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Il nuovo Britannia può aspettare. Londra accelera sulle navi per difendere gasdotti e cavi

Il contesto interno e globale post invasione russa dell’Ucraina ha spinto il governo Sunak a rivedere le priorità. Sospeso il programma National Flagship fortemente voluto da Johnson, sono stati anticipati i tempi per le nuove unità per sorveglianza e sicurezza dei mari

Il nuovo panfilo Britannia dovrà aspettare. Colpa della guerra d’invasione della Russia in Ucraina e delle sue conseguenze economiche e strategiche. Il contesto interno e internazionale ha spinto il nuovo governo britannico guidato da Rishi Sunak a rimandare la realizzazione di un nuovo yacht reale progetto da 250 milioni di sterline – fortemente voluto dall’ex primo ministro Boris Johnson ma, si sussurra, criticato persino dalla Corona – per rafforzare le difese delle infrastrutture critiche.

Ben Wallace, segretario alla Difesa, ha annunciato alla Camera dei Comuni la sospensione del programma National Flagship per anticipare l’acquisto di navi specializzate nella protezione delle infrastrutture critiche nazionali come cavi sottomarini e gasdotti. Le due navi MROS (Multi-Role Ocean Surveillance) saranno gestite dalla Royal Fleet Auxiliary. La prima sarà consegnata nel gennaio 2023, con diversi mesi di anticipo rispetto alla precedente tabella di marcia.

“Di fronte all’invasione illegale e non provocata dell’Ucraina da parte della Russia e allo sconsiderato disprezzo di [Vladimir] Putin per gli accordi internazionali volti a mantenere l’ordine mondiale, è giusto dare priorità alla fornitura di capacità che salvaguardino le nostre infrastrutture nazionali”, ha dichiarato Wallace spiegando che le due unità proteggeranno le infrastrutture sensibili della Difesa e quelle civili. “Nelle prossime settimane farò ulteriori annunci sui nostri continui investimenti nella Marina”, ha promesso. Anche questo è un segnale importante in vista del 17 novembre, quando il cancelliere Jeremy Hunt presenterà la legge di bilancio: Wallace, infatti, è un convinto sostenitore dell’aumento della spesa militare al 3% del prodotto interno lordo entro il 2030 (circa 157 miliardi di sterline in otto anni).

Dopo il danneggiamento del gasdotto Nord Stream è stato lanciato un allarme globale sulla vulnerabilità delle reti energetiche subacquee, accolto anche dal nostro Paese. Nelle scorse settimane l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, capo di stato maggiore della Difesa, ha parlato di un piano lanciato in accordo con l’allora ministro Lorenzo Guerini per aumentare le misure di tutela a protezione delle infrastrutture strategiche nel Mediterraneo che garantiscono l’approvvigionamento energetico italiano, a partire dal Canale di Sicilia.

Nei giorni scorsi sono state pubblicate le conclusioni di una consultazione pubblicata sulla Strategia per la sicurezza marittima dell’Unione europea. “Il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream nel settembre 2022 dimostra chiaramente le significative conseguenze economiche, geopolitiche e ambientali che gli attacchi alle infrastrutture marittime critiche possono avere”, si legge. “L’emergere di tecnologie dirompenti richiede una maggiore resilienza; le organizzazioni criminali continuano a operare in mare con rinnovata intensità (per esempio, traffico e contrabbando di esseri umani, merci, droga e armi), sfruttando nuove modalità e nuove tecnologie (come l’utilizzo di droni, mezzi on-line, eccetera); anche la pandemia Covid-19 ha influito sulla sicurezza marittima”, recita ancora il documento.

La strategia, però, “necessita di un aggiornamento lungimirante per consentire all’Unione europea preservare i propri interessi strategici, considerando le minacce alla sicurezza in continua evoluzione”. Per farlo, serve concentrarsi, spiegano gli esperti, in particolare sulla protezione dei flussi e delle risorse; su una governance marittima/oceanica più trasversale e inclusiva; su una maggiore consapevolezza della situazione marittima e un rafforzamento dello scambio di informazioni tra i Paesi e i settori coinvolti nella sorveglianza marittima; sulla rafforzamento della capacità di individuare e rispondere alle minacce ibride che colpiscono il settore marittimo; sul rafforzamento della capacità di prepararsi e rispondere agli attacchi informatici; sulla realizzazione di capacità coerenti e ambiziose e potenziare la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione; su operazioni di sicurezza marittima più flessibili per essere ancora più efficaci; e sull’uso di nuovi strumenti per affrontare le minacce emergenti. Gli intervistati hanno indicato che i suddetti obiettivi sono rilevanti soprattutto nelle aree geografiche che circondano l’Europa, in particolare il Mediterraneo, il Mar Nero, il Baltico e il bacino del Mar Glaciale Artico, senza dimenticare l’Indo-Pacifico.


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