Bisogna affiancare ai poteri speciali uno strumento di politica attiva per aiutare “chi vuol fare”, spiega il ministro delle Imprese. Sarebbe il primo, forte segnale di discontinuità rispetto al governo Draghi in campo industriale (e anche Giorgetti potrebbe essere d’accordo)
Quello degli indennizzi per le aziende “colpite” del Golden power è un “punto chiave che stiamo studiando alla luce di una visione strategica”, ha spiegato Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del made in Italy. “L’ho detto da presidente del Copasir nei documenti ufficiali al Parlamento convinto già allora che ogni azione a tutela della sicurezza nazionale deve sempre tenere conto anche delle sue conseguenze economiche e produttive e quindi sociali”, ha dichiarato al Sole 24 Ore. Da presidente del Copasir nell’ultimo anno della precedente legislatura, Urso aveva “indicato la necessità che accanto alla Golden power fosse individuato uno strumento di politica attiva” per “consentire alla azienda di raggiungere comunque i suoi obiettivi, con il supporto di appositi strumenti pubblici nella logica che sempre ci muoverà di non ostacolare ma anzi di aiutare chi vuol fare”.
Nei documenti del Copasir, come ha ricordato Urso al Sole 24 Ore, veniva individuata Cassa depositi e prestiti. È “indispensabile sostenere la filiera produttiva italiana, non solo attraverso l’ombrello protettivo dell’esercizio dei poteri speciali ma anche per mezzo dello stimolo finanziario che un investitore istituzionale come Cassa depositi e prestiti è in grado di porre in essere”, si legge nella Relazione sull’attività svolta dal 10 febbraio al 19 agosto 2022 firmata dallo stesso Urso. “La finalità di tali interventi è duplice: a protezione di interi settori dell’economia nazionale e del correlato perimetro occupazionale ma anche al fine di garantire una presenza strategica del Paese in alcuni ambiti di assoluto rilievo che sono teatro di competizione geopolitica sul piano internazionale”, recita ancora il documento.
Come ha spiegato nei giorni scorsi Bernardo Argiolas, coordinatore dell’Ufficio Golden power all’interno del Dipartimento per il coordinamento amministrativo di Palazzo Chigi, lo strumento del Golden power non è stato soltanto cambiato ma è stato “rivoluzionato” negli ultimi tempi. Semplificare e rendere prevedibile l’attività sono stati i due principi che hanno guidato il governo presieduto da Mario Draghi nell’aggiornamento della normativa e della struttura competente.
Roberto Chieppa, segretario generale della presidenza del Consiglio, aveva illustrato la direzione intrapresa intervenendo pubblicamente anche sull’ipotesi di possibili misure di indennizzo in favore dei proprietari delle aziende su cui scattano il veto o prescrizioni che inducono a rinunciare a un’operazione notificata ai sensi della normativa sui poteri speciali. Aveva detto no. Meglio, piuttosto, “aumentare la prevedibilità delle decisioni può consentire alle imprese di meglio orientare i propri investimenti e assumere scelte compatibili con l’interesse nazionale”. L’allora segretario generale di Palazzo Chigi, che per 7 anni ha occupato lo stesso incarico all’Antitrust, aveva poi invitato a “rifuggire dalle tentazioni dirigistiche” sottolineando che “il Golden power non è uno strumento di politica industriale” ed evidenziando la “necessità di essere un Paese attrattivo per gli investimenti esteri”.
In precedenza, della questione si era parlato dopo lo stop del governo Draghi a un affare “cinese”, quello che riguardava il produttore di semiconduttori Lpe. L’azienda aveva scritto una lettera al presidente Draghi e a Giancarlo Giorgetti, allora ministro dello Sviluppo economico oggi all’Economia, lamentando la “natura espropriativa” del decreto. “L’idea di offrire un risarcimento finanziario punta a limitare il ricorso ai tribunali e ad aiutare il governo a difendersi dalle accuse di privare gli azionisti dei loro diritti”, aveva riportato l’agenzia Reuters citando le due fonti anonime.
Oggi Urso e Giorgetti si trovano a gestire i dossier relativi al Golden power in coordinamento con Palazzo Chigi. Chissà che l’idea di indennizzi alle aziende “colpite” dalla normativa sui poteri speciali non torni in auge. Sarebbe un primo, pesante segnale di discontinuità del governo di Giorgia Meloni rispetto a quello di Draghi.