Il governo del cancelliere Scholz deve evitare l’isolamento all’interno dell’Europa, mantenendo però le proficue relazioni commerciali con Pechino. Parigi tenta la carta italiana per segnalare a Berlino la sua insoddisfazione. Sullo sfondo, modelli di globalizzazione differenti. L’opinione di Jacob Ross (Dgap)
Tra vertici cancellati, discussioni sul tetto al prezzo del gas e battibecchi sulle armi europee o statunitensi, Berlino e Parigi non riescono ad andare d’accordo. Le ultime notizie sono quelle della cessione di una grossa porzione del porto di Amburgo a capitali cinesi (mossa non poco criticata all’interno della Repubblica Federale), e la visita del cancelliere Olaf Scholz a Pechino la prossima settimana. Di cosa parleranno Xi Jinping e il cancelliere tedesco? Qual è lo stato dei rapporti con la Francia di Emmanuel Macron? C’è un ruolo italiano nella questione? E gli Stati Uniti? Ne abbiamo discusso con Jacob Ross, esperto del German Council on Foreign Relations.
Di cosa parleranno Olaf Scholz e Xi Jinping durante l’incontro di settimana prossima?
Immagino che si parlerà di come la Germania si posizionerà nei confronti della Cina in quello che appare sempre più un mondo bipolare, con gli Stati Uniti che esercitano pressioni sugli Stati europei affinché scelgano da che parte stare. In più con la nuova strategia di sicurezza nazionale Usa che definisce chiaramente la Cina come una minaccia strategica. La Germania vede la Cina come una potenziale sfida, ma anche come un partner, proprio perché la Cina è così importante per l’industria tedesca, in particolare per l’industria automobilistica.
Da un’ottica franco-tedesca, Macron ha chiesto al Cancelliere se potessero andare entrambi, magari con la von der Leyen, per ottenere l’effetto di un’Unione Europea più forte. La proposta è stata declinata e Scholz andrà con una nutrita delegazione di amministratori delegati dell’industria. Penso quindi che questa sia già una dichiarazione alla Cina da parte della Germania, che non è desiderosa di coordinarsi con i suoi partner europei preferendo i contatti bilaterali.
C’è il rischio per la Germania di rimanere isolata all’interno dell’Unione Europea?
Sì. Credo che il vertice europeo sull’energia di due settimane fa abbia già dimostrato che questo è un pericolo reale. Penso all’episodio di Macron quando ha annunciato come prima cosa che aveva parlato con il Portogallo e la Spagna, i quali avevano cancellato il progetto di gasdotto MidCat. Progetto che era stato negoziato dal Cancelliere Scholz con il governo spagnolo. Quindi sì, penso che il pericolo sia reale. Non saprei quale potrebbe essere l’alternativa, quale nuova coalizione potrebbe emergere. In Germania è stato notato con grande interesse il fatto che Macron abbia incontrato Giorgia Meloni subito dopo il suo insediamento.
Già a novembre, quando fu firmato il Trattato del Quirinale tra Francia e Italia, c’era tanta attenzione tedesca e forse una certa gelosia per quello che era il rapporto Francia-Italia. La visita di Macron a Roma è stato un tentativo di segnalare alla Germania che la Francia ha delle alternative con il nuovo governo italiano. Ma da qui non discende un isolamento, solo Parigi che si lamenta con Berlino di coordinarsi maggiormente, sia a livello bilaterale sia comunitario.
Pensa che ci sia uno spazio che l’Italia possa sfruttare?
Sì, assolutamente. Credo che ci sarà sicuramente spazio oltre alla coppia franco-tedesca nell’Unione Europea. Soprattutto ora che gli altri Stati membri sono abbastanza stufi di aspettare le decisioni franco-tedesche, in attesa del prossimo incontro al vertice, che viene cancellato all’ultimo minuto. Probabilmente, un governo più filo-europeo in Italia potrebbe giocare un ruolo molto più importante di quello che sta svolgendo attualmente, perché potrebbe essere alla guida di quello che viene percepito come uno spostamento verso l’Europa dell’Est.
Non vedremo più un direttorato franco-tedesco nei prossimi anni?
Non so, il vertice si terrà a gennaio e credo che molti a Berlino abbiano sottovalutato le ripercussioni che il rinvio ha comportato. Si sono spaventati e sono scesi a compromessi e hanno spinto, per esempio, sui progetti di difesa, come il Fcas. Altro esempio, il Cancelliere Scholz ha mantenuto la linea sull’acquisizione di Cosco ad Amburgo. Quindi non sarei troppo sorpreso se dal vertice di gennaio non uscisse nulla di sostanziale. Ma sarebbe un segnale davvero devastante. Non solo perché si tratta di un incontro che è già stato rinviato tre volte, ma anche perché è il 60° anniversario del trattato dell’Eliseo.
Vedo che nel Parlamento francese e nel dibattito pubblico sui media francesi, ci sono molte voci critiche sulla Germania. Sui progetti comuni franco-tedeschi, non solo per quanto riguarda la difesa, ma anche la più ampia cooperazione economica, la politica energetica. Quindi anche se Macron portasse a casa un buon risultato dall’incontro, farebbe comunque i conti con un opinione pubblica non dico ostile alla Germania, ma sicuramente non favorevole alla cooperazione tout court.
In ottica strategica, la Germania sta rinunciando ai legami con la Russia e sta accogliendo varie richieste statunitensi. È un modo per avere in cambio maggiore libertà di fare affari con la Cina?
Non ne sono sicuro. Se prendiamo il sostegno all’Ucraina, per esempio, ci sono molte critiche, non solo dagli Stati Uniti, ma anche dall’opinione pubblica internazionale, che la Germania non stia facendo abbastanza. Mi faccia dire a proposito che la Francia sta facendo addirittura di meno, ma non riceve la stessa quantità di critiche. Stessa cosa per l’obiettivo di spesa militare al due per cento. Voglio dire, avere una spesa per la Difesa al 2% nel 2024 sembra un obiettivo fuori portata in questo momento, anche con i cento miliardi di fondi extra. Oltretutto, se entreremo in recessione sarà difficile convincere il Parlamento a mantenere questo livello di spesa.
Sarei abbastanza sorpreso se la Cancelleria e l’attuale governo andassero a Washington a fare questo ragionamento. Non credo siano nella posizione di impegnarsi in un gioco del genere, forse lo sarebbero se facessero di più contro la Russia.
Da una parte la Francia rappresenta il protezionismo economico contro gli estremi della globalizzazione. Dall’altra la Germania vede ogni ostacolo alla globalizzazione come una minaccia. È d’accordo?
Sì, sono d’accordo sul fatto che la Germania ha ricevuto grossi benefici dalla globalizzazione e dal libero scambio senza restrizioni. Penso che sia una delle economie più aperte del mondo, molto dipendente dalle esportazioni, mentre i Francesi lo sono molto, molto meno. I francesi sono scettici, non solo in termini di commercio, ma anche culturalmente. Voglio dire, forse è un argomento difficile da sostenere, ma non sono così entusiasti di internazionalizzare tutto.
Zeitenwende, la parola che designa il cambio di rotta nella politica di sicurezza della Germania, è stata utilizzata dal Cancelliere nel suo discorso del 27 febbraio, appena tre giorni dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Credo che per quanto riguarda le politiche economiche, sia assolutamente la stessa cosa: la Germania è costretta al decoupling per essere meno dipendente dalle forniture energetiche russe, ma anche per impedire l’invio di tecnologia proprio in Russia. Molti esperti ritengono che questo si ripeterà con la Cina nel giro di un paio d’anni e non credo che l’economia tedesca sia pronta per questo. Non credo che il governo tedesco sia ancora pronto a spiegare all’elettorato che questa cosa avrà effetti massicci sulla ricchezza e sui modelli economici tedeschi. Su questo punto invece penso che i francesi si sentano molto preparati ad affrontare ciò che sta per accadere.