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Perché Borrell ha bacchettato i diplomatici europei

Lentezza comunicativa interna, perdita di terreno rispetto a russi e cinesi sulla guerra dell’informazione, scarsa capacità di adeguamento alle nuove dinamiche geopolitiche. Questi gli elementi che l’Alto Rappresentante per la politica estera dell’Ue vuole correggere per avere un corpo diplomatico all’altezza delle sfide correnti

Josep Borrell, l’alto rappresentante  per la Politica Estera e di Sicurezza (CFSP), è intervenuto lunedì all’annuale conferenza degli ambasciatori dell’Unione Europea, quest’anno intitolata “new frontiers of diplomacy”. Borrell ha colto l’occasione per redarguire il corpo diplomatico presente, che a suo dire sconta alcune colpe, tra cui la lentezza nell’informare il vertice politico, la scarsa efficacia nella comunicazione al pubblico, un retaggio culturale eurocentrico e, soprattutto, una difficoltà nel comprendere le nuove dinamiche geopolitiche mondiali.

L’Alto Rappresentante ha parlato di come il forum di quest’anno si concentrerà sui temi dell’energia e della crisi climatica, della disinformazione, delle interferenze straniere nei processi politici interni, della rivoluzione digitale, della diversità e inclusione. “Un mondo di radicale incertezza” – ha detto riferendosi al contesto geopolitico in cui si muove oggi l’Ue – “(in cui) i cigni neri saranno la maggioranza.”

Un passaggio centrale del discorso è stato quello in cui l’oratore si è concentrato su come l’Europa abbia basato la propria prosperità sull’energia a basso prezzo russa, e sul lavoro a basso prezzo cinese. Oggi non può più essere così: il gas Russo e l’enorme mercato cinese non sono più disponibili. Bisogna pensare a nuovi modelli alternativi, per quanto gli aggiustamenti produrranno una generale ristrutturazione dell’economia del continente, non saranno semplici e provocheranno problemi politici.

Sul lato della strategia, ha proseguito Borrell, abbiamo delegato la nostra sicurezza agli Stati Uniti. Se la cooperazione con l’amministrazione Biden è stata eccellente, basta pensare a soli tre anni fa per ricordarsi quanto fossero tesi i rapporti transatlantici sotto Trump. “Chi sa cosa succederà tra due anni, o addirittura a novembre?”. La questione securitaria non si limita all’Ucraina, ma esiste in tutto il Mediterraneo, nel Nord Africa, nel Sahel, solo per citare alcuni esempi.

Ulteriore enfasi è stata posta sullo scontro tra democrazie e autocrazie. “Il mondo si sta strutturando intorno a questa competizione, che ci piaccia o meno. Le due grandi potenze competono su questo, e questa gara plasmerà l’ordine mondiale”. E ancora più importante “Non possiamo dire che noi siamo le democrazie e quelli che ci seguono sono democrazie. Semplicemente non è vero. (…) L’autoritarismo si sta sviluppando fortemente purtroppo. Talvolta veste ancora gli abiti della democrazia, anche se non lo è più.”

Altra caratteristica del mondo delineato da Borrell è il rendere qualsiasi cosa un’arma: l’energia, gli investimenti, l’informazione, i flussi migratori, i dati. Questo produce scontri per l’accesso ai domini strategici come il cyber, i mari, lo spazio. “Credo che dovremmo pensare in termini più politici, essere più proattivi, più reattivi. Dobbiamo capire le connessioni tra tutti questi problemi. Operiamo ancora per compartimenti stagni, ve lo assicuro, io dovrei essere il ponte di contatto tra la Commissione e il Consiglio.”

Borrell si è poi soffermato su una dimensione culturale che, a suo parere, gli alti funzionari e i corpi diplomatici europei dovrebbero abbandonare. Ha evidenziato come il pensiero di queste burocrazie sia eccessivamente intriso di eurocentrismo, concentrandosi sugli standard da produrre e sulle policies da elaborare, ma senza domandarsi se il resto del mondo sia interessato o pronto  a recepire queste azioni. “Questo è il nostro modello, è quello migliore, quindi dovete seguirlo. Per ragioni culturali, storiche ed economiche, questo modo di operare non è più accettato”.

Infine lo speaker si è concentrato su un punto essenziale del suo intervento, ovvero la prontezza e le doti comunicative delle delegazioni diplomatiche europee. Borrell si è lamentato di dover spesso apprendere gli avvenimenti dalla stampa invece che dai propri funzionari, i cui report arrivano con lentezza. “ A volte leggo di qualcosa che è successo e chiedo ‘cosa ne dice la nostra delegazione?’ e la risposta è ‘per il momento niente’. Dovete essere in grado di operare 24 ore su 24.”

Questione collegata è quella della comunicazione verso il pubblico. Secondo Borrell, alcune delegazioni non si curano particolarmente di far circolare le notizie che arrivano dal vertice, che invece dovrebbe essere un’attività cruciale per “conquistare i cuori e le menti” delle persone come fanno molto bene le controparti cinesi e russe, che utilizzano veri e propri sistemi ad hoc per trasmettere messaggi e raggiungere la più ampia fetta di popolazione possibile. “Non stiamo vincendo questa battaglia perché non combattiamo abbastanza. Non capiamo nemmeno che è una battaglia. (…) Mi serve che le mie delegazioni stiano un passo avanti in televisione, nei dibattiti, sui social media. Che rilancino tutti i messaggi della European External Action”.

Insomma, una lavata di capo e un bagno di realtà per i diplomatici dell’Unione. Il messaggio dell’Alto rappresentante mostra che anche le burocrazie europee si stanno orientando verso il cambio di paradigma dell’ordine mondiale, nella direzione di una maggiore consapevolezza delle dinamiche geopolitiche e nell’abbandono dei modelli concettuali non più utili per comprendere il mondo, né per competere in esso.


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