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Lo smart working nella Pubblica amministrazione non sarà un tabù. Parola di Zangrillo

Paolo Zangrillo, neoministro della Pubblica Amministrazione, crede nell’importanza della motivazione dei lavoratori. Non esclude che i dipendenti pubblici possano lavorare da casa. Ma precisa che serve un ragionamento serio, evoluto, che diffonda la cultura del risultato e tenga conto della soddisfazione degli utenti

Lavorare da remoto sì o no? La pandemia ha trasformato il mondo del lavoro e sembra non esserci marcia indietro. Con la crisi sanitaria sotto controllo, almeno per ora, dalle banche d’affari internazionali agli uffici dei piccoli comuni il dibattito è sul ritorno dei dipendenti in sede.

La sfida di molte aziende è fermare il fenomeno delle “grandi dimissioni” e convincere – soprattutto i giovani – di tornare a lavorare in presenza. Uno studio del Work Trend Index 2022, eseguito da Microsoft in 31 Paesi, conferma che dopo l’esperienza di lavorare da casa la maggioranza dei lavoratori si chiede se vale la pena sacrificare il proprio benessere per un posto fisso e ora chiedono flessibilità sull’orario al momento di accettare un impiego.

Ben consapevole dell’importanza dello stato d’animo dei lavoratori è Paolo Zangrillo, neoministro della Pubblica Amministrazione. In un’intervista a Repubblica, ha spiegato come, grazie alla sua lunga esperienza in azienda, ha capito che il successo dipende soprattutto dal capitale umano e da quanto sia motivato nel lavoro. Per questo, la sua missione sarà offrire ai dipendenti pubblici una possibilità di crescita, che li stimolerà a fare meglio.

“Il mio predecessore ha avviato una profonda riforma che secondo me va nel verso giusto: da un lato si è preoccupato di dotare la Pa di strumenti di efficienza come la digitalizzazione, che rendono i servizi facilmente accessibili agli utenti, dall’altro ha cambiato il contesto organizzativo del lavoro, che è molto importante. Anche un negoziante se è scontento tratta male i clienti. E poi bisogna proseguire sulla strada della semplificazione”.

Sullo smart working ha precisato che ha “un atteggiamento più laico” rispetto a quello di Renato Brunetta: “La Pa non differisce dalle altre organizzazioni: se prima della pandemia lo avevano adottato solo mezzo milione di lavoratori, per necessità si è passati a 5 milioni: è diventato uno strumento di lavoro importante, occorre valutarlo e utilizzarlo, naturalmente cambiando i presupposti del rapporto di lavoro”.

L’idea è passare da una logica di controllo a una che guardi ai risultati: “La misurazione della performance non deve essere un tabù. Io sono molto fiducioso nella possibilità che attraverso il dialogo si instaurino relazioni industriali corrette, dando un contributo alla modernizzazione della Pa”.

Al quotidiano La Stampa, Zangrillo – che di fatto diventa il più grande datore di lavoro italiano, visto che i dipendenti pubblici sono circa 3,2 milioni – non esclude l’uso del lavoro da remoto: “Certo, uno che sta allo sportello non può. Serve un ragionamento serio, evoluto. Deve diffondersi la cultura del risultato: non passo il mio tempo a controllare quello che fai, ma verifico i risultati”.

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