Lo scontento sociale nei confronti del governo francese aumenta. Allo stop delle raffinerie della Total Energies, si sono uniti gli insegnanti e il settore trasporti. Mentre l’opposizione…
Aumentano lo scontento sociale e i problemi per il governo di Emmanuel Macron in Francia. Dopo settimane di scioperi delle raffinerie e i distributori di benzina del Paese, a fermarsi sono i trasporti e gli insegnanti.
L’aumento dei prezzi e la crisi energetica hanno provocato la paralisi di tre raffinerie (su sette) della Total Energies. Eric Sellini, coordinatore della Conferenza Generale del Lavoro, il sindacato del gruppo petrolifero, ha confermato che si sono fermati i lavori anche in cinque grandi magazzini dell’azienda.
Lo sciopero, come riferisce France 24, ha generato gravi ritardi nell’operatività del settore nucleare, con conseguenze dirette nei servizi della Électricité de France (Edf). Il 50% delle 18 centrali elettriche francesi subisce gli effetti dei reattori fermi per lo sciopero, tra cui problemi nella produzione e nel mantenimento del servizio elettrico.
Il Ministero della Transizione Energetica francese ha informato che circa il 30% dei distributori di benzina del Paese sono in difficoltà con i rifornimenti e i problemi non saranno risolti prima della prossima settimana.
Di fronte alla mancanza del combustibile, il governo ha deciso di intervenire, costringendo ai lavoratori di un magazzino della Total Energies a Dunkerque, al nord della Francia, a rientrare al lavoro. La misura di obbligatorietà sarebbe prevista per un altro stabilimento a Feyzin, nel sudest del Paese.
Bruno Le Maire, ministro dell’Economia, ha denunciato la posizione di molti sindacati, sostenendo che è illegittimo continuare con il blocco delle raffinerie: “Il tempo dei negoziati è finito. Ci sono stati negoziati, c’è stato un accordo, per cui il voto della maggioranza deve essere rispettato. In una democrazia, incluso nella socialdemocrazia, non è la minoranza a dettare legge alla maggioranza”.
Alla fine della scorsa settimana, il sindacato Cgt non ha voluto firmare l’accordo raggiunto tra la direzione della Total Energies e altri due sindacati, Confédération française démocratique du travail (Cfdt) e la Confédération Française de l’Encadrement – Confédération Générale des Cadres (Cfe-Cgc). L’accordo prevede un aumento del 5% dello stipendio per operai e tecnici e del 3,5% per i dirigenti, più un bonus di un mese di stipendio.
Tuttavia, la Cgt contesta che l’aumento deve essere del 10%, per contrastare l’inflazione e rendere partecipi i lavoratori dei benefici economici ottenuti dall’impresa: 5,8 miliardi di euro soltanto nel secondo trimestre di quest’anno.
Secondo France 24, la Cgt è la grande protagonista della pressione contro il governo Macron. Accusa l’esecutivo di non dare risposta alla crisi dei prezzi e l’inflazione con un riequilibrio degli stupendi, ma anche di volere portare avanti riforme inopportune, tra cui quella delle pensioni.
Jean-Luc Melenchon, leader del partito di opposizione La France Insoumise ha partecipato insieme ad Annie Ernaux, Premio Nobel per la Letteratura, a una protesta contro l’inflazione e la mancanza di iniziative del governo per combattere il cambiamento climatico. Alla manifestazione intitolata “Marcia contro la carestia della vita” hanno partecipato circa 30.000 persone secondo le forze di sicurezza. Per gli organizzatori, invece, erano 140.000.
Allo sciopero del settore energetico si sommano le scuole e i trasporti. La compagnia ferroviaria Sncf si è fermata così come l’impresa di trasporto pubblico di Parigi Ratp. Non circolerà un terzo dei treni e degli autobus non circolerà, mentre sono state cancellate le lezioni della scuola primaria, secondaria e i licei professionali.