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Surovikin, la carta finale di Putin. Parla il prof. Teti

La recente nomina decisa dal Cremlino “produrrà un incremento esponenziale del livello di brutalità del conflitto” in Ucraina, spiega il docente dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara

La nomina del generale Sergei Surovikin giunge a ridosso dell’esplosione sul ponte di Kerch, attacco che ha prodotto la distruzione di un tratto dell’autostrada, ma che agli occhi del presidente Vladimir Putin assume il valore dell’insulto più umiliante. Ne parliamo con Antonio Teti, responsabile del settore Sistemi informativi e innovazione tecnologica dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara e docente di intelligence, cyber intelligence e cyber security presso lo stesso ateneo e in altre università italiane.

Chi è il generale Surovikin?

Il generale Surovikin può vantare un passato personale e militare di non poco conto, condito da successi bellici e da eventi a tratti nebulosi. Nasce nella città siberiana di Novosibirsk nel 1966, e giunto all’età consentita si iscrive alla Scuola Militare di Omsk. Nel 1995 consegue una laurea presso l’Accademia Militare di Frunze e nel 2002 conseguirà una ulteriore laurea presso l’Accademia Militare dello Stato Maggiore dell’Esercito. I suoi tratti caratteriali, dai quali si evince una durezza e una forza di raro spessore, lo portano a essere assegnato a un’unità spetsnaz, le temibili forze speciali russe, reparto in cui presterà servizio durante la guerra sovietico-afghana.

Come e quando è diventato “famoso”?

Il suo nome diventa improvvisamente noto durante il colpo di Stato consumatosi a Mosca nel 1991, per aver comandato un battaglione che si era macchiato dell’uccisione di tre manifestanti contrari al tentativo di golpe. Surovikin venne arrestato ma dopo soli sette mesi le accuse furono ritirate su indicazione dello stesso Boris Eltsin, che decise di assolverlo dalle accuse perché convinto del fatto che il generale stesse solo eseguendo degli ordini. Da quel momento la sua carriera militare sembra proiettata senza soste verso il successo. Comanda un battaglione fucilieri in Tagikistan e successivamente assume il comando di una divisione dell’esercito a Ekaterinenburg. A marzo del 2004 viene nuovamente accusato di percosse dal tenente colonnello Viktor Chibizov per futili motivi, ma nessun provvedimento viene preso nei suoi riguardi. Ad aprile dello stesso anno, il colonello Andrei Shtakal si suicida alla presenza dello stesso Surovikin per stato da quest’ultimo fortemente criticato. Anche in questo caso non si evincono elementi di colpevolezza a carico del Generale. In quello stesso anno assume il comando della 42° Divisione Fucilieri di stanza in Cecenia, incarico che innalzerà il suo prestigio militare e la sua spietata determinazione nel conseguimento degli obiettivi. Doti che lo conducono nel corso degli anni ad assumere cariche sempre più importanti nell’ambito dell’esercito, fino ad assumere il comando, nel 2017, delle forze armate russe dispiegate in Siria. Per le operazioni militari condotte nello scenario siriano, gli sarà conferita l’onorificenza di Eroe della Federazione Russa. Nel 2021 viene promosso al grado di Generale e a giugno del 2022 assume il comando del gruppo Sud delle forze armate russe nell’Ucraina meridionale.

Come definirebbe questo generale?

In un rapporto stilato dalla Jamestown Foundation, viene descritto come un comandante estremamente “spietato”, la cui “disponibilità a eseguire vigorosamente qualsiasi ordine ha evitato ogni potenziale domanda sugli eventi che hanno caratterizzato il suo curriculum”. A tal proposito, va ricordato che Surovikin fu raggiunto dall’accusa di aver personalmente supervisionato un brutale bombardamento che aveva provocato la distruzione di buona parte della città di Aleppo in Siria, aspetto evidenziato anche in un rapporto pubblicato nell’ottobre del 2020 da Human Rights Watch che lo ha indicato come uno dei comandanti che “che potrebbero avere la responsabilità delle violazioni condotte durante l’offensiva del 2019-2020 a Idlib, in Siria”. Il generale russo è altresì noto anche per un’altra particolare d apprezzatissima capacità: il bassissimo numero di perdite che si registra in ogni suo comando. Un elemento che certamente avrà pesato considerevolmente nella decisione di Putin di metterlo a capo delle operazioni militari in Ucraina. Non è neppure da sottovalutare che il leader ceceno Ramzan Kadyrov e il capo della compagnia Wagner, Yevgeny Prigozhin abbiano espresso la loro totale approvazione per la recente nomina. 

Una mossa che non sorprende molto.

La stima riposta da questi ultimi due nei riguardi di Surovikin affonda le sue radici nelle esperienze belliche condivise in Cecenia. La decisione di Mosca di affidarsi a un militare “duro e brutale” arriva dopo una serie ripetuti di insuccessi e stalli dell’esercito russo in Ucraina, che stanno producendo irritazione all’interno del Cremlino e insofferenza e nervosismo da parte della popolazione russa. Putin è altresì cosciente del fatto che i contenuti finalizzati al nazionalismo e alla difesa del “suolo Patrio”, quali elementi di punta della propaganda del Cremlino, non potranno reggere ancora a lungo sul piano della persuasione di massa. Surovikin può rappresentare l’ultima speranza per il presidente russo di rilanciare un’offensiva militare su larga scala, anche in funzione del grande numero di soldati richiamati in questi giorni.

E ora che cosa cambierà sul campo?

Una cosa è certa, l’asse Kadyrov-Prigozhin-Surovikin produrrà un incremento esponenziale del livello di brutalità del conflitto, e forse in ciò potrebbe risiedere la chiave di lettura dell’apparente cambio di atteggiamento degli Stati Uniti di questi giorni. Lo scorso 12 ottobre, una fonte diplomatica alleata, a margine dell’incontro del gruppo di contatto per l’Ucraina al quartier generale della Nato a Bruxelles, ha affermato che “Putin però mantiene il controllo totale dell’apparato di sicurezza”. Anche gli articoli pubblicati sul New York Times relativi all’attribuzione ai servizi segreti ucraini dell’esplosione del ponte in Crimea e dell’uccisione di Darya Dugina sono elementi che evidenziano un cambiamento di rotta della politica di Washington.

Come mai?

Le elezioni di midterm sono alle porte e Biden non intende condurre gli Stati Uniti verso una potenziale palude politico-economica-militare europea. Il popolo statunitense esce abbastanza massacrato dopo vent’anni di guerra in Afghanistan e Iraq, due anni di pandemia e un’inflazione che continua a crescere. A ciò si aggiunge una crescente protesta di un nucleo corposo di esponenti del Congresso che non intendono continuare a sborsare miliardi di dollari per alimentare, quasi da soli, un evento bellico che potrebbe degenerare nell’ennesimo interminabile conflitto.



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