteri di Palazzo Madama, noto per le sue posizioni filorusse e filocinesi. “Prima giornata del Forum Economico Eurasiatico di Verona, ospitato quest’anno dalla città di Baku in Azerbaijan. Ciò consente anche la partecipazione di relatori russi”, ha scritto su Twitter. Parole che rappresentano la linea degli organizzatori, che puntano il dito contro l’Unione europea e le sanzioni sostenendo che il trasloco sia una grave perdita per l’Italia e il suo prestigio internazionale.

Perché Baku? “Perché storicamente e culturalmente si trova al centro dello spazio tra l’Atlantico e il Pacifico e perché l’Azerbaijan è il crocevia per gli scambi tra Europa e Cina ed Asia meridionale e Russia”, ha spiegato Fallico. “Il Paese ha un accordo di partenariato e cooperazione con l’Unione europea dal 1999”, ha ricordato sottolineando anche il Memorandum d’intesa sul partenariato strategico nel campo dell’energia firmato a luglio dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e dal presidente azero Ilham Aliyev”. Dichiarazioni che sembrano confermare una scelta giocata sull’ambiguità dell’Azerbaijan, fornitore europeo guidato da un autocrate, per “dare una lezione” all’Unione europea.

Tra gli altri italiani presenti: l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi (in collegamento), che non ha mancato di sottolineare come la pace debba essere “il nostro obiettivo principale”; Pino Arlacchi, che da europarlamentare nel 2013 aveva difeso le elezioni in Azerbaijan come “libere, eque e trasparenti” contrariamente a quanto sostenuto da diverse organizzazioni tra cui l’Ocse e Human Rights Watch; Giorgio Bianchi, giornalista, già candidato nella lista Italia sovrana e popolare, che nei mesi scorsi ha intervistato Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, scambiando con lei battutine e risate sulla situazione internazionale, senza risparmiare critiche all’Occidente ed elogi all’invasione russa dell’Ucraina; Alessandro Bianchi, amico di Alessandro Di Battista e direttore del sito l’Antidiplomatico, considerato il megafono del Movimento 5 Stelle per la propaganda di Putin in Italia.

Poco spazio agli scambi economici eurasiatici nel discorso di Sechin, che è stato in larga parte dedicato ad attaccare l’Occidente e gli Stati Uniti. “Non appena gli Stati Uniti hanno parlato di price cap, l’Unione europea si è messa all’opera. Vogliono limitare i prezzi a seconda del livello dei rapporti con il Paese fornitore”, ha detto. “È un attentato non solo al mercato ma anche alla sovranità. Abrogare i diritti sovrani dei Paesi sulle risorse di cui dispongono”, ha continuato. La causa dell’attuale crisi energetica “non è la situazione in Ucraina né la pandemia, ma il deficit degli investimenti dovuto a una politica irresponsabile e avventuristica sui temi della velocità della transizione verde e sulla sanzioni contro la Russia”, ha accusato Sechin puntando il dito contro le sanzioni. Sechin ha poi letto il messaggio di saluto del presidente Putin: secondo Putin “la Russia intende fare immani sforzi per realizzare un spazio comune di pace e prosperità in Eurasia”. Per questo, “un dialogo aperto è molto importante mentre il mondo sta subendo una trasformazione, cercando un ordine multipolare molto più giusto basato su sovranità, parità e rispetto reciproco”.

Sechin, che ha anche trovato lo spazio di dichiarare il suo sostegno alla linea della leadership cinese su Taiwan (riferimento non casuale, visto che la Russia rivendica territori dell’Ucraina), non è stato l’unico manager russo a tuonare contro la reazione compatta dell’Occidente all’invasione russa dell’Ucraina. “Siamo nella fase finale del suicidio energetico dell’Europa”, ha sostenuto il vice ministro degli Esteri russo Alexander Grushko, nel suo intervento alla XV edizione del Forum economico eurasiatico, in corso a Baku. “Se il gas russo non torna sul mercato sarà difficile stabilizzare il mercato”, ha dichiarato Leonid Mikhelson, presidente di Novatek, secondo più grande produttore di gas naturale della Russia. Il prossimo anno “sarà più complesso perché gli stoccaggi, per esempio quelli europei, non sapranno come riempirli”, ha avvertito. La rimozione delle maggiori banche russe dal sistema di comunicazione interbancaria Swift “dimostra in realtà l’inaffidabilità di questo canale e l’importanza delle infrastrutture nazionali e della possibilità di utilizzarle”, ha sostenuto Andrey Kostin, presidente e amministratore delegato della banca Vtb, colpita dalle sanzioni europee ed esclusa da Swift.


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