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Nasce il governo Meloni, Polonia e Italia andranno a braccetto. Parola di Fogiel (PiS)

Di Giulia Gigante

Abbiamo incontrato Radosław Fogiel, parlamentare e portavoce di Diritto e Giustizia, vicinissimo a Kaczyński (essendo stato direttore del suo ufficio parlamentare). Dal concetto di europeismo rielaborato dal PiS alla battaglia con Bruxelles sullo stato di diritto, il governo polacco ripone nella squadra di Giorgia Meloni grandi aspettative. “Insieme potremo riformare l’Europa. Finora il patto degli altri partiti ci ha escluso”

Radosław Fogiel mi accoglie nel suo ufficio, giusto al secondo piano della sede di Prawo i Sprawiedliwość, situata in un angolo tranquillo della Nowogrodzka. Un edificio lontano da qualsiasi segno di magnificenza architettonica, essenziale come i simboli che tappezzano le stanze e i corridoi, dove svettano l’aquila bianca e la foto di Jarosław Kaczyński sulla copertina del Sieci. Qui, dove tutto viene tramutato in storia e mito, il fidatissimo di Kaczyński accetta volentieri di rispondere alle domande di Formiche.net. E lo fa senza tentennare su nulla, nemmeno sulle questioni che alimentano l’incendio dialettico che divampa in Polonia…e non solo.

Evitiamo di girarci attorno. Come interpreta il concetto di “europeismo”? È solo un canale utile a consolidare un’alleanza strategica con gli Stati Uniti o qualcosa di più?

Attualmente è in corso una disputa tra due modi di percepire l’Europa: da un lato l’Europa come continente, quindi come un popolo che condivide storia, tradizioni, valori cristiani; d’altra parte, l’Europa come 27 paesi che costituiscono un’unione. Sebbene l’Ue sia utile come organizzazione, penso che quando parliamo di europeismo, dovremmo concentrarci sull’essere europei in un senso più ampio, e questo a volte può entrare in conflitto con l’idea di Ue. La maggior parte dei partiti conservatori crede che ci sia della bellezza in tradizioni, opinioni, culture diverse, mentre alcuni burocrati ritengono che tutto dovrebbe essere unificato e posto sotto un’unica governance e che dovremmo finalmente formare una sorta di superstato europeo, non uno stato federale perché anche le entità federali hanno una sorta di libertà e accordi separati.

Ciò che è importante per noi è una riforma dell’Ue, per riportarla al suo scopo originario: l’Europa come mezzo per unire le persone e consentire il libero scambio e la libera circolazione. Arricchire l’Europa invece di creare ulteriori problemi e conflitti. In questa luce, gli Stati Uniti non sono un paese con cui dovremmo combattere, ma piuttosto un paese con cui dovremmo competere. Questo vale soprattutto per l’area della difesa: l’idea di creare una difesa comune dell’Ue non è da intendersi come in conflitto con il potere della Nato, ma piuttosto come qualcosa in linea con essa, che mira principalmente a rafforzare la famiglia europea.

Considerati gli ultimi eventi, il gruppo dei Conservatori e dei Riformisti europei come intende agire? Quale ruolo giocherà Diritto e Giustizia al suo interno e quali sono le vostre priorità?

Ci sono due priorità principali, cercare di rivedere ciò che l’Ue rappresenta al giorno d’oggi, a volte dicendo basta quando le cose vanno troppo oltre, e allo stesso tempo, dobbiamo tenere a mente che il campo di battaglia non è uniforme. È più difficile per la nostra politica raggiungere gli obiettivi prefissati perché il gioco è in qualche modo il seguente: puoi essere la terza o la quarta fazione più grande nel Parlamento europeo, ma verrai comunque trattato come ‘un invisibile’ o come una piccola realtà quando si tratta di condividere alcune posizioni su una determinata questione perché c’è un altro accordo fatto sotto il tavolo più grande e tra giocatori più grandi. Ed è qui che entra in gioco la nostra seconda priorità: finché non avremo la maggioranza politica in Europa, non saremo in grado di raggiungere i nostri obiettivi e di completare la nostra agenda. Il vero vulnus sono il Consiglio e la Commissione dell’UE: finché non avremo governi conservatori in più della metà dei paesi come principali decisori, saremo sempre Davide contro Golia. Ecco perché siamo contenti dei risultati delle elezioni svedesi e attendiamo con impazienza la nascita del governo Meloni. Mi creda, questo è solo l’inizio.

Riesce a prevedere l’esito dello scontro tra Varsavia e Bruxelles su Pnrr e stato di diritto?

Stiamo cercando di mantenere un dialogo con Bruxelles, anche se non è facile soprattutto se è coinvolto il parlamento dell’Ue, essendo l’organo più politicizzato quando si tratta di prendere decisioni che collegano i fondi europei con gli strumenti di bilancio. Abbiamo cercato di ragionare con le istituzioni europee, tracciando una sorta di linea che non intendiamo oltrepassare. Ad esempio, non vogliamo che il sistema giudiziario si decida a Bruxelles perché nessun trattato attribuisce questa competenza all’Unione. Ogni costituzione nazionale è più importante. Più l’Ue cerca di ottenere maggiore capacità di influenza, maggiore sarà la resistenza che dovrà affrontare. Credo sia chiaro quanto detto da Ursula Von Der Layen a Donald Tusk quando stava lasciando il Ppe: “Spero di rivederti, questa volta come primo ministro polacco”. Ciò significa un’influenza indiretta e un’ingerenza da parte dell’Ue negli affari interni.

Quanto pesa il cattolicesimo nella vostra cultura politica e che tipo di commistione vige tra Diritto e Giustizia e la Chiesa?

Quando si parla di Stato, diciamo subito che la Polonia è un paese neutrale. Abbiamo un accordo con il Vaticano che spiega in maniera esaustiva il rapporto che intercorre tra la Polonia e la Chiesa cattolica. La maggior parte dei polacchi è cattolica e soprattutto prima del 1989 la Chiesa era importante nella nostra vita politica. Allora, la simbiosi era abbastanza forte e anche le opposizioni guidate dagli atei o da alcuni dirigenti di sinistra hanno riconosciuto e accettato il ruolo della chiesa come attore politico. Tutto è cambiato dopo il 1989 perché la Chiesa sentiva di dover interferire o avere voce in capitolo su diverse questioni. Ora abbiamo uno stato democratico e la Chiesa non ne fa parte. La sua influenza riguarda solo i nostri valori in quanto popolo cristiano, a partire dai 10 comandamenti. Come conservatori, cerchiamo di attuare politiche a volte in linea con l’insegnamento cattolico, perché vogliamo proteggere la famiglia e la vita. Questo è il valore della nostra civiltà, che è stata costruita sui capisaldi del cattolicesimo.

E per quanto riguarda i valori del PiS? Quali sono i connotati del vostro indirizzo politico?

Dall’inizio degli anni 2000 abbiamo mantenuto una posizione integerrima contro la criminalità, la corruzione e allo stesso tempo abbiamo sostenuto e promosso la trasparenza nella vita pubblica. La solidarietà è il vero motore dell’agire collettivo della classe dirigente di questo partito, come ha sottolineato il nostro defunto presidente Lech Kaczynski, un valore fondamentale che fa parte dell’insegnamento sociale cattolico. L’abbassamento delle tasse, gli investimenti e tutte le politiche che fanno parte del nostro programma si basano sull’idea che non dovrebbe importare in quale parte della Polonia si vive, da quale background familiare si proviene, quanto si è istruiti, se si vive in una città grande o piccola.

Bisogna trattare i polacchi allo stesso modo e offrire indistintamente le stesse opportunità e la stessa qualità di vita. Ciò può essere ottenuto non solo costruendo autostrade che collegano i grandi centri urbani, ma anche costruendo infrastrutture nei piccoli centri. La modernizzazione della Polonia è un’altra nostra priorità, così come la protezione della sovranità polacca. Per molti anni, alcuni politici hanno sostenuto che dovremmo essere grati di far parte dell’Unione Europea. La vediamo in modo diverso: la Polonia è un grande paese e merita quello che ha conquistato. La nostra economia e le nostre personalità sono forti.

Domanda scomoda: cosa pensa dello Strajk Kobiet e delle rivendicazioni provenienti da molte donne polacche in materia di aborto?

È un tema complesso. La costituzione polacca dice chiaramente che la vita va protetta. Abbiamo le stesse regole sull’aborto da più di 20 anni. Perché il problema viene sollevato in questo momento? Certo, rispetto ad alcuni paesi dell’Ue, la legge sull’aborto in Polonia potrebbe essere percepita come non sufficientemente progressista. L’unico problema con la nostra attuale legislazione è che non era giusto consentire alle donne di abortire ogni volta che si temeva che il neonato fosse disabile o affetto da qualche tipo di malattia. Questo è stato escluso come incostituzionale, quindi abbiamo dovuto cambiarlo. Ma l’aborto è ancora legale in Polonia, ogni volta che si tratta di stupro o incesto. Inoltre, è legale quando la gravidanza minaccia la vita del bambino o della madre e se colpisce la salute fisica o mentale di quest’ultima.

Tuttavia, alcune donne polacche guidate da attivisti di sinistra hanno ritenuto che questa sentenza costituzionale fosse una buona opportunità per sollevare la questione per cambiare la legge sull’aborto in Polonia nel suo complesso. Ma sa, non importa chi è al potere, una riforma in tal senso non può essere approvata e la corte costituzionale è molto severa su questo tema. I gruppi di protesta sono piuttosto presenti sui social media, perciò sono diventati una realtà. Rispetto il loro diritto di protestare, ma alcune di queste manifestazioni si sono rivelate piuttosto volgari e hanno minacciato di attaccare le chiese. Un qualcosa che non possiamo tollerare. Senza contare che molte di queste proteste hanno avuto luogo durante le restrizioni Covid, divenendo una minaccia per la salute pubblica.

Adesso Giorgia Meloni è il Presidente del Consiglio italiano. Con Fratelli d’Italia al governo le relazioni bilaterali tra Italia e Polonia saranno più intense?

Il nostro premier si è congratulato con Giorgia Meloni, subito dopo i risultati. Non vediamo l’ora di lavorare a stretto contatto con lei. Penso che questo sia l’ultimo vertice dell’Ue con i precedenti primi ministri. Dal prossimo, Morawiecki e Meloni combatteranno mano nella mano per tutto ciò in cui crediamo. Sappiamo che a volte le situazioni interne possono complicare le cose, ma abbiamo grandi speranze per la nostra futura cooperazione.

E voi? Riuscirete a vincere le elezioni del prossimo anno?

Partiamo dal presupposto che faremo tutto ciò che è in nostro potere per raggiungere la vittoria. In questo momento, e questo sarà probabilmente il problema principale del prossimo anno e della campagna, ci troviamo di fronte a due sfide: la guerra in Ucraina e la necessità di sostenere Kiev da un lato, nonché la necessità di rafforzare la difesa polacca in termini di equipaggiamento e in termini di personale militare. Questo si collega alla crisi migratoria che abbiamo avuto ai confini bielorussi l’anno scorso, quando Lukashenko ha cercato di mandare illegalmente persone in Polonia per destabilizzare l’equilibrio interno.

Dall’altro lato, c’è la crisi economica mondiale derivante dalla pandemia e che è stata esacerbata dall’inflazione seguita alla guerra in Ucraina. La cosa buona è che siamo riusciti a mantenere il nostro tasso di disoccupazione molto basso. Quando abbiamo vinto le elezioni nel 2015, il tasso di disoccupazione era circa del 10-12%. Siamo stati in grado di mantenerlo intorno al 3-4% per oltre un anno. Se vinceremo le elezioni, affrontare queste questioni sarà la nostra priorità, insieme all’incremento dello sviluppo economico, cercando di investire in diverse aree per arricchire il nostro Paese. Dobbiamo continuare a inseguire modelli più sviluppati di noi, raggiungere il livello di ricchezza di paesi come Spagna e Italia. Inizieremo da lì.

(Foto dal profilo Facebook di Radoslaw Fogiel) 


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