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L’educazione per affrontare i rischi cyber. L’intervento di Nunzia Ciardi (Acn)

Di Nunzia Ciardi

Un’ alleanza tra scuole, famiglie e delle agenzie deputate a svolgere nei confronti dei giovani l’importante funzione educativa costituisce il primo baluardo protettivo verso il rischio online. L’articolo di Nunzia Ciardi, vice direttore generale dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, che prende spunto dall’intervento pronunciato al convegno “Scuola e università per il futuro del Paese”, promosso dall’Osservatorio sulle Politiche educative dell’Eurispes, promosso da Gian Maria Fara e diretto da Mario Caligiuri

La rivoluzione digitale, con tutto il suo portato di innovazioni e promesse, ha trasformato profondamente – e sta continuando a trasformare – le nostre società. Non è stata una rivoluzione tecnologica nemmeno una rivoluzione culturale, è stata una rivoluzione antropologica che ha cambiato il nostro rapporto con la realtà. Da un lato, ha messo a disposizione una moltitudine di servizi e possibilità inimmaginabili fino al secolo scorso e, quando parliamo di secolo scorso, parliamo di poco più di 20 anni fa; dall’altro, ha accresciuto esponenzialmente la complessità della sicurezza, ampliando lo spettro del rischio e aprendo la strada ad altrettante numerose minacce e forme di utilizzo “deviate” dei nuovi strumenti.

La trasformazione di internet da luogo dove cercare informazioni a luogo non fisico dove “essere” presenti con il proprio nome, la propria identità, le immagini private, le storie del quotidiano, ha rapidamente condotto tutti, giovani e meno giovani, a fare i conti con una comunicazione globale, con una presenza non fisica ma reale, con una dimensione sociale impalpabile. Oggi non possiamo più pensare che ci sia una vita fuori dalla rete e una nella rete. La vita dei ragazzi, come quella di tutti noi, è totalmente digitalizzata, viviamo ormai costantemente su una trama digitale. Come dice il moderno filosofo italiano Luciano Floridi “parlare di offline e online non ha più alcun senso, la vita è onlife è costantemente intrecciata tra reale e virtuale.

I giovani, nati immersi nella tecnologia, sono i primi a essere stati sedotti dalle illimitate potenzialità di internet e delle nuove tecnologie. La notevole riduzione dei costi e la proliferazione di abbonamenti e gestori di telefonia in grado di offrire connessioni sempre più performanti a costi ridottissimi, hanno consentito un progressivo ampliamento del popolo degli internauti italiani, includendo tra di essi persino bambini di pochi anni.

È stata una trasformazione rapidissima che ci ha trovati impreparati, non solo gli adulti, anche i giovani, nativi digitali più preparati a utilizzare gli strumenti ma psicologicamente e culturalmente meno attrezzati ad affrontare una realtà complessa come la rete. Se un ragazzo non ha mezzi per affrontare tutto ciò che trova in rete è ovvio che diventa una persona manipolabile, non è più in grado di elaborare l’informazione che gli arriva, soprattutto se l’informazione è frammentata, discordante, continua e disorientante!

Negli ultimi anni abbiamo avuto due fenomeni che hanno aggravato tantissimo la sicurezza informatica, da un lato la guerra per quanto riguarda la sicurezza cibernetica nel suo complesso, dall’altro la c’è stata la pandemia con il lockdown.

Il periodo del lockdown ha costretto l’intera popolazione a rivedere le proprie abitudini di vita e di lavoro e ha comportato necessariamente uno spostamento di molte attività sulla rete, facendo registrare, in tal modo, anche un incremento sostanziale della presenza dei minori online.

L’avvento della pandemia ha di fatto bruciato le tappe di una progressione della diffusione dell’uso delle nuove tecnologie in fasce di età sempre più precoci: per riempire i lunghissimi pomeriggi chiusi in casa, per compensare la mancanza di contatti con i coetanei e i familiari, sono numerosissimi i bambini che hanno acquisito, in pochi mesi, una dimestichezza maggiore all’uso di tablet e smartphone.

I rischi a cui i minori sono esposti in rete sono molti: esiste una possibilità che essi diventino vittime di adescamento, pedopornografia, induzione alla prostituzione minorile, possono essere oggetto di prepotenze, scherzi e molestie da parte di coetanei, magari sui socialnetwork o mentre giocano alla playstation, possono subire violazioni della privacy o essere vittime di truffe e frodi informatiche.

Esiste inoltre il rischio che, talvolta in maniera inconsapevole, i ragazzi diventino autori di reato: usare le password di un amico per accedere a Instagram, condividere sui gruppi whatsapp la foto di una compagna, esigere un compenso per i compiti eseguiti e fotografati, sono tutte azioni che in rete assumono una forza e una gravità tali da arrivare a configurare reati gravi. Secondo un rapido censimento, dal 2016 al 2021 il numero dei minori autori di reato in 5 anni è aumentato del 256%. è un fenomeno di vero allarme e tutto questo perché non c’è un’educazione, non c’è una corretta impostazione di approccio alla rete. Avere la foto nuda della propria fidanzata minorenne sul telefono, chiedere altre immagini alla ragazza, sottoporla a pressione con una cyber exstortion, cyber stalking , sono reati gravissimi puniti dal codice penale.

Il rapporto tra persone e schermi è tale per cui, nonostante la diffusione delle nuove tecnologie, ancora oggi la presenza di un display costituisce una variabile di peso psicologico importante: osservare attraverso uno smartphone situazioni e comunicazioni incide profondamente sui processi percettivi, cognitivi e relazionali di chi lo utilizza. Sentirsi dietro uno schermo che diventa “psicologico” può favorire l’illusione di essere irrintracciabili, può rendere difficile immaginare la gravità degli effetti di semplici azioni veloci (touch o click del mouse), non ci obbliga a fare i conti con le reazioni degli altri quando pronunciamo parole dure, di beffa o aggressive. La traccia informatica di quanto abbiamo fatto in rete rende “eterne” le nostre esternazioni estemporanee, soprattutto quando veicolate attraverso i profili social.

La complessità di quanto si osserva in termini di interazione tra giovani e internet richiede uno sforzo complessivo di prevenzione e contrasto. Un’ alleanza tra scuole, famiglie e delle agenzie deputate a svolgere nei confronti dei giovani l’importante funzione educativa costituisce il primo baluardo protettivo verso il rischio online.

Tra le varie sfide che l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale dovrà affrontare c’è proprio quello di diffondere la consapevolezza dei rischi cyber tra gli utenti delle tecnologie, plasmare una società civile informata e consapevole, in grado di beneficiare delle grandi opportunità che le nuove tecnologie offrono, limitando, al contempo e il più possibile, l’esposizione ai relativi rischi. In altre parole, una società civile che, nei suoi diversi segmenti, si percepisca come parte attiva e responsabile del Sistema Paese e che, assumendo comportamenti virtuosi nello spazio cibernetico, fornisca un prezioso contributo alla sicurezza dell’Italia. Da questo punto di vista, si ricorda che l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale può svolgere attività di comunicazione e sensibilizzazione diretta a promuovere un’adeguata awareness e conoscenza tanto dei rischi cyber, quanto dei comportamenti e delle buone pratiche per mitigarli. Si fa riferimento a campagne informative sia diffuse sia “targettizzate” verso specifiche categorie di utenti, soprattutto i più vulnerabili (adolescenti, anziani ovvero lavoratori impiegati in determinati settori), e “personalizzate” negli specifici contenuti. In altre parole, occorre sviluppare un’adeguata cultura della cybersicurezza. Si tratta di attività rispetto alle quali l’Agenzia può svolgere un ruolo fondamentale.

Un altro obbiettivo centrale per implementare la consapevolezza è l’acquisizione di un’adeguata forza lavoro nel settore della cybersicurezza. Coltivare le risorse umane che si hanno “in-house” offrendo loro, a partire dall’istruzione superiore per poi proseguire con quella universitaria, post-universitaria ovvero di lifelong learning, la possibilità intraprendere percorsi educativi e formativi in materia di cybersicurezza. Percorsi, tanto di natura settoriale quanto multi-disciplinare, che siano in grado di fornire le nozioni di base e le competenze tecniche specifiche necessarie per svolgere, a diversi livelli, le mansioni di cybersicurezza richieste dalle istituzioni pubbliche ovvero dalle realtà private.

Per fare questo risulta evidente che è necessario nel Paese un forte investimento in formazione e, soprattutto, cultura informatica, sistematico e diversificato, in tutto il sistema formativo, dalla scuola primaria all’università.

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