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Meloni e il ritorno della politica. Scrive Merlo

Il ritorno a pieno titolo di una coalizione politica al governo può segnare non la sconfitta della tecnocrazia, che non è un problema, ma il ritorno di una situazione fisiologica dove si confrontano due coalizioni formalmente contrapposte con ricette programmatiche diverse se non addirittura alternative

Il governo Meloni, frutto della vittoria della coalizione di centro destra, può finalmente contribuire a rilanciare la politica e, al contempo, a consolidare la democrazia dell’alternanza. Una alternanza che non è ancora decollata negli anni per una motivazione politica precisa e ben definita. E cioè, il comportamento politico della sinistra, nelle sue multiformi espressioni, ha di fatto bloccato nel tempo la possibilità di far scattare il meccanismo dell’alternanza perché sono prevalse, come da copione, la delegittimazione morale dell’avversario/nemico prima e la volontà di distruggere e annientare politicamente l’avversario/nemico dopo. Un vizio che, purtroppo, è antico e ben radicato nel dna della sinistra italiana che campeggia dai tempi della prima repubblica quando l’obiettivo politico di fondo è sempre stato quello di liquidare politicamente, culturalmente e moralmente la presenza politica della Democrazia cristiana. Dopo di che è sopraggiunta la stagione di Berlusconi, poi di Salvini, poi addirittura di Renzi e, infine e a maggior ragione, del centro destra a guida Giorgia Meloni.

Ma, come a volte capita, anche nella politica la categoria dell’imprevedibilità può avere il sopravvento. E così è stato, almeno stando alle battute iniziali, con il governo di Giorgia Meloni. O meglio, per essere più precisi, con il modo di porsi e di qualificare la sua politica. E il ritorno a pieno titolo di una coalizione politica al governo può segnare non la sconfitta della tecnocrazia, che non è un problema, ma il ritorno di una situazione fisiologica dove si confrontano due coalizioni formalmente contrapposte con ricette programmatiche diverse se non addirittura alternative. Certo, deve cambiare radicalmente la modalità di comportamento delle singole forze politiche.

Detto in altre parole, si tratta di abbandonare un armamentario politico e culturale persino troppo noto che storicamente ha coltivato l’obiettivo di distruggere l’avversario/nemico, come dicevo poc’anzi. E, soprattutto e di conseguenza, devono tornare in campo i partiti politici – intendo i partiti popolari e democratici e non i cartelli elettorali vuoti ed insignificanti e i collaudatissimi “partiti personali” -, le culture politiche tradizionali, le classi dirigenti politiche e, in ultimo ma non per ordine di importanza, l’autonomia della politica. Sotto questo versante, un governo di centro destra, cioè con un profilo politico fortemente caratterizzato, non può che giovare alla causa.

Certo, molto dipende dal comportamento della maggioranza di governo ma, ancor di più, da cosa intende fare l’opposizione. Fuor di metafora, si tratta di capire se la sinistra populista, demagogica e qualunquista dei 5 Stelle e la sinistra massimalista del Pd intendono procedere con la delegittimazione totale delle forze che governano il nostro Paese con attacchi quotidiani pregiudiziali dettati da motivazioni morali ed ideologiche o se, al contrario, si intende procedere attraverso il metodo del confronto laico sui contenuti dell’azione di governo.

Solo così sarà possibile dar vita ad una vera e credibile democrazia dell’alternanza e, soprattutto, rialzare il prestigio e l’autorevolezza della politica e delle stesse istituzioni democratiche. Nonché avviare una profonda discontinuità della politica italiana. Saranno, al riguardo, solo i comportamenti concreti e non le vacue ed astratte dichiarazioni a dirci se si vuole realmente invertire la rotta o se, al contrario, si proseguirà con il vecchio andazzo. Ma in quel caso, come ovvio, ognuno si assumerà le proprie responsabilità di fronte all’opinione pubblica.



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