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L’ambasciatore cinese che si è sentito emarginato da Biden

Qin Gang ha trascorso quindici mesi a Washington, durante i quali sarebbe stato tenuto lontano dalle figure di vertice statunitensi. Dopo la nomina a membro del Comitato Centrale del Pcc è entrato nel cerchio magico di Xi Jinping, e il risentimento verso gli Usa potrebbe condizionare i fragili canali di comunicazioni tra le due potenze. Soprattutto se dovesse diventare ministro degli Esteri

L’ex ambasciatore cinese a Washington, Qin Gang, sostiene di non essere stato trattato come un ambasciatore meriterebbe, da parte dell’amministrazione Biden durante il suo mandato statunitense. Dall’arrivo nella capitale americana nel settembre 2021, Qin avrebbe avuto incontri con poche controparti statunitensi e, soprattutto non avrebbe avuto contatti con figure governative di vertice, nonostante ripetute richieste di incontrare funzionari di alto livello.

La Casa Bianca ha rigettato questa teoria come falsa, ma diversi addetti ai lavori sostengono di avere avuto il sentore che fosse tenuto lontano dalle figure apicali dell’amministrazione, e che fosse quindi costretto a interfacciarsi con funzionari di livello locale, come governatori e sindaci.

Tra gli altri, avrebbe incontrato Kurt Campbell e Laura Rosenberger, rispettivamente il coordinatore per l’Indo-Pacifico e la senior director per la Cina del National Security Council. Figure indubbiamente di rilievo, ma gli sarebbero stati negati contatti con il Segretario di Stato Anthony Blinken.

Il fatto è che ora Qin è rientrato in patria, dove è divenuto membro del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, una posizione che lo inserisce nella ristretta cerchia di potere intorno al presidente Xi Jinping, e che lo mette in lizza per diventare il prossimo ministro degli esteri.

La presidenza Biden sta attualmente bilanciando il contenimento della Cina dal punto di vista economico e militare, con la necessaria cooperazione su temi globali, come il cambiamento climatico. Se vuole continuare su questo equilibrio ha bisogno di alleati nel Paese, e avere una figura ostile tra i primi consiglieri di Xi potrebbe essere un problema.

Alcuni analisti (e precedentemente funzionari governativi) come Bonnie Glaser, del German Marshall Fund, e Ryan Hass, già membro del National Security Council, hanno fatto notare come l’amministrazione avesse cominciato a permettergli svariati incontri durante la fase precedente alla visita di Nancy Pelosi a Taiwan. Un tentativo di mitigare la rabbia cinese per quell’operazione.

La frequenza e i livelli di impegno della Casa Bianca con gli inviati diplomatici variano a seconda del Paese. Il fatto, secondo un funzionario statunitense rimasto anonimo, sarebbe che l’amministrazione Biden non considerasse Qin un serio tramite con Xi, ritenendolo una figura marginale nel mondo del potere cinese. Questa impressione sarebbe dovuta alla scarsa reattività di Pechino rispetto alle attività del proprio ambasciatore. Come ha riportato lo stesso funzionario su Politico “Ci sono state un paio di occasioni in cui gli Usa volevano una mano, ma lui (Qin) non è stato in grado di fare nulla. Non sembrava del tutto al corrente delle cose”.

Vista la carenza di canali ufficiali, Qin si sarebbe rivolto alla consulente Juleanna Glover, soprannominata la “consigliera dei magnati” per aver offerto i propri servizi a svariate realtà tra cui Netflix, Tesla e AT&T, per ottenere accesso alle principali figure di potere a Washington. Glover avrebbe accettato di mediare per Qin in cambio del suo interessamento per la scarcerazione del magnate dei media Jimmy Lai, detenuto a Hong Kong.

Il mondo diplomatico statunitense, riferisce un funzionario anonimo, non ama lo stile diplomatico di Qin Gang, aggressivo e sempre pronto a ricordare che gli Stati Uniti non devono violare le linee rosse cinesi su Taiwan e quanto potente sia l’arsenale nucleare di Pechino, a differenza del suo mite predecessore Cui Tiankai.

Al contrario, secondo Glover, il mondo del business apprezza il suo pragmatismo e l’interesse che ha mostrato nel risolvere i problemi delle aziende statunitensi in Cina. “Qin è un tramite diretto con la più alta dirigenza cinese ed è fondamentale che lui e la dirigenza cinese abbiano la stessa visione e comprensione di quanto i politici americani riflettano seriamente sul futuro dei nostri due Paesi”.



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