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Come si muoverà Biden davanti ai missili di Kim

Di Emanuele Rossi e Matteo Turato

Il lancio di un missile balistico nordcoreano che ha sorvolato il Giappone ha tenuto Tokyo e Seul con il fiato sospeso per i venti minuti di volo. Pyongyang torna prepotentemente a far sentire la sua voce per far presente ai vicini che sono sotto tiro, e ricordare a Washington che la Corea del Nord vuole essere trattata  come una potenza atomica

La Corea del Nord la lanciato martedì un missile balistico a raggio intermedio sopra il Giappone, sorvolando l’arcipelago nelle due prefetture settentrionali di Hokkaido e Aomori, per poi inabissarsi nell’Oceano Pacifico a tremila chilometri dalle coste giapponesi. L’episodio rimarca un’intensificazione dei test che dall’inizio del 2022 Pyongyang ha ripreso a compiere con regolarità dopo anni di maggiore quiete.

È il quinto test in dieci giorni, ma è il primo che viola così palesemente lo spazio aereo di Tokyo dal 2017. Gli altri missili lanciati ultimamente sono atterrati in mare a ovest delle coste nipponiche, evitando di sorvolarne il territorio sovrano di Tokyo. Quest’anno la Corea del Nord ha lanciato circa 40 missili in 20 diverse operazioni, mentre Kim Jong Un ha pubblicamente detto più volte che ha intenzione di espandere il suo arsenale nucleare. A gennaio era stato lanciato il Hwasong-12, un vettore in grado di raggiungere il territorio statunitense di Guam, l’isola militarizzata del Pacifico che ospita la più importante base extra territoriale americana nella regione.

Un’intensificazione tecnica e politica dei test. Da un lato il satrapo nordcoreano dimostra di progredire con le capacità operative, dall’altro di voler scaldare il dossier di cui è protagonista fino a riportarlo in cima all’agenda internazionale, che lo ha un po’ accantonato anche a causa della guerra in Ucraina. Un successo che Washington non è stata disposta a concedergli finora, trattando con attento distacco le intemperanze del leader nordcoreano. Tuttavia non è detto che questa postura possa continuare: se Kim alza l’asticella è del tutto probabile che l’amministrazione Biden dovrà dimostrare maggiore coinvolgimento, anche per dare ascolto alle richieste di alleati cruciali come Giappone e Corea del Sud.

Le autorità giapponesi hanno emesso un “allarme J” per i residenti delle regioni nordorientali, invitandoli a evacuare gli edifici per dirigersi verso i rifugi, mentre i treni sono stati temporaneamente sospesi, prima che le attività riprendessero dopo un avviso del governo secondo cui il missile sembrava essere atterrato nel Pacifico.

È il primo allarme di questo tipo in cinque anni. Pyongyang torna a creare preoccupazioni e disagi nell’Arcipelago, e sebbene si sposi con i desideri di riorganizzazione in politica estera del primo ministro giapponese Fumio Kishida — desideri che passano anche da un sostanziale riarmo — il governo di Tokyo è indispettito perché si trova a far fronte a disagi sociali e politici, legati alla mancata deterrenza del nemico nordcoreano.

Se Kishida da Torkyo ha reagito stizzito, dichiarando che “il lancio, che segue una recente serie di lanci da parte della Corea del Nord, è un atto sconsiderato e lo condanno fermamente”, a Seul la situazione non è meno pesante. Lo Stato Maggiore della Corea del Sud ha dichiarato di aver rilevato il missile balistico partire dall’entroterra settentrionale del Nord, aggiungendo che l’esercito sudcoreano rafforza la sua posizione di sorveglianza e mantiene la prontezza “in stretto coordinamento con gli Stati Uniti” davanti a quelle che la presidenza ha definito “sconsiderate provocazioni nucleari”.

Il missile che ha sorvolato il Giappone ha una gittata di 4.000 chilometri, secondo i sudcoreani: dunque si tratta di un raggio di azione che pone anche in questo caso Guam a distanza di tiro. Una dimostrazione di forza probabilmente collegata in modo diretto alle esercitazioni militari bilaterali tra Corea del Sud e Stati Uniti e l’addestramento degli alleati che ha coinvolto il Giappone la scorsa settimana. La Corea del Nord considera tali manovre come prove di invasione, si sente accerchiata e reagisce muscolarmente.

È del tutto probabile che l’amministrazione Biden dovrà affrontare con maggiore fermezza la questione nordcoreana già entro fine anno, perché è possibile che Pyongyang organizzi un test di un missile balistico intercontinentale oppure addirittura un test atomico. Kim rifiuta di tornare alla diplomazia con gli Stati Uniti, dopo gli anni in cui Donald Trump si era illuso di poter chiudere con lui un accordo — illusione propria solo del presidente, mentre gli apparati attorno spiegavano che era impossibile avvicinare la posizione americana (ossia rimozione totale dell’arsenale e degli impianti) con quella nordcoreana (che pretende di essere riconosciuta come una potenza nucleare ed essere quindi inserita in un quadro di controllo degli armamenti).

Il passare del tempo sposta la palla verso Kim, che sviluppando armi via via più efficaci intende usarne la minaccia per fare pressione su Washington affinché accetti il suo Paese come Stato nucleare: un riconoscimento che ritiene necessario per sopravvivere e per ottenere la revoca delle sanzioni internazionali. Washington è presa da altri dossier. La Cina, la guerra russa, la stabilità nell’alleanza occidentale, e per ora non vuole sbilanciarsi con un coinvolgimento eccessivo.

Ma non sarà facile. Pyongyang finanzia la guerra russa con commesse di artiglieria e proiettili, Tokyo e Seul chiedono l’aiuto statunitense, il dossier nordcoreano si collega al confronto con Pechino, e Kim sembra pronto per portare lo scenario verso i limiti di stress.



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