Il Partito Comunista Cinese è impegnato in una campagna di informazione che prevede l’utilizzo dei social network per orientare la popolazione delle Isole Salomone verso atteggiamenti amichevoli. Una leva per scalzare l’influenza statunitense e stringere legami nell’area
Il centro di ricerca australiano Aspi ha pubblicato un report in cui si dettagliano le attività che il Partito Comunista Cinese (Pcc) sta portando avanti per influenzare l’opinione pubblica nelle Isole Salomone. Il piccolo Paese a est della Papua Nuova Guinea è finito sotto ai riflettori occidentali a causa del rinnovato impegno statunitense nell’area per contenere l’influenza di Pechino, ma andiamo con ordine.
Gli antefatti
Il 24 novembre 2021 sono scoppiate rivolte a Honiara. Molti fattori hanno contribuito ai disordini, tra cui lo sviluppo economico molto disomogeneo sul territorio, la corruzione e il nepotismo, la mancanza di opportunità di lavoro per una popolazione giovanile in crescita e le preoccupazioni per la crescente presenza e influenza cinese nel Paese. Tuttavia, il primo ministro delle Isole Salomone Manasseh Sogavare, che ha tagliato i legami diplomatici con Taiwan nel 2019 per perseguire una partnership più profonda con la Cina, ha insistito sul fatto che i disordini riguardavano esclusivamente questo fatto.
In seguito ai disordini, l’ambasciata cinese ha offerto alle Isole Salomone una serie di aiuti per la sicurezza, tra cui attrezzature e addestramento del personale di polizia. Il sostegno ha scatenato controversie e preoccupazioni tra la popolazione e l’opposizione parlamentare. Il 24 marzo 2022, le preoccupazioni per la sicurezza hanno raggiunto un nuovo picco, quando i due governi hanno siglato un accordo di cooperazione sulla sicurezza, i cui dettagli non sono stati resi noti.
Il problema
Il PCC sta mettendo in atto da circa un anno, dopo i disordini nella capitale del novembre 2021, una serie di operazioni informative nel dominio di internet e dei social network in particolare. L’obiettivo è quello di far circolare la narrativa del partito, in particolare sui benefici della cooperazione tra i due Paesi in materia di difesa e politica estera e sugli effetti negativi delle partnership esistenti con Australia e Stati Uniti, accusati tralaltro di aver fomentato gli scontri nella capitale. Lo spettro di attività di informazione comprende i contenuti rilanciati dai media di stato cinesi, le dichiarazioni dei funzionari di partito su media locali, e l’amplificazione di contenuti favorevoli su Facebook tramite gruppi specificamente preposti.
Le soluzioni
Il governo australiano dovrebbe coordinarsi con altri partner stranieri delle Isole Salomone, tra cui gli Stati Uniti, la Nuova Zelanda, il Giappone e l’Unione europea, per aiutare ulteriormente i media locali del Pacifico ad assumere e formare giornalisti professionisti di alta qualità. Un’industria mediatica più forte e resistente nelle Isole Salomone sarà meno vulnerabile alla disinformazione e alle pressioni esercitate dai funzionari locali del PCC.
Le società di social media devono fornire, nelle lingue nazionali del Pacifico, informazioni contestuali sulla disinformazione ed etichettare le affiliazioni statali sui messaggi provenienti da enti controllati dallo Stato. Le aziende di social media potrebbero incoraggiare la società civile a segnalare le affiliazioni statali e fornire prove per aiutare le aziende ad applicare le loro politiche.
Ulteriori finanziamenti governativi dovrebbero essere utilizzati per sostenere la ricerca pubblica sugli attori e le attività che influenzano l’ambiente informativo delle isole del Pacifico, tra cui l’influenza straniera, la proliferazione della disinformazione su temi come il cambiamento climatico e la disinformazione elettorale. Questa ricerca dovrebbe essere utilizzata per contribuire a costruire la resilienza dei media nei Paesi insulari del Pacifico, fornendo informazioni e formazione mirata ai professionisti dei media per aiutarli a identificare la disinformazione.
Conclusioni
I Paesi insulari del Pacifico avranno bisogno di sostegno di fronte all’intensificarsi della competizione tra grandi potenze nella regione. Gli Stati Uniti potrebbero fare di più per dimostrare il genuino interesse di Washington a sostenere quelle aree. Ad esempio, come già riportato su queste colonne, rispondendo alla richiesta della popolazione locale delle Isole Salomone di fare di più per rimuovere gli ordigni inesplosi della Seconda Guerra Mondiale rimasti a Guadalcanal. Il centro di ricerca ASPI ha anche proposto la creazione di un centro per le minacce ibride nell’Indo-Pacifico, che aiuterebbe i governi regionali, le imprese e la società civile a comprendere il panorama delle minacce e a sviluppare anticorpi contro la disinformazione.