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Cosa significa per l’Italia il bando Usa a Huawei e Zte

La Fcc sembra aver deciso: vietate tutte le vendite di apparecchiature dei due fornitori cinesi per motivi di sicurezza nazionale. Dopo il lavoro del governo Draghi con il golden power, ora palla al prossimo esecutivo a guida Meloni

Jessica Rosenworcel, presidente della Federal communications commission degli Stati Uniti, sembra aver deciso: al bando tutte le vendite di apparecchiature per telecomunicazioni delle cinesi Huawei e Zte negli Stati Uniti per motivi di sicurezza nazionale. La settimana scorsa ha trasmesso la proposta di divieto agli altri commissari per l’approvazione finale che dovrebbe avvenire entro metà di novembre, termine fissato dal Congresso e da un executive order del presidente Joe Biden. “La Fcc rimane impegnata a proteggere la nostra sicurezza nazionale assicurando che le apparecchiature di comunicazione non affidabili non siano autorizzate per l’uso all’interno dei nostri confini, e stiamo continuando questo lavoro”, ha dichiarato giovedì.

Nel giugno 2021, l’organismo ha votato a favore di un piano per vietare l’approvazione ad apparecchiature per le reti di telecomunicazione statunitensi da parte di aziende cinesi considerate minacce per la sicurezza nazionale, tra cui Huawei e Zte. Ciò è avvenuto dopo l’inserimento, nel marzo 2021, di cinque aziende cinesi nella cosiddetta covered list in quanto considerate una minaccia alla sicurezza nazionale. Si tratta di Huawei, Zte, Hytera Communications, Hangzhou Hikvision Digital Technology e Zhejiang Dahua Technology.

Festeggia Mark Warner, membro di spicco del Partito democratico e presidente della commissione Intelligence del Senato. Il senatore ha accolto con favore il fatto che l’organismo abbia “finalmente compiuto questo passo per proteggere le nostre reti e la sicurezza nazionale”. Quest’anno nello stesso elenco sono state inserite altre società: la russa Kaspersky Lab e le cinesi China Telecom Americas, China Mobile International, Pacific Networks Corp e China Unicom.

Nei mesi scorsi l’ambasciata cinese a Washington ha accusato la Federal Communications Commission di aver “abusato” dei propri poteri e attaccato gli operatori di telecomunicazioni cinesi “ancora una volta senza basi concrete”. Il divieto segna il culmine di anni di avvertimenti da parte di esperti di sicurezza, analisti e agenzie di intelligence sul fatto che il governo cinese potrebbe utilizzare apparecchiature di telecomunicazione di produzione cinese per spiare gli americani.

Ma non soltanto gli americani. Simili avvertimenti sono arrivati anche agli alleati degli Stati Uniti. Il governo britannico ha deciso rimuovere tutte le apparecchiature Huawei dalle reti 5G entro la fine del 2027. A fine 2019 il Copasir aveva invitato il governo italiano a bandire i fornitori cinesi di 5G. L’Italia non ha mai scelto la strada del divieto ma ha preferito una soluzione composta da due elementi: il Perimetro di sicurezza nazionale cibernetica sotto l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale e il rafforzamento della normativa Golden power. Ai sensi di quest’ultima, nelle scorse settimane il presidente del Consiglio uscente Mario Draghi ha esercitato i poteri speciali con prescrizioni ai piani annuali 5G delle società operanti in Italia.

La decisione dell’amministrazione americana a guida democratica non può che riguardare anche l’Italia, data l’attenzione che gli Stati Uniti pongono sulla sicurezza dello scambio di informazioni tra Paesi alleati. Palla, dunque, al prossimo governo di centrodestra con primo partito Fratelli d’Italia, di cui è influente membro il senatore Adolfo Urso, presidente del Copasir nella precedente legislatura.

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