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La competizione tra Usa e Cina potrebbe essere peggio della Guerra Fredda

L’attuale competizione tra Stati Uniti e Cina stimola a ragionare su analogie e differenze con la Guerra Fredda tra Usa e Unione Sovietica. La conferenza tenuta presso la John Cabot University ha voluto toccare i principali temi del confronto, dalla tecnologia al ruolo di Pechino in Ucraina, alla questione di Taiwan

Si è tenuta presso la John Cabot University la conferenza “Worse than the Cold War?” incentrata sulle dinamiche di competizione tra Stati Uniti e Cina e quali analogie e differenze si trovino col passato.

L’ampio panel era composto da Enrico Fardella, John Cabot University e direttore di ChinaMed.it, Sarah Kirchberger, Kiel University, Veerle Nouwens, RUSI, Edward Luttwak, The Marathon Initiative, Francesco Sisci, Remnin University, Ruth Hanau Santini, Università di Napoli “l’Orientale”, Giovanni Andornino, Università di Torino, Brandon Friedman, Tel Aviv University, Simone Tholens, John Cabot University, Pejman Abdolmohammadi, Università di Trento.

Quadro generale

La competizione di oggi, a differenza della Guerra Fredda, ruota intorno alla tecnologia. Il punto centrale, ormai, è per gli Usa impedire l’accesso agli sviluppi più avanzati, mentre Pechino reagisce tentando di fare da sola, con risultati che potremo misurare tra qualche anno. La globalizzazione economica per come la conosciamo si regge su relazioni amichevoli, o quantomeno non ostili, tra USA e Cina, mentre il fenomeno di decoupling significa che le catene di produzione si spostano nei Paesi confinanti. Gli Stati occidentali hanno come obiettivo quello di non commettere gli stessi errori fatti con la Russia, ovvero di eccessiva dipendenza.

La Guerra Fredda è stata un’epoca di scontro, ma anche un momento caratterizzato da parecchie occasioni di dialogo, in cui Stati Uniti e Unione Sovietica si scambiavano parecchie informazioni, anche solo per evitare la catastrofe nucleare. Oggi Pechino e Washington non sembrano capirsi particolarmente, mentre la comunicazione è la chiave per evitare di cadere in conflitti che nessuno vuole.

Il nostro Paese ha giocato un ruolo abbastanza importante durante la Guerra Fredda, come interlocutore spesso a cavallo tra le due superpotenze. Oggi non abbiamo nessun accesso politico alla Repubblica Popolare come ne avevamo con l’Urss.

Guerra in Ucraina

La Cina credeva che la Russia avrebbe vinto, che avrebbe preso Kiev in un paio di settimane e che si sarebbe tornati alla normalità in un paio d’anni, che l’Europa sarebbe stata divisa e gli Stati Uniti indeboliti nella capacità di condizionare la politica europea. L’esito finale ha fatto in modo che Pechino debba fare una profonda riflessione su quali siano gli assetti internazionali, visto che lo scenario che si aspettava di vedere a marzo non si è realizzato. A questo punto non è possibile abbandonare la Russia, quel che si può fare è allontanarsene lentamente. L’Ucraina è uno dei luoghi da cui provengono moltissimi componenti industriali cinesi, come i motori degli aerei e delle navi. E’ interessante notare che nel discorso di due ore di Xi Jinping al Congresso del PCC non è stato fatto nemmeno un accenno alla questione ucraina.

Taiwan

Taiwan non è l’Ucraina. Pechino possiede un enorme vantaggio militare; Taipei in caso di conflitto potrebbe soffrire del proprio status diplomatico non pienamente riconosciuto; i rifornimenti all’isola in caso di guerra sarebbero estremamente complessi. D’altra parte la Repubblica Popolare non testa le proprie forze armate in un conflitto vero e proprio dal Vietnam, se non dalla guerra di Corea. Per quanto riguarda l’ambiguità strategica statunitense, i cinesi danno per scontato che Washington interverrà a difesa dell’isola in caso di attacco. La Repubblica Popolare non ha nulla da guadagnare da uno scontro militare, tuttavia, ottenere la libertà di movimento nelle acque antistanti alla Cina (e a Taiwan) significherebbe poter mettere in atto una deterrenza nucleare sottomarina efficace.

Rapporti con l’Europa

La guerra ha rinforzato il legame transatlantico, ma soprattutto ha riacceso l’interesse dell’Europa verso la politica cinese, nel guardare Pechino come una rivale, cosa che passava abbastanza sottotraccia fino a pochi anni fa. Germania, Italia, Francia sono paesi che hanno fortemente approfondito l’interscambio commerciale con la Cina negli ultimi trent’anni, e il decoupling colpirà fortemente le loro economie. La rivalità tra Repubblica Popolare e Stati Uniti è particolarmente preoccupante per l’Italia che, inserita nel quadro europeo, ha beneficiato per anni dei beni cinesi a buon mercato e si trova oggi a dover affrontare un mutato scenario di sicurezza internazionale.

Rapporti con gli Stati Uniti

La nuova National Security Strategy dell’amministrazione Biden dipinge la Cina come strategic competitor a differenza della Russia, che è declassata a power to be contained. Gli strumenti statunitensi per contrastare l’ascesa del rivale sono essenzialmente tre: il rilancio degli investimenti americani all’estero, la cooperazione con gli alleati, la modernizzazione degli apparati militari. In generale il documento mostra una visione molto pragmatica della politica internazionale, che assegna minor rilievo alla promozione dei diritti umani, mentre prevede apertamente la possibilità di collaborare con Paesi autocratici, purché non revisionisti. La Cina è ora attenta a non scatenare ulteriori sanzioni, e il Presidente Xi ha affermato nel discorso di volere facilitare l’ingresso di investimenti nel Paese, a dimostrazione del fatto che i capitali stranieri sono ancora necessari per lo sviluppo cinese.


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