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Perché i servizi deviati sono una foglia di fico. La versione di Gabrielli

L’intelligence è vittima di un “pregiudizio” in Italia, il Paese che, non a caso, ha coniato una definizione con la quale spesso “si tende a spostare responsabilità che sono di altri”. L’intervento del prefetto alla cerimonia di consegna del “Premio Davide De Luca” dell’Associazione Davide De Luca – Una Vita per l’Intelligence

“Ho apprezzato e oggi ancora di più apprezzo come nel nostro Paese ci sia una difficoltà a comprendere che cosa sia la sicurezza” e quanto essa sia “un bene comune che deve essere considerato e compreso” . L’ha spiegato il prefetto Franco Gabrielli, già Autorità delegata nel governo Draghi, intervenendo alla cerimonia di consegna del “Pr­emio Davide De Luca” dell’Associazione Davide De Luca – Una Vita per l’Intelligence, di cui è presidente onorario Gianni LettaL’evento, introdotto da Raffaele Boccard­o, presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato di Bv Tech, si è tenuto presso l’Istituto Luigi Sturzo.

“La sicurezza, bene co­mune da maneggiare con cura” è stato il titolo della lecture del prefetto Gabrielli. Il lessico è “un severo giudice di ciò che comprendiamo e intendiamo”, ha spiegato. E da questo emerge che security, safety e intelligence – i tre aspetti della sicurezza – sono “temi di difficile comprensione” nel nostro Paese. È una “povertà di strumenti del linguaggio” che “ha comportato conseguenze dal punto di vista dell’individuazione delle categorie a cui si fa riferimento”, ha continuato il prefetto citando due esempi: la Protezione civile, che ha guidato dal 2010 al 2015, e il capo della Polizia, incaricato ricoperto dal 2016 al 2021.

Sul primo non ha risparmiato una critica al governo Meloni, che ha istituto un ministero della Protezione civile (Nello Musumeci), riportando “le lancette della storia indietro di 30 anni”. La ragione? “Il capo della Protezione civile è il presidente del Consiglio”. Sul secondo, invece, ha sottolineato come spesso si confonda l’incarico di capo della Polizia, limitandolo al solo vertice della Polizia di Stato quando è anche – e soprattutto – direttore generale della pubblica sicurezza. Queste difficoltà di comprensione sono “spie di una poca comprensione di che cos’è il sistema della sicurezza nel nostro Paese”, ha detto ancora.

Gabrielli ha poi raccontato la sua principale preoccupazione in quanto cittadino: la “credibilità delle istituzioni”, che causa rigidità in risposta e dunque cortocircuiti. Una preoccupazione già espressa alcuni mesi fa quando, ospite di Rai 3, aveva guardato alle minacce esterne definendo “assolutamente” utile che i partiti respingano i tentativi di ingerenza e spiegando come “la demoralizzazione, la destabilizzazione, cioè la messa in crisi delle istituzioni e di chi le rappresenta” sia “uno degli elementi per consentire un’ingerenza”.

Alle difficoltà lessicali e a quelle dei cittadini a comprendere i compiti delle strutture si aggiunge poi la complicazione del modello di organizzazione, ha continuato Gabrielli. “Serve individuare le missioni” per prima cosa. Altrimenti, si generano, com’è evidente, una “ricerca spasmodica del commissario con miraggio di intervento salvifico” e “problemi di organizzazione”.

Come uscirne? Nel mondo della safety serve attribuire al governo centrale, specie in situazioni emergenziali, “una capacità di intervento e di dare risposte che i cittadini rivendicano”. Guardando alla security Gabrielli si è convinto nuovamente della necessità di porre le forze di polizia di ordinamento civile e militari sotto “un’unica autorità”, cioè il ministro dell’Interno, seguendo quanto fatto anche già da Francia e Spagna che pur avevano strutture simili all’attuale italiana. Allo stesso modo, lo schema binario dell’intelligence è una “modalità non corretta”, è tornato a ribadire Gabrielli rilanciando l’idea di un servizio unico.

Un’ultima battuta, Gabrielli l’ha riservata al “pregiudizio” che grava sull’intelligence, “una rappresentazione non sempre corretta della realtà” che viene data al lavoro delle agenzie in Italia – il Paese che, non a caso, ha coniato la definizione “servizi deviati”, ha sottolineato il prefetto. Spesso, si tratta della ”foglia di fico con la quale si tende a spostare responsabilità che sono di altri”, ha chiosato.



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