Superiorità tecnologica e capacità industriale competitiva: la road map della sicurezza dell’Occidente passa anche per una maggiore convergenza tecnologica e industriale tra Washington e i suoi alleati. Cosa è emerso dai lavori della European Microwave Week
La durissima competizione per la supremazia tecnologica definisce la nostra sicurezza di domani. È un concetto da sempre chiaro agli Stati Uniti che nelle diverse fasi della storia recente non hanno mai smesso di investire sulle tecnologie più avanzate in grado di tenerli uno o due passi avanti rispetto ai loro avversari. La stessa genesi della Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA) ne è la riprova: l’agenzia era nata nel 1957 dopo che il segnale emesso dallo Sputnik 1 lanciato dall’Unione Sovietica aveva suonato nelle stanze del potere di Washington come un allarme, annunciando che Mosca aveva raggiunto una superiorità strategica nel campo dei missili balistici intercontinentali. Oggi la risposta multilaterale e senza precedenti alla guerra della Russia dovrebbe essere una grande opportunità per Stati Uniti ed Europa per rafforzare la partnership nell’economia e nella sicurezza, considerato che la crisi energetica derivante dalla guerra e le sue ripercussioni politiche all’interno delle democrazie occidentali sono strettamente intrecciate. Ma perché ciò avvenga è necessaria, più che in altri settori, visione e volontà politica.
Prendiamo i semiconduttori, fondamentali per molteplici settori economici e per la sicurezza nazionale, necessari per far funzionare quasi tutto ciò che ha una componente elettronica, dalle automobili alle armi che vengono inviate in Ucraina. È solo grazie alla collaborazione di Taiwan Semiconductor Manufacturing Company e Samsung, i principali produttori mondiali di chip di base e chip più avanzati utilizzati in molti sistemi difensivi, che le sanzioni per impedire a Mosca l’accesso a questo mercato cruciale hanno avuto una certa efficacia. Ma in prospettiva questo tipo di accordi non sono sufficienti a garantire una fornitura di semiconduttori competitiva, resiliente e sostenibile, in grado di soddisfare l’aumento della domanda globale prevista nel prossimo decennio. Europa e Stati Uniti, infatti, detengono circa il 10% del mercato mondiale ma nessuna quota di quello dei chip avanzati, mentre l’Asia orientale rappresenta il 75% della produzione globale. Considerata la dispersione della ricerca, della produzione e della conoscenza, questo obiettivo non può essere raggiunto attraverso l’autosufficienza isolazionista a stelle e strisce o di matrice europea. USA e UE – e magari anche Giappone, Corea del Sud, Taiwan e Israele – dovrebbero non solo coordinare la mole di investimenti pubblici ma anche le politiche industriali, di ricerca, formazione e commercio per aumentare la capacità produttiva di semiconduttori.
Una consapevolezza ribadita più volte durante la European Microwave Week (EuMW 2022) che si è tenuta recentemente a Milano con quattromila delegati da tutto il mondo. Si tratta di un evento specialistico sui più avanzati settori tecnico-scientifici (spettro elettromagnetico, radaristica, sensoristica, semiconduttori, etc.) che proprio grazie alla partecipazione dei chief scientist and technology director di importanti aziende europee e statunitensi rende una visione molto puntuale sui trend tecnologici. “L’attuale produzione europea non è sufficiente e dovremmo salire al 40%”, sostiene Maurizio Cicolani, Technical Advisor di MBDA Italy e di Integra System Innovation & Technology, che avverte: “non è solo una questione di capacità d’investimento ma anche di politiche”. Che non possono essere solo statunitensi o europee se si vogliono cogliere le promettenti opportunità di collaborazione tra le economie dei paesi che costituiscono il fulcro della complessa catena di fornitura dei semiconduttori di oggi e allo stesso tempo sono alleati sul piano geopolitico.
È quindi comprensibile che, dopo l’approvazione ad agosto del CHIPS and Science Act che mobilita 52 miliardi di dollari in sussidi federali, il Presidente americano Biden stia facendo marketing elettorale in vista delle elezioni di midterm con i finanziamenti alle industrie che alimenteranno il “nuovo boom manifatturiero americano”; d’altro canto l’UE sta discutendo di rivedere il budget per la ricerca in questo settore e ha appena approvato – in base alle norme sugli aiuti di Stato – un piano italiano di 292,5 milioni di euro, su 730 complessivi, messi a disposizione attraverso il PNRR per la franco-italiana STMicroelettronics: lo scopo è la costruzione di un nuovo impianto in Sicilia per la catena di produzione dei chip europei. Cifre importanti. Ma come al solito il paragone con gli USA è devastante. L’amministratore delegato di Intel, Pat Gelsinger, il mese scorso ha annunciato un investimento di 20 miliardi di dollari per due nuovi impianti di fabbricazione in Ohio, Intel prevede di spendere 100 miliardi di dollari per costruire la “megafab” dell’Ohio nel prossimo decennio, per un totale di otto fabbriche. Al di là della taglia degli investimenti, che la collaborazione politica tra le due sponde dell’Atlantico nel settore delle tecnologie cruciali possa e debba estendersi oltre le sanzioni, è un approccio condiviso anche da Daniela Pistoia, Chief Scientist di Elettronica, che ricorda anche la necessità di sciogliere le rigidità all’interno dei diversi sistemi politico-istituzionali: “bisogna fare di più per chiudere il triangolo tra industria, università e governo perché si tratta di una tecnologia cruciale per l’intera economia”.
Sicurezza e prosperità economica sono legate e avere mercati competitivi per la produzione di materie prime e chip avanzati è importante di per sé. Tutta la catena di fornitura dei semiconduttori (dalle apparecchiature ai materiali, dal design all’integrazione) fornisce una leva formidabile nello sviluppo di nuovi brevetti e in generale nella creazione di nuova ricchezza. In mancanza, ci si trova di fronte ad un collo di bottiglia pericoloso com’è avvenuto con l’interruzione delle catene del valore causata dalla pandemia. Ci sono poi altre due considerazioni che restituiscono l’importanza del rafforzamento di USA e UE nella capacità produttiva dei chip: la prima è che oltre all’investimento di capitale, questa capacità richiederà investimenti complementari nelle infrastrutture, comprese le reti energetiche, idriche e di trasporto, ma anche infrastrutture immateriali riguardo ai processi normativi per le revisioni ambientali e l’autorizzazione di impianti di produzione ad alta tecnologia; c’è poi una considerazione economica e allo stesso tempo sociale e legata alla localizzazione delle facilities di produzione che saranno scelte in base alla ricchezza delle competenze e della ricerca universitaria. Si assisterà, nel medio periodo, a una spinta formidabile per l’attrazione di lavoratori altamente qualificati e provenienti da diverse parti del mondo. In poche parole, capitale finanziario, infrastrutturale e umano.
Un altro tema al centro dell’EuMW 2022 è stato quello dei missili ipersonici, vettori che viaggiano a velocità maggiori di Mach 5, manovrando a quote non usuali, pertanto in grado di minacciare bersagli su un’area più ampia rispetto ai missili balistici. Queste caratteristiche pongono una serie di problemi, a partire dalla rilevazione e dal tracciamento, che incidono sui tempi di risposta. Russia e Cina dispongono già di missili ipersonici operativi mentre gli Stati Uniti sembrerebbero ancora in fase sperimentale. La US Space Force ha assegnato all’americana GEOST un contratto da 32 milioni di dollari per prototipi di sensori spaziali che saranno in dotazione a satelliti di proprietà statunitense o dei loro alleati. Secondo Defense News, sarebbero stati già stipulati accordi con Giappone e Norvegia. È ineludibile per una difesa moderna trovare delle risposte a tali minacce che possono anche trasportare testate nucleari”, spiega Marco Frasca di MBDA Italia che conclude: “sono stati fatti grossi investimenti in questo ambito e sarà interessante vedere in futuro le risposte che i vari organismi di difesa nazionali, in collaborazione con l’industria, riusciranno a trovare”. Un altro esempio dell’imperativo di mantenere la superiorità tecnologica anche per la salvaguardia dei settori strategici dell’economia (energia, trasporti, infrastrutture, etc.) è il blocco da parte dei russi dei sistemi di navigazione satellitare utilizzati dagli aerei commerciali sin dai primi giorni dell’invasione dell’Ucraina. I piloti delle compagnie aeree hanno segnalato interruzioni nelle regioni intorno al Mar Nero, nella Finlandia orientale e nell’enclave di Kaliningrad. L’interferenza sembra essere causata da operazioni di jamming proveniente da camion russi che trasportano apparecchiature di disturbo per proteggersi dai missili a guida GPS.
Sicurezza e business anche per la tecnologia radar. “Le applicazioni dei moderni radar sono tantissime e ci toccano nella nostra quotidianità in modi non sempre evidenti”, spiega Alfonso Farina, co-Chair con il Professor Danilo Orlando del Defence, Security and Space Forum di Milano, ma soprattutto uno dei padri della radaristica avanzata (i suoi libri sono stati pubblicati, tra gli altri, in USA, Russia, UK e Cina). Per Farina, le applicazioni sono infinite: “Le antenne che ci daranno la copertura internet 5G e 6G sono antenne a scansione elettronica. Le previsioni meteorologiche che consultiamo non esisterebbero senza appositi radar terrestri e spaziali. I tantissimi settori civili, anche nella medicina”. Aggiunge Orlando: “La sicurezza e le contromisure radar sono tanto più attuali e strategiche quanto più i recenti avanzamenti tecnologici hanno abbattuto notevolmente i costi di produzione rendendo accessibili a una platea numerosa dispositivi sofisticati che possono essere usati in maniera malevola.”
Oltre alla competizione con la Russia c’è quella con la Cina, l’avversario principale dell’Occidente. Alla fine del 2019, Bjorn Bergman, analista di SkyTruth, un’organizzazione no-profit di sorveglianza ambientale, ha analizzato un ampio set di dati del sistema di identificazione automatica (AIS) associato alle navi. Bergman ha rilevato almeno venti località vicino alla costa cinese dove sono avvenuti fenomeni di GPS spoofing, ossia il disorientamento dei sistemi di posizionamento e navigazione globale,il che vuol dire che le posizioni delle navi nell’area sono state sostituite con coordinate false. Tra queste località, i porti di Shanghai, Fuzhou (Huilutou), Qingdao, Quanzhou (Shiyucun), Dalian e Tianjin. La tempistica dello spoofing ha coinciso con le osservazioni dei carichi di petrolio iraniano ricevuto dalla Cina a dispetto delle sanzioni statunitensi contro Tehran, un’ipotesi molto plausibile è che alcuni degli spoofing potrebbero essere stati organizzati per aiutare a nascondere queste transazioni.
È evidente che il perimetro delle minacce si sta allargando sempre più grazie alle nuove tecnologie integrate e smart. I sistemi di difesa dispongono sempre di più di diversi tipi di sensori con diverse funzioni e allo stesso tempo hanno bisogno di contromisure elettroniche per proteggere loro stessi. Ma quali sono i limiti entro i quai si può avere una convergenza tra sensori e contromisure elettroniche? Per Fabio Sterle, Director of Radar Systems Engineering a Leonardo, “le missioni di sensori e contromisure sono spesso tali da rendere difficile la loro coesistenza; prendiamo ad esempio un radar in grado di eseguire il jamming di una minaccia o la guida di un arma o la comunicazione con un intercettore”. Il tema cruciale, oggi, conclude Fabio Sterle “è cercare di capire se la convergenza sarà tecnologica – un componente utilizzato su più sistemi – o a livello di sistemi – un sistema che fa tutto”. Le infrastrutture critiche, civili e militari che siano, avranno una complessità esponenziale tale da richiedere piattaforme tecnologiche con architetture sempre più sofisticate, integrate, scalabili e costose. La superiorità tecnologica e quindi strategica dell’Occidente dipende dal grado di efficienza, pervasività e resilienza di quelle infrastrutture dove prende forma il nostro futuro condiviso.