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Bruxelles inasprisce la linea nei confronti di Pechino, e si allinea agli Usa

Rafforzare le difese contro le minacce informatiche e non solo, diversificare le catene di approvvigionamento e approfondire i legami con altre potenze indo-pacifiche. Un documento dei ministri degli Esteri dei Paesi membri dell’Unione europea consiglia di adottare una posizione più dura con la Cina

Mentre il vertice del Partito Comunista Cinese è impegnato nel Congresso, l’Unione europea si riunisce per discutere quale politica comune tenere nei confronti della Cina. L’idea è guardare Pechino come un concorrente a tutto campo, dall’economia alla tecnologia, mantenendo però alcuni rapporti di cooperazione su temi di interesse.

Secondo il documento del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae), riferito dal Financial Times, “l’Unione europea dovrebbe identificare e affrontare le sfide derivanti dalla politica estera cinese […] Le attività e le posizioni della Cina nelle organizzazioni multilaterali esemplificano la sua determinazione a promuovere sistematicamente una visione alternativa dell’ordine mondiale”. Concetti che riecheggiano la Strategia di sicurezza nazionale appena pubblicata dagli Stati Uniti.

L’obiettivo, dunque, è “ampliare la divergenza tra le scelte e le posizioni politiche della Cina e delle nostre […] Sebbene l’attuale strategia dell’Ue sia ancora valida, la Cina è diventata un concorrente globale ancora più forte per l’Ue, gli Stati Uniti e altri partner che la pensano allo stesso modo”.

Il documento sottolinea l’inasprimento delle relazioni tra l’Ue e il governo cinese da quando è stata concordata la politica da seguire nei confronti di Pechino nel 2019. Da quel momento, i rapporti sono stati segnati da controversie commerciali, sanzioni e una serie di sforzi falliti per trovare aree di mutuo accordo.

E poi ci sono alcune posizioni di Pechino impossibili da ignorare: il sostegno alla Russia nell’invasione dell’Ucraina, le minacce nei confronti di Taiwan, gli abusi contro Hong Kong e contro la minoranza etnica degli uiguri.

Se la Cina non cambia, dovrà cambiare l’Europa nel modo di confrontarsi con la Cina. Per questo tra le nuove linee guida proposte nel documento ci sono l’impegno nel rafforzare le difese dell’Europa contro le minacce informatiche e ibride, diversificare le catene di approvvigionamento, sganciandole dalla Cina, e approfondire i legami con altre potenze indo-pacifiche, nonché lavorare a più stretto contatto con gli Stati Uniti. Infine, il documento dedica un unico paragrafo sulle aree di potenziale cooperazione limitata con la Cina, compresi i cambiamenti climatici, l’ambiente e la salute. Anche qui ricalcando in modo abbastanza fedele l’impostazione statunitense.

A rafforzare la tesi del documento Seae ci sono le parole di Josep Borrell, capo della politica estera dell’Unione europea nel suo intervento agli ambasciatori: “Quando diciamo che la Cina è un nostro rivale, un rivale sistemico, significa che i nostri sistemi sono in rivalità. E i cinesi stanno cercando di spiegare al mondo che il loro sistema è molto migliore. Perché forse non sceglierete il vostro capo di governo, ma avrete cibo, riscaldamento e servizi sociali, migliorerete le vostre condizioni di vita […] Molte persone nel mondo, sì, vanno a votare e scelgono il loro governo, ma le loro condizioni materiali non vengono migliorate. E alla fine la gente vuole vivere una vita migliore”.

Un alto diplomatico europeo ha dichiarato a Politico che “da quando l’abbiamo definito [nel 2019], è ovvio che la terza parte della strategia [“rivalità sistemica”] ha acquisito un certo slancio. Questo non è il momento di cambiare la politica. Questo è un momento per valutare dove siamo, e se la nostra politica è quella corretta… Forse in futuro ci sarà bisogno [di cambiarla]”.


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