Il professor Orsina spiega che la strategia europea della leader di Fratelli d’Italia è fondata su due entità distinte: quella “draghiana” e quella trumpian-orbaniana. Da Parigi a Berlino, fino a Washington, ecco i fattori esterni
La strategia europea di Giorgia Meloni comincia a delinearsi con una certa chiarezza, ha scritto il professor Giovanni Orsina sul quotidiano La Stampa. La leader di Fratelli d’Italia e presidente del Consiglio in pectore “sta cercando di scindersi in due entità distinte”. C’è “Meloni 1”, quella eurorealista, che si mette nella scia di Mario Draghi dicendosi pronta a partecipare fino in fondo al gioco europeo trattando con tutti i Paesi, a cominciare da Francia e Germania. E c’è “Meloni 2”, la paladina del conservatorismo trumpian-orbaninano, che ieri ha inviato un videomessaggio agli spagnoli di Vox. “La vera sfida per la leader di Fratelli d’Italia sarà trovare l’equilibrio fra i suoi due avatar” per evitare che uno trascini a fondo l’altro, conclude il professore.
“Meloni 2” “non può proprio piacere alle attuali leadership di Francia e Germania”, riflette ancora Orsina, osservando come le famiglie politiche di centro e sinistra a Parigi e Berlino siano “interessate a conservare le rispettive destre – Rassemblement National e Alternative für Deutschland – al di fuori del perimetro della legittimità”. Il tutto a un anno e mezzo dalle elezioni per il Parlamento europeo previste nella primavera del 2024. Destra uguale disastro economico e sociale, potrebbe essere lo schema del presidente francese Emmanuel Macron e del cancelliere tedesco Olaf Scholz.
Ecco spiegato, dunque, il recente intervento di Laurence Boone, segretario di Stato francese per l’Europa, sull’intenzione della Francia di vigilare sul rispetto dei diritti in Italia. Sarebbe un errore considerarla un’uscita estemporanea visto che una dichiarazione analoga era stata pronunciata già all’indomani del voto in Italia da Élisabeth Borne, primo ministro.
Non è un caso forse che anche oggi Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia, abbia dichiarato in un’intervista al quotidiano Il Giornale che “l’Europa si attende molto da noi, e ci considera i garanti del prossimo governo”. “Come sezione italiana del Partito popolare europeo abbiamo da un lato una grande responsabilità, dall’altro possiamo essere molto utili al nostro Paese, perché il Ppe esprime i vertici dell’Unione europea”, ha ricordato l’ex presidente del Consiglio.
Infine, è sufficiente notare l’atteggiamento degli Stati Uniti verso l’Ungheria di Viktor Orbán per comprendere come i diritti siano al centro dell’agenda dell’amministrazione guidata da Joe Biden che, elemento non secondario, resterà in carica fino al gennaio del 2025.
Il “Make Europe Great Again” di Meloni funzionerà? Dipenderà dai leader europei ma anche e soprattutto da Meloni, in particolare da “Meloni 2”.