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FTX, il fondatore svela dove sono finiti i miliardi. E arriva la bancarotta

Sam Bankman-Fried

Per ammissione di Bankman-Fried, Alameda, la sua società d’investimento, avrebbe utilizzato i fondi dei clienti di FTX per investimenti ad alto rischio. Intanto Australia, Giappone e Bahamas (sede legale della exchange) prendono provvedimenti per congelarne le attività

FTX è ufficialmente in fallimento. Nel pomeriggio di giovedì quella che settimana scorsa era la seconda exchange più grande al mondo ha comunicato di aver iniziato le procedure per la dichiarazione di bancarotta negli Stati Uniti. Il fondatore e Ceo Sam Bankman-Fried ha lasciato il posto a John J. Ray III, che guiderà l’azienda nei mesi a venire.

Stanno ancora emergendo le cause del collasso di FTX, un avvenimento che è già stato definito il momento Lehman Brothers della cripto-finanza. Stando al Wall Street Journal, Bankman-Fried ha ammesso di aver utilizzato miliardi di dollari dei clienti di FTX per finanziare gli investimenti ultra-rischiosi della propria società di trading, Alameda Research.

Il giovane miliardario, che nel giro di poche ore ha perso il 94% della sua fortuna, avrebbe detto durante una riunione con gli investitori che FTX ha un credito con Alameda di circa 10 miliardi di dollari. L’exchange deteneva l’equivalente di 16 miliardi in asset dei propri clienti, dunque Bankman-Fried sarebbe responsabile di averne trasferiti più della metà ad Alameda – la quale si è ulteriormente indebitata per un altro miliardo e mezzo al fine di finanziare le proprie operazioni.

Giovedì un Bankman-Fried grondante di rimorsi ha dichiarato in una serie di post su Twitter che Alameda avrebbe cessato le attività di trading. Nello stesso thread si è ripetutamente scusato per i suoi errori, ammesso la sconfitta (probabilmente a vantaggio del rivale Changpeng Zhao, CEO di Binance) e ha promesso di fare il possibile per rifondere gli utenti di FTX.

Tuttavia, la massiccia crisi di liquidità che ha colpito la piattaforma – che ha dovuto interrompere i prelievi dopo una “corsa agli sportelli” da 5-6 miliardi – ha dissuaso anche i player più grandi del settore, tra cui Binance stessa, dall’intervenire per salvare FTX e mitigare l’impatto sul settore delle criptovalute. Negli ultimi giorni Bankman-Fried avrebbe lavorando disperatamente per recuperare i 6-8 miliardi di dollari necessari per evitare il fallimento, mentre la Securities and Exchange Commission statunitense espandeva la sua indagine nell’azienda.

Intanto le autorità hanno iniziato a muoversi, anche a dispetto del vuoto legislativo attorno alle crypto. Nelle Bahamas, sede legale della divisione internazionale di FTX (la sezione statunitense non è coinvolta nello scandalo), l’autorità di vigilanza del mercato è intervenuta giovedì per congelare i beni detenuti da FTX Digital Markets, la filiale locale che funge da principale fornitore di servizi per la borsa, riporta il Financial Times.

Poche ore dopo è stata la volta dei regolatori giapponesi, che hanno sospeso a tempo indeterminato alcune operazioni locali della piattaforma, citando preoccupazioni sulla struttura e sullaffidabilità creditizia della exchange. Contemporaneamente la divisione australiana di FTX è stata posta in amministrazione controllata e ai clienti è stato ingiunto di non depositare denaro, né effettuare operazioni.

L’intervento rapido delle autorità è stato salutato con favore dagli osservatori e da parte della stessa industria crypto, dove diverse aziende stanno chiedendo a gran voce di essere sottoposte a controlli di trasparenza per dimostrare che il problema di FTX non è endemico, ha detto su queste colonne l’esperto del settore Mirza Suleymanov (Wilson Center). Secondo lui, un risvolto positivo dell’intera débâcle potrebbe essere l’accelerazione degli sforzi delle autorità globali per regolare un’industria ancora troppo selvaggia. A dimostrazione dei buchi nei controlli, su Twitter sono emersi casi di utenti che sono riusciti a trasferire milioni di dollari detenuti su FTX comprando Nft.

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