Il 53% degli italiani ritiene che assicurare i rifornimenti energetici sia il principale interesse nazionale del Paese: una quota in crescita di ben 42 punti percentuali rispetto all’anno scorso. Il che testimonia l’impatto che la guerra in Ucraina e le sanzioni alla Russia stanno avendo sulle preoccupazioni del Paese
La guerra in Ucraina e le sue conseguenze, tra cui le sanzioni alla Russia che ha invaso, hanno alimentato l’interesse degli italiani verso l’energia, in passato data per scontata, come questione di sicurezza nazionale. A confermarlo sono i numeri del rapporto di ricerca “Gli italiani e la politica estera 2022” a cura del Laboratorio Analisi Politiche e Sociali del Dipartimento di Scienze Sociali, Politiche e Cognitive dell’Università di Siena e dell’Istituto Affari Internazionale, realizzato con il sostegno di Fondazione Compagnia di SanPaolo (l’indagine è stata condotta prima delle elezioni del 26 settembre scorso, tra il 7 e il 13 settembre).
LA GUERRA IN UCRAINA E L’ENERGIA
La maggioranza degli italiani (53%) ritiene che assicurare i rifornimenti energetici sia il principale interesse nazionale del Paese: una quota in crescita di ben 42 punti percentuali rispetto all’anno scorso. Il che testimonia l’impatto che la guerra in Ucraina e le sanzioni alla Russia stanno avendo sulle preoccupazioni degli italiani. Il tema energetico è seguito, in termini di rilevanza, dalla necessità di controllare i flussi migratori, ritenuto il principale interesse dell’Italia dal 14% degli intervistati. Si registra un calo consistente della salienza del tema migratorio rispetto agli anni precedenti (dal picco del 51% nel 2017, anno precedente la vittoria elettorale del Movimento 5 Stelle e della Lega di Matteo Salvini, si era peraltro già passati al 27% nel 2021). Diminuisce, inoltre, la percentuale di coloro che ritengono prioritario garantire il rispetto del diritto internazionale. Dal 23% del 2021, risultato che era stato plausibilmente influenzato dal ritiro delle truppe occidentali in Afghanistan a pochi giorni dalla somministrazione del questionario, si passa infatti al 12% del 2022. Si riduce anche la percentuale di intervistati che indica prioritaria la promozione delle esportazioni italiane nel mondo, dal 19% del 2021 al 10% del 2022, dopo i picchi del 2019-2020, in scia alla firma del Memorandum d’intesa con la Cina sulla Via della Seta. Anche la tutela dei confini italiani sembra aver perso importanza rispetto agli anni precedenti, soltanto il 9% del campione la ritiene l’interesse principale del Paese. Restano sostanzialmente stabili gli intervistati che indicano come priorità la difesa dei connazionali all’estero (3%).
L’INTERESSE NAZIONALE
Come spiega la ricerca, questi dati risentono della centralità assunta dalla questione energetica nel dibattito pubblico. È interessante quindi esaminare anche le risposte degli intervistati alla domanda su quale sia il secondo interesse nazionale dell’Italia. Anche in questo caso è evidente l’impatto delle sanzioni alla Russia: il 24% indica infatti la promozione delle esportazioni italiane nel mondo, seguita dalla necessità di assicurare i rifornimenti energetici (22%). Il 19% del campione indica invece, come seconda priorità, il controllo dei flussi migratori, il 17% il rispetto del diritto internazionale. Le ultime due questioni, in ordine di importanza, sono la difesa dei confini (14%) e dei connazionali all’estero (5%). In linea con i risultati delle scorse indagini, la principale minaccia per la sicurezza dell’Italia è costituita, secondo il campione, dall’emergenza climatica. Su una scala da 0 a 10, dove 0 indica nessuna minaccia percepita e 10 una percezione di grave minaccia, il punteggio medio assegnato all’emergenza climatica è di 8,3, leggermente più basso rispetto all’8,7 del 2021. A seguire vi è la preoccupazione per un’eventuale guerra nucleare (8,1) e per le tensioni tra Occidente e Russia (7,9) che, in misura maggiore rispetto al passato, sono considerate come causa di preoccupazione. Tali dati testimoniano l’importanza che gli italiani attribuiscono alla guerra in Ucraina come minaccia per la sicurezza del Paese.
L’ITALIA E L’UNIONE EUROPEA
Rispetto agli anni passati, si confermano le tendenze positive per l’Unione europea. In caso di un ipotetico referendum sull’uscita dell’Italia dall’Unione europea, il 58% dei rispondenti voterebbe per restare, in crescita costante dal 44% registrato nella primavera 2020. Questa opzione è maggioritaria negli elettorati di tutti i partiti, con l’eccezione di quello di Fratelli d’Italia la cui maggioranza relativa voterebbe per l’uscita dall’Ue (il 49%, contro il 42% che voterebbe per restare). Come già in passato, la maggioranza dei rispondenti ritiene l’unificazione europea impossibile per via delle diversità fra gli stati membri. Tuttavia, la proporzione di rispondenti che la pensa così (56%) è in calo rispetto al 2021 (57%) e, più ancora, al 2020 (64%). Scende al 42% la proporzione di chi ritiene che l’Italia sia trattata ingiustamente dall’Unione europea in materia di bilancio. Nella primavera 2020 questa proporzione era del 69%. Parallelamente, scende anche la proporzione di chi ritiene che l’Italia venga trattata ingiustamente dall’Unione europea in materia di immigrazione: nel 2022 la percentuale è del 51%, contro il 73% registrato nel 2020. Il 75% dei rispondenti ritiene che l’Italia dovrebbe mantenere l’impegno con l’Unione europea di ridurre il debito pubblico e contenere il disavanzo di bilancio. Questo orientamento, con gradazioni diverse, è maggioritario negli elettorati di tutti i principali partiti italiani. Tuttavia, solo il 52% di chi si dice disponibile a rispettare i vincoli europei in linea di principio mantiene ferma la propria posizione anche nel caso in cui ciò comportasse tagli alla spesa pubblica o un aumento delle tasse.
L’ITALIA NEL MONDO
La fiducia nel ruolo internazionale dell’Italia in politica internazionale diminuisce leggermente passando dal 33% del 2021 al 31% del 2022, ma resta comunque molto superiore rispetto al 21% del 2019. Leggermente maggiore è invece la quota di rispondenti che pensa che l’Italia abbia molta/abbastanza influenza in Europa (35% del 2022 contro il 25% del 2019). Una maggioranza relativa degli italiani ritiene che l’alleanza più importante sia quella con l’Ue (34%). Sale la percentuale di chi vorrebbe una politica autonoma sia dall’Unione europea sia dagli Usa (31%). In calo i rispondenti che ritengono più importante un rapporto privilegiato con gli Stati Uniti e quelli che preferiscono la cooperazione con entrambi.
LE INTEREFERNZE RUSSE
Quasi il 50% degli italiani ritiene che le preoccupazioni per le interferenze russe nella politica nazionale siano fondate, mentre per il 43% del campione sono esagerate o comunque difficili da provare. L’11% del campione le ritiene infondate. Nette divisioni sul tema a seconda delle scelte di voto dei rispondenti: mentre il 68% degli elettori di centrosinistra condivide simili preoccupazioni, il 57% degli elettori di centrodestra pensa che si tratti di mere illazioni o esagerazioni.
IL RAPPORTO CON LA CINA
Rispetto a due anni fa, peggiora la percezione sulle influenze economiche e politiche della Cina, ritenute eccessive da un’ampia maggioranza del campione. Gli italiani preferirebbero puntare sull’Europa come forza alternativa sia agli Stati Uniti sia alla Cina (42%).
IL GIUDIZIO SU DRAGHI
Peggiora rispetto al 2021 il giudizio sul governo guidato da Mario Draghi per quanto riguarda la gestione dei rapporti con la Russia: da un voto medio del 5,2 si è passati al 4,5. Il 55% degli intervistati valuta positivamente la politica del governo Draghi sulla gestione della crisi ucraina. Sul tema risultano però divisi al loro interno gli elettorati di Movimento 5 Stelle, Lega e Fratelli d’Italia. Il 55% intervistati giudica invece negativamente il governo Draghi sulle politiche di contrasto alla crisi energetica. Anche su questo tema si registrano importanti divisioni all’interno dei diversi elettorati (in particolar modo quelli di Forza Italia e della Lega).
GLI ALTRI LEADER
I giudizi degli italiani nei confronti dei leader stranieri presentano, rispetto allo scorso anno, diversi spunti di interesse. Netto, per esempio, è il calo di popolarità di Vladimir Putin. Se il presidente russo raccoglieva lo scorso anno un punteggio medio di 4,6 su una scala da 0 a 10, quest’anno il valore medio è crollato a 2,7. In crescita invece il presidente francese Emmanuel Macron, passato da 4,5 a 5,1, e il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, che passa da 3 a 4, probabilmente premiato per il ruolo di mediazione durante la guerra in Ucraina. Stabili i giudizi sulla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen (5,3), mentre leggere variazioni rispetto al 2021 si registrano per il presidente statunitense Joe Biden (da 4,7 a 4,4) e quello cinese Xi Jinping (da 3,6 a 3,8). Tra le figure che introdotto quest’anno, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ottiene un punteggio di 4,9, mentre papa Francesco è l’unico con un punteggio medio superiore alla sufficienza (6,7).