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Un tecnico alla Funzione Pubblica, contro la burocrazia. Hinna spiega perché

Serve un tecnico perché quella che si fa carico di combattere la burocrazia è la funzione organizzazione, una funzione che richiede una curva cumulata di esperienze e conoscenze tutt’altro che trascurabile che sta alla base di qualsiasi politica e che non può essere confusa con quella delegata a scrivere semplicemente leggi e norme. Il commento di Luciano Hinna, presidente del Consiglio sociale per le scienze sociali

Senza entrare nella lotteria del toto ministri e nella discussione tra ministri tecnici e politici, è importante richiamare l’attenzione su alcuni aspetti che il prossimo presidente del Consiglio ha certamente presente.

L’insieme delle nostre pubbliche amministrazioni costituisce, con i suoi tre milioni di dipendenti, l’azienda più grande del paese la cui complessità di gestione avrebbe spaventato anche Marchionne; una gestione che richiede competenze non sono solo politiche, ma anche e, soprattutto, fortemente tecniche e manageriali. Nel dibattito su ministri tecnici e ministri politici il tema del profilo del responsabile del Dipartimento della Funzione Pubblica, sembra essere uscito dai radar, forse non c’è mai entrato. Anche se è un ministero senza portafoglio, sulla carta il Dipartimento dispone di un grande arsenale tecnico che necessita, per essere utilizzato, di grande attenzione e competenza. Purtroppo, la nomina a ministro della Funzione Pubblica è stata nel passato troppo spesso considerata come un premio di consolazione per quei politici che non si sono qualificati nella “pole position” del gran premio delle elezioni.

Infatti, tra gli oltre 60 ministri della funzione pubblica che si sono alternati dal dopo guerra ad oggi, quelli che sono riusciti ad incidere in qualche misura sull’assetto organizzativo della pubblica amministrazione si contano sulle dita di una mano e, guarda caso, sono quelle persone che hanno fatto parte dei governi cosiddetti tecnici e quindi nominate per la loro profonda esperienza tecnico professionale. Tutti gli altri sono stati risucchiati nel vortice dell’oblio o a volte passati alla storia per le loro proposte “improbabili” catturando un’attenzione più breve della vita di una farfalla tropicale.

Ora, in agenda c’è un tema trasversale a tutti gli enti, governo incluso, che si chiama malamministrazione, che quando si cronicizzata si trasforma in burocrazia, un cancro invasivo che contamina peggio del Covid e che condiziona tutti gli organi della nostra pubblica amministrazione, che pesa sulla vita delle imprese e dei cittadini e che rischia di minare anche i risultati che tutti ci aspettiamo dalla realizzazione del Pnrr. Ora, affermare che la lotta alla burocrazia è nell’agenda di tutti gli enti equivale a dire che nessuno ne ha la paternità; se è vero come è vero che essa costituisce una grande priorità allora deve essere messa al centro del mirino specifico di un ente sopra le parti, in quello dei piani della performance degli enti, va inclusa tra i compiti di soggetti specifici all’interno delle singole amministrazioni ed il tutto richiede naturalmente un coordinamento con tutti gli altri organismi che si interessano di smart working, di digitalizzazione, di dematerializzazione, di reingegnerizzazione dei processi, di cyber security, di qualità dei servizi, di performance etc. Oggi abbiamo all’interno degli enti i responsabili della trasparenza, i responsabili degli organismi indipendenti di valutazione, i responsabili della lotta alla corruzione, ma non abbiamo ancora il responsabile della lotta alla burocrazia. La lotta alla burocrazia è un obiettivo meno importante degli altri?

Ecco perché serve un ministro tecnico: serve perché quella che si fa carico di combattere la burocrazia è la funzione organizzazione, una funzione che richiede una curva cumulata di esperienze e conoscenze tutt’altro che trascurabile che sta alla base di qualsiasi politica e che non può essere confusa con quella delegata a scrivere semplicemente leggi e norme. Se a monte manca la competenza organizzativa, la dimestichezza con gli strumenti e con i grandi progressi organizzativi registrati negli ultimi decenni che, soprattutto nelle strutture ad alta intensità come la Pa, sono davvero notevoli, i “legisti” – come li chiama Cassese – che operano a valle e che garantiscono il miglioramento continuo della regolamentazione, giocano a mosca cieca ed il rischio che si crei burocrazia su burocrazia è molto alto.

Non possiamo perdere la doppia occasione della disponibilità di fondi e la forte determinazione del Pnrr per aggredire la burocrazia: a differenza del passato, infatti, possiamo finalmente permetterci delle riforme che non siano a costo zero; per anni la pubblica amministrazione ha sempre avanzato riforme con la clausola ad “invarianza finanziaria” provando di fatto a realizzare un investimento senza investire. Ma così non si va mai oltre il semplice adempimento.

La burocrazia è un’ombra scura che si aggira come un fantasma in tutti i comparti economici, ma mentre le entità private non si possono permettere tassi di burocrazia elevati altrimenti escono dal mercato, nel monopolio pubblico in più di un’occasione si è confusa l’organizzazione con la semplice adozione di sistemi informatici e così per carenza di cultura tecnica ed aziendalistica si è finito spesso per “informatizzare la burocrazia” realizzando con il computer le stesse cose che prima si facevano a mano.

Non possiamo più permetterci certi errori del passato: anche dalle competenze tecniche specifiche del prossimo ministro della Funzione Pubblica dipenderà il futuro delle nostre amministrazioni e quindi del nostro Paese.



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