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La “golden era” UK-Cina è finita. E gli Istituti Confucio…

La premier Truss ha deciso: Pechino verrà definita una “minaccia” per il Paese. Una mossa annunciata ma che è stata anticipata dopo una giravolta del ministero dell’Educazione sui centri di lingua e cultura cinese

A dare fuoco alla miccia nella relazione tra Regno Unito e Cina è stato, probabilmente senza volerlo, il ministero dell’Educazione britannico che nel fine settimana era stato costretto dalla premier Liz Truss a rivedere una sua dichiarazione sugli Istituti Confucio, che insegnano lingua e cultura cinese nel Paese ma sono anche ritenuti da alcuni strumenti di soft power e sharp power.

Inizialmente, il ministero aveva rilasciato una dichiarazione in cui esprimeva il proprio sostegno ai 30 istituti presenti nel Regno Unito. Ma il numero 10 di Downing Street è intervenuto chiedendo maggiore fermezza. Così, la nuova dichiarazione recita che “il governo britannico si impegna a fare di più per adattarsi al crescente impatto della Cina” e invita chiunque abbia dubbi sulle attività dell’Istituto Confucio a segnalarli.

A questo punto, una mossa che era nell’aria ma sembrava destinata a prendere forma entro fine anno è stata anticipata: nei prossimi giorni la premier Truss interverrà sulla Integrated Review per definire la Cina una “minaccia” per il Regno Unito. Nel documento firmato dal predecessore Boris Johnson nel 2021 viene descritta come “competitor sistemico”, una decisione che all’epoca aveva alimentato le critiche dei “falchi” (oggi soddisfatti) che chiedevano che Cina e Russia fossero messe sullo stesso piano.

A rivelare la mossa anticipata, che riflette il discorso della premier poche settimane fa all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, è stato il tabloid Sun. Una notizia diffusa poche ore dopo un importante intervento pubblico in cui Jeremy Fleming, direttore del Gchq (l’agenzia britannica di signals intelligence), ha messo in guardia dalla Cina in campo tecnologico. Downing Street ha poi dichiarato che la premier ha commissionato una revisione dell’Integrated Review anche in risposta a una Cina sempre più aggressiva. “Come ha detto, la Russia rimane la più grande minaccia per il Regno Unito, ma la Cina rappresenta la più grave minaccia a lungo termine per i nostri valori e il nostro stile di vita”, ha spiegato un portavoce.

Secondo un recente rapporto del centro studi Henry Jackson Society di Londra, soltanto quattro dei 30 Istituti Confucio creati dal governo cinese all’interno delle università britanniche forniscono esclusivamente istruzione “culturale e linguistica”. La maggior parte, infatti, svolge altre attività, che in alcuni casi comprendono lobbismo politico (con ricevimenti “pro Cina” in Parlamento e la promozione della Via della Seta) e facilitazione di partnership tecnologiche. Sam Dunning e Anson Kwong, autori del rapporto, sostengono che alcuni degli istituti fanno leva sulla buona reputazione delle università britanniche mentre sono “formalmente parte del sistema di propaganda del Partito comunista cinese, dipendono economicamente dai finanziamenti del governo cinese e, in generale, sono soggetti alle restrizioni alla libertà di parola della Repubblica popolare cinese”.

La posizione del Regno Unito nei confronti della Cina è cambiata radicalmente in meno di un decennio. Sembra un lontanissimo ricordo ormai la golden era proclamata dall’allora premier David Cameron nel 2015, anno della visita di Stato del presidente Xi Jinping in cui la leadership del Partito comunista cinese aveva mostrato l’interesse a investire nei settori strategici del Regno Unito, come quello nucleare. Due anni fa, intervistato da Formiche.net, Iain Duncan Smith, ex leader del Partito conservatore e uno dei “ribelli” che aveva spinto il premier Johnson sulla linea dura sul 5G cinese, aveva dichiarato: “Non penso che ci sia mai stata un’epoca d’oro. Penso in realtà ci fosse una visione naïve nel Regno Unito della Cina: che ci fossero molti soldi da guadagnare e i governi hanno quindi chiuso gli occhi davanti agli abusi delle aziende cinesi e del governo cinese”.



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