“L’isola sospesa. Taiwan e gli equilibri del mondo” è il nuovo libro di Stefano Pelaggi, storico, docente alla Sapienza e Research Fellow al Centre for Chinese Studies a Taipei. Esperto di Asia e conoscitore di Taiwan, Pelaggi nel libro edito da Luiss University Press ricostruisce il valore dell’isola che la Cina considera una provincia ribelle e che sta acquisendo una centralità crescente negli affari internazionali e nell’economia globale
Pubblichiamo un estratto di “L’isola sospesa. Taiwan e gli equilibri del mondo” di Stefano Pelaggi (Luiss University Press)
Lo scrittore Giorgio Manganelli scrive di ritorno da un viaggio nell’isola negli anni Settanta: “Di Taiwan non sappiamo niente. L’isola è anomala. Molto anomala. Giuridicamente è quanto di più prossimo alla non esistenza possibile […] e Taipei è la capitale dell’isola che non c’è”. Si tratta di un’anomalia giuridica e politica. Taiwan è una nazione che emette moneta, dispone di un proprio esercito, controlla il territorio e difende i propri confini. I cittadini taiwanesi hanno un passaporto, di colore verde e con la scritta Taiwan, che gli consente di entrare, senza bisogno di un visto, in oltre 150 Paesi. Gli Uffici di rappresentanza di Taiwan sono presenti in più di cento capitali nel mondo e svolgono le tipiche funzioni consolari e diplomatiche, dall’emissione di visti ai servizi per i cittadini taiwanesi all’estero.
Quando cerchiamo la bandiera taiwanese, tra le emoticon disponibili nei programmi di scrittura del nostro cellulare troviamo un vessillo su campo rosso con un rettangolo blu nell’angolo e a malapena riusciamo a distinguere un sole bianco con dodici raggi triangolari. Milioni di prodotti con impressa la scritta Made in Taiwan vengono acquistati ogni giorno in tutti gli angoli del globo. La compagnia di bandiera taiwanese vola in più di 31 Paesi, e in 100 aeroporti del mondo possiamo vedere gli aerei taiwanesi che mostrano la bandiera del Paese sulla fiancata. Gli atleti taiwanesi partecipano regolarmente alle Olimpiadi e in tutte le competizioni internazionali. Gli scrittori taiwanesi sono tradotti e letti ovunque, e i film prodotti nell’isola riscuotono successo di pubblico e critica. Alla fatidica domanda: “Where are you from?” ventitré milioni di persone sono pronte a rispondere, orgogliosamente e senza nessun dubbio, di essere taiwanesi.
Tuttavia, gli Uffici di rappresentanza di Taiwan non sono ambasciate o consolati. La bandiera di Taiwan la troviamo tra le emoticon sul nostro cellulare ma molto raramente possiamo vederla sventolare insieme alle altre nelle sedi delle organizzazioni internazionali. Sul passaporto verde, insieme alla scritta Taiwan in inglese c’è anche la dicitura Republic of China, in mandarino. Il nome della linea aerea di bandiera taiwanese, China Airlines, crea talvolta confusione tra i passeggeri. I principali marchi taiwanesi, come Htc, Acer, Asus e Giant tra i tanti, sembrano riluttanti a mostrare apertamente la scritta Made in Taiwan. Gli atleti di Taiwan gareggiano con la denominazione di “Taipei Cinese”, la bandiera che li rappresenta raffigura il sole blu con i dodici raggi, affiancata però dai cerchi olimpici e con una disposizione diversa da quella della bandiera nazionale, e quando vincono una medaglia alle Olimpiadi – taekwondo e sollevamento pesi sono le discipline in cui Taiwan riesce talvolta a conquistare il podio – gli altoparlanti non suonano l’inno nazionale ma una versione alternativa.
Gli artisti taiwanesi sono spesso chiamati a definire o descrivere la propria cultura di appartenenza. Soprattutto quando viene proferita la risposta: “Sono taiwanese”, segue, nella stragrande maggioranza dei casi, una successiva richiesta di spiegazione sul reale significato di Taiwan, una precisazione che inevitabilmente include la distinzione rispetto alla matrice culturale dominante nell’isola. Un’anomalia che non è solo giuridica, ma anche storica e culturale, una condizione inedita e pressoché unica che viene immancabilmente descritta attraverso le dinamiche dell’evoluzione dell’identità nazionale nell’isola.
Gli elementi di incertezza, le interpretazioni divergenti e i percorsi possibili per descrivere la peculiarità taiwanese sono molteplici. Taiwan è l’unico territorio conteso al mondo che ha piena sovranità all’interno dei propri confini, è membro della World Trade Organization e del Forum di cooperazione economica Asia-Pacifico, ma è esclusa da tutte le riunioni delle agenzie delle Nazioni Unite. La stragrande maggioranza della letteratura scientifica indica Taiwan come una media potenza basandosi sugli indicatori economici, militari e strategici, tuttavia il peculiare contesto diplomatico presenta delle evidenti anomalie rispetto alla definizione di “media potenza”.
A differenza dell’“isola che non c’è” di Peter Pan, lo spazio fisico di Taiwan è ben definito, e l’osservazione della carta geografica consente di fissare alcuni elementi certi: la posizione geografica dell’isola nel cosiddetto Mediterraneo asiatico, ai margini del Rimland nel mare interno dell’Asia Orientale, è cruciale per il Giappone e la Corea del Sud, ma soprattutto Taiwan garantisce la libertà di navigazione nelle acque dello Stretto di Taiwan (d’ora in poi “lo Stretto”) alla Marina statunitense e la conseguente egemonia di Washington nella regione. Più di un terzo degli scambi globali di merci passa per il Mar Cinese Meridionale, il controllo del bacino è fondamentale sia a livello strategico sia a livello commerciale, tanto che Robert Kaplan lo ha definito “il campo di battaglia definitivo del XXI secolo”.
L’isola di Taiwan si trova sulla principale arteria di collegamento tra i due oceani che bagnano la regione dell’Indo-Pacifico. Il governo taiwanese ha giurisdizione su 22 isole dell’arcipelago di Taiwan e su 64 isole dell’arcipelago di P’eng-hu, dette Pescadores, mentre le restanti isole dell’arcipelago sono rivendicate da altri attori regionali: le isole Diaoyutai sono rivendicate dal Giappone con il nome di isole Senkaku, e dalla Repubblica popolare cinese come isole Diaoyu; le isole, o meglio gli scogli e atolli chiamati Paracelso, sono rivendicate da Vietnam e Repubblica popolare cinese; infine, le isole Spratly sono rivendicate praticamente da tutti, dalla Malesia, dal Vietnam, dalle Filippine e dalla Repubblica popolare cinese.
L’isola ha la forma di una foglia di tabacco e la maggior parte del territorio è montuoso, un terzo sopra i mille metri di altitudine e un altro terzo tra i cento e i mille metri. La costa occidentale dell’isola ha solamente due approdi possibili, Tamsui a nord, nelle vicinanze della capitale Taipei, e Kaoshiung a sud, mentre le forti correnti della costa orientale rendono la navigazione difficile, dato che la conformazione della costa non consente facili approdi. Una popolazione di circa 24 milioni di persone abita un territorio di 36 chilometri quadrati, una dimensione più grande del Belgio e più ridotta della Svizzera: una densità di popolazione altissima, 672 persone per chilometro quadrato, che fa di Taiwan il terzo Paese al mondo nella classifica di densità di popolazione, con l’esclusione dei microstati, dopo Malta e il Bangladesh. La geografia di Formosa, il nome che gli occidentali hanno usato nei secoli scorsi per l’isola, è impervia, con diverse catene montuose e pochi fiumi navigabili. Due caratteristiche che hanno impedito sia la presenza umana fino a tempi recenti, sia il controllo del territorio negli scorsi secoli.
Taiwan dista appena 130 km dalla costa cinese, una vicinanza che ha segnato in maniera indelebile la storia dei suoi abitanti. Questo volume racconta le storie delle persone che hanno abitato l’isola: quelle arrivate migliaia di anni fa e quelle che hanno attraversato le acque dello Stretto di Taiwan dal Cinquecento all’Ottocento; i soldati in ritirata dalla guerra civile cinese e i funzionari del Kuomintang (Kmt) all’indomani del secondo conflitto mondiale; i migranti arrivati negli scorsi decenni dai Paesi del Sud-Est asiatico. Ma anche le storie dei colonizzatori che hanno imposto per periodi più o meno lunghi il proprio potere sugli altri abitanti dell’isola: gli olandesi e gli spagnoli, i pirati e i contrabbandieri, i funzionari dell’Impero Qing e i giapponesi, fino al regime del Kuomintang.
I confini geografici dell’isola sono rimasti immutati, ma le storie e i percorsi di coloro che la abitano hanno ridefinito il perimetro del significato di “essere taiwanese”. Il ruolo, praticamente unico al mondo, di Taiwan di entità autonoma all’interno della comunità internazionale ha consentito una formulazione inedita dell’identità nazionale. La dinamica società taiwanese contemporanea è il frutto delle dominazioni, delle interazioni tra i diversi gruppi etnici ma soprattutto delle modalità di convivenza tra chi ha scelto, talvolta costretto, di chiamare “Taiwan” la propria casa.
La Storia nella regione dell’Asia Pacifico ha una valenza totalmente diversa rispetto al mondo occidentale, le relazioni tra i vari Paesi sono strettamente dipendenti da eventi lontani nel tempo: le violenze subìte dalle donne coreane sotto l’occupazione giapponese sono una ferita aperta che ancora determina lo stato delle relazioni tra Seoul e Tokyo, mentre le invasioni e le ingerenze straniere nel territorio cinese nel XIX secolo – ossia il “secolo delle umiliazioni” – sono un elemento fondamentale per comprendere la Cina di Xi Jinping. In Asia, la Storia è uno strumento che determina il presente e influenza il futuro, per questo motivo un racconto centrato sulla soggettività di Taiwan, e soprattutto degli abitanti dell’isola, è importante. Innanzitutto per comprendere la legittimità storica delle pretese della Repubblica popolare cinese su Taiwan, ma anche per raccontare un sorprendente processo di democratizzazione. Un percorso unico, fortemente centrato sulla riformulazione dell’identità nazionale, una dinamica attraverso cui ventitré milioni di taiwanesi hanno delineato un’identità pluralistica capace di superare i rigidi vincoli geostrategici della regione senza smarrire una coerenza narrativa.
Negli scorsi decenni, ogni notizia relativa a Taiwan era inevitabilmente legata alle ricorrenti crisi tra Taipei e Pechino, e l’isola veniva generalmente percepita dall’opinione pubblica occidentale come un luogo problematico e conteso. La tensione con la Repubblica popolare cinese resta un tema centrale, ma il contesto attuale è totalmente diverso: Taiwan è oggi una vibrante democrazia, una società aperta e liberale. Primo Paese asiatico ad accettare le unioni omosessuali e a garantire il rispetto delle minoranze etniche e culturali, l’isola è al primo posto nella regione in tutte le classifiche stilate per definire gli elementi democratici dei diversi Paesi. Nessun’altra nazione asiatica garantisce la libertà di stampa, i diritti civili e la libertà di espressione come Taiwan. Secondo la classifica dell’Economist Intelligence Unit nel suo Democracy Index Rankings 2020, Taiwan è all’undicesimo posto tra le democrazie mondiali, prima tra i Paesi asiatici e preceduta solo da nazioni come Norvegia, Islanda, Svezia, Nuova Zelanda e Canada.
Un percorso iniziato negli anni Novanta e tuttora in corso: negli scorsi anni sono state approvate importanti riforme politiche e istituzionali sulla trasparenza nel finanziamento ai partiti e l’indipendenza del potere giudiziario. Lo strumento referendario, utilizzato per consultare la popolazione su temi divisivi come l’uso dell’energia nucleare e la regolamentazione dei prodotti alimentari, è alla base delle principali scelte dell’esecutivo. L’industria taiwanese dei semiconduttori è vitale per il fabbisogno globale di chip, e le fonderie dell’isola sono il vero e proprio motore dell’industria dell’Information Technology mondiale; un ruolo che è diventato cruciale all’interno della competizione tecnologica tra Washington e Pechino. La gestione della pandemia Covid-19, giudicata tra le migliori al mondo, ha portato Taiwan sulla prime pagine di tutti i giornali con articoli dedicati all’approccio confuciano all’emergenza, alla priorità data alle necessità collettive senza dimenticare il rispetto delle libertà individuali.
La presidente Tsai Ing-wen, una delle pochissime donne elette alla guida di un Paese nel continente asiatico senza una diretta relazione parentale con un leader precedente, è stata sulle copertine delle riviste di tutto il mondo e nelle classifiche dei capi di Stato più rappresentativi. Gli spazi di approfondimento sulla complessa storia di Taiwan rimangono tuttavia limitati. Le peculiarità di questa nazione di cultura cinese, ma fieramente contrapposta a Pechino, di uno Stato non pienamente riconosciuto all’interno dell’ordine internazionale pur avendo rapporti con tutti gli attori statuali, e le molte altre eccezioni che descrivono Taiwan, sono anche il punto di partenza per comprendere l’isola sospesa e il suo ruolo cruciale negli equilibri del mondo.
(Memoriale Chiang Kai-shek a Taipei – Photo by Kaizer Bienes on Unsplash)