Nel suo discorso di 11 anni fa alla Niaf, l’associazione degli italo-americani, l’attuale presidente del Consiglio si rivolgeva a Obama ringraziando gli Stati Uniti per i “continui sacrifici come baluardo contro il terrorismo, campione della democrazia e dei diritti umani”
“Viviamo in tempi difficili”, la crisi che accomuna le due sponde dell’Atlantico “crea insicurezza e preoccupazioni, ma credo anche che sia un’opportunità da sfruttare”. A parlare è Giorgia Meloni, che si rivolge a un’ampia platea di persone impegnate per rafforzare ogni giorni le relazioni politiche, economiche, industriali e culturali tra Italia e Stati Uniti: coloro, dice, che “sono venuti in America per realizzare i loro sogni” e “coloro che sono nati qui e sono italiani nel cuore”.
Il primo saluto di Meloni è al presidente degli Stati Uniti e alla moglie in sala, a cui porge le più sentite condoglianze del governo italiano “per la perdita di vite americane in Afghanistan” e la “più profonda gratitudine” per i “continui sacrifici” degli Stati Uniti “come baluardo contro il terrorismo, campione della democrazia e dei diritti umani.
Afghanistan? Sì, esatto. Perché il discorso, tenuto al gala nella National Italian American Foundation, non è di questi giorni. È del 2011, quando Giorgia Meloni era ministro della Gioventù del governo Berlusconi e alla Casa Bianca c’era Barack Obama.
Ecco il testo del discorso tradotto in italiano da Formiche.net.
Permettetemi innanzitutto di salutare il Presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama, e tutte le autorità che sono presenti con noi oggi.
Signor Presidente, mi permetta di porgerle le nostre più sentite condoglianze per la perdita di vite americane in Afghanistan e la nostra più profonda gratitudine per i vostri continui sacrifici come baluardo contro il terrorismo, campione della democrazia e dei diritti umani – grazie.
La Niaf incarna il meglio di questi valori americani e italiani. E ora un saluto affettuoso e patriottico va al presidente della Niaf, Joseph Del Raso, ai nostri amici e rappresentanti della Niaf, a coloro che sono venuti in America per realizzare i loro sogni e a tutti coloro che sono nati qui e sono italiani nel cuore.
L’integrazione degli italiani nelle loro nuove culture nel mondo è un esempio per tutti. Dimostra come l’attaccamento alla propria patria sia a volte più forte in chi è partito che in chi è rimasto. L’amore per l’Italia ha attraversato i secoli e le generazioni, ma non ha impedito agli italiani di integrarsi pienamente nella loro nuova terra e quindi di diventare veramente italo-americani. Sindaci, governatori, giudici, eroi di guerra, artisti, campioni sportivi e molti altri, nel passato e nel presente, possono vantare radici italiane.
Gli italoamericani sono orgogliosi delle loro radici, della loro cultura e della loro lingua, ed è questo orgoglio che ha spinto molti di loro a non risparmiare sforzi per reintrodurre l’italiano nell’Advanced Placement Program (AP). Vorrei quindi ringraziare la Niaf per il suo ruolo fondamentale in questo senso: senza il vostro aiuto, non avremmo raggiunto questo obiettivo.
Ma per tornare all’integrazione, vorrei dire che questa è nel Dna degli italiani. Basti pensare all’antica Roma e alla sua capacità di assimilare persone di altre culture e di farle sentire, di farle diventare, parte del suo destino comune.
E anche oggi, in un momento di grandi migrazioni e tensioni sociali, tutti possono riconoscersi nel nostro stile di vita, soprattutto se vogliono trovare il giusto equilibrio tra vecchio e nuovo, tra tradizioni e progetti per il futuro.
Viviamo in tempi difficili ma, comunque li si voglia definire, la crisi è il nostro comune denominatore. So che crea insicurezza e preoccupazioni, ma credo anche che sia un’opportunità da sfruttare. Dobbiamo quindi rivedere le nostre priorità e riscoprire ciò che è importante, le semplici basi: l’onestà, la forza, l’amore per la natura e il nostro ambiente, l’amore per la nostra famiglia, l’amore per gli altri e l’amore per ciò che riteniamo sacro.
Circondata come sono da persone della mia età, vedo già un cambiamento nelle nostre priorità. Un cambiamento che è possibile grazie a quei giovani che credono che i cambiamenti radicali non si ottengono con la distruzione ma con la costruzione, sia essa di relazioni sociali, di cultura, di tecnologia o di futuro.
L’Italia celebra quest’anno, il 2011, il 150° anniversario dell’Unità. E durante queste celebrazioni mi sono posta un obiettivo: ricordare a tutti quanto fossero giovani le persone che hanno animato il Risorgimento, il nostro “Risorgimento”. Giovani uomini e donne di ogni estrazione sociale e di ogni parte d’Italia, armati solo dei loro sogni, sfidarono – e superarono – un nemico infinitamente più forte e crearono una nazione dove prima non c’era: a loro dobbiamo il nostro Paese.
Per questo dobbiamo credere nella forza visionaria dei nostri giovani: sono loro che possono fare di più in questa sfida per un futuro migliore. Superare la crisi attuale non sarà facile, ma dobbiamo credere in noi stessi e ripartire, ancora una volta, dalle basi. Per dirla con le parole del patrono d’Italia, San Francesco d’Assisi: “Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso, vi sorprenderete a fare l’impossibile”.
Signor presidente, signore e signori, grazie.