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A Washington Macron e Biden discuteranno gli equilibri globali del futuro

Gli Usa hanno bisogno della collaborazione francese per spingere il fronte europeo a occuparsi maggiormente della propria difesa contro la Russia, per contenere efficacemente la Cina, per rilanciare l’attrattività del campo democratico occidentale contro le autocrazie

La visita di Macron a Washington

L’ultima visita del presidente francese Emmanuel Macron a Washington risale al 2018. La prossima, che avverrà il 1 dicembre, si terrà in uno scenario globale molto diverso. Sembra finita l’ubriacatura americana di Donald Trump, la Cina si fa sempre più aggressiva, l’invasione dell’Ucraina ha riaffermato il legame statunitense con l’Europa, spostando il baricentro europeo verso Est, ai confini della Nato.

Come riporta Foreign Affairs, Joe Biden e Emmanuel Macron hanno due obiettivi comuni: da un lato, assicurarsi che l’Europa sia in grado di contenere l’aggressività russa e, contemporaneamente, che il sistema di istituzioni internazionali sia riformato per fare in modo che possa resistere all’ascesa della Cina.

Le istituzioni internazionali in questione

L’invasione russa ricorda, sotto questo aspetto, che la Nato è ancora un’organizzazione imprescindibile per la sicurezza collettiva europea. Un fatto accettato ora anche dai francesi, che l’hanno inserito nella strategia di sicurezza nazionale 2022, diminuendo la centralità dei progetti europei di difesa. Parigi ha aumentato la presenza delle sue truppe negli Stati del Baltico e coordina le operazioni Nato di forward presence in Romania. Ma rimangono le differenze di vedute su cosa un pilastro europeo nella Nato voglia significare nel concreto. E soprattutto le divergenze su come rispondere alla minaccia cinese.

La Francia spera ancora di convincere il resto dell’Europa (leggi: Germania e Italia) a sviluppare maggiori capacità in ambito difesa, non solo costruendo progetti Eu-made, ma anche sviluppando missioni militari autonome. Una strategia di questo genere richiederebbe un cambiamento culturale negli Stati Uniti, poiché diluirebbe la partnership con il Vecchio Continente.

Tuttavia, secondo la rivista sarebbe nell’interesse attuale di Washington, che potrebbe prestare ancora più attenzione alla competizione con la Repubblica Popolare e al quadrante Pacifico. Inoltre, la guerra in Ucraina ha già dimostrato come Nato e Ue possano completarsi a vicenda.

Sebbene la Nato abbia svolto un ruolo critico nel dissuadere l’aggressione russa al di fuori dell’Ucraina, non è stata la forza trainante del sostegno diretto a Kiev, che invece è passato attraverso iniziative ad hoc, come il Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina guidato dagli Stati Uniti. Mentre l’Ue ha contribuito con aiuti forniti tramite il Fondo europeo per la pace e la Missione di assistenza militare.

L’impegno americano in Europa

In questo scenario, la Francia spera nella benedizione Usa della difesa europea, mentre gli Stati Uniti sperano che l’Esagono si allinei sulla politica di contrasto alla Cina. Gli Usa prevedono che nei prossimi anni la Cina invada Taiwan. In quell’evenienza non si aspettano un appoggio militare significativo, ma vogliono vedere un’Europa compatta che si schieri nettamente a favore della posizione americana adottando pienamente le sanzioni del caso, come è accaduto con la Russia.

Se vorranno ottenere questo risultato, gli Usa dovranno impegnarsi di più per rendere l’Europa meno dipendente dal mercato cinese, dalle sue tecnologie e dalle materie critiche.

In quest’ottica, la Francia può essere un partner cruciale per Washington, anche se difficile da gestire. Pur condividendo molte delle preoccupazioni degli Stati Uniti nei confronti della Cina, la Francia intende perseguire una politica nazionale ed europea distinta dall’allineamento automatico con Washington. Ad esempio, Parigi lascia aperta la possibilità di cooperare con Pechino quando gli interessi si allineano. E intende anche offrire una terza via ai Paesi della regione indo-pacifica, spingendo per il rafforzamento delle regole internazionali e la difesa della sovranità, invece di incoraggiare i Paesi a unirsi a campi concorrenti.

Le frizioni attuali, come il timore degli europei che gli Usa vogliano perseguire una politica industriale protezionistica, andranno sanate. Francia e Germania stanno già spingendo per ottenere sussidi simili all’americano Inflation Reduction Act per le industrie europee, e Macron ha persino ventilato l’idea di una legge “Buy European”.

La Francia si è anche lamentata a gran voce del fatto che gli europei debbano pagare il gas naturale da tre a quattro volte più degli americani, segno che anche in un momento di notevole solidarietà transatlantica gli impulsi protezionistici possono dividere gli alleati.
Con il populismo di destra in ascesa su entrambe le sponde dell’Atlantico, Macron e Biden sanno benissimo che entrambi potrebbero essere sostituiti da leader che potrebbero scatenare una competizione feroce con i rivali o inimicarsi i partner.

Un rilancio dell’appeal del campo occidentale 

Oltre a trovare un terreno comune sulla Cina e sulla difesa europea, Biden e Macron devono cogliere questa opportunità per rafforzare le relazioni in ottica futura. Un modo per isolare l’alleanza da problemi futuri è quello di costruire nuovi meccanismi burocratici più flessibili rispetto a forum consolidati come la Nato e il G7. Questi possono essere bilaterali (come i dialoghi strategici tra Stati Uniti e Francia) o multilaterali (come il Quadrilatero europeo), ma devono fornire un contesto per prevenire le incomprensioni e promuovere obiettivi strategici condivisi.

In quanto leader di due Paesi con aspirazioni storicamente universalistiche, Biden e Macron possono fare molto per dimostrare come il mondo democratico sia un alleato migliore di quello autoritario.

Tuttavia, in questa competizione per l’anima del mondo, le democrazie sviluppate devono ottenere successi tangibili per conquistare le nazioni in via di sviluppo. Sin dai primi giorni dell’epidemia da Covid-19, quando molti Paesi ricchi facevano incetta di dispositivi di protezione, Macron ha spinto per un “multilateralismo orientato ai risultati” che potesse portare benefici al “Sud globale”.

Alla Cop27 in Egitto questo mese, ha sostenuto la necessità di riformare il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale per favorire la transizione verso l’energia pulita, appoggiando le richieste dei Paesi in via di sviluppo di rendere il sistema finanziario multilaterale più equo. Ma questo cambiamento può avvenire solo con il sostegno degli Stati Uniti.
Insieme, Francia e Stati Uniti possono fare molto.

Se il dialogo tra questi pesi massimi del campo occidentale si rivelerà infruttuoso, ci aspettano tre rischi: che la loro mancanza di unità e di preparazione favorisca l’aggressione cinese; che le divisioni sul grado di distacco dalla Cina si traducano in politiche non coordinate che possono minare la stabilità dell’Indo-Pacifico; che gli Stati Uniti ritengano di non avere altra scelta se non quella di perseguire la loro strategia nell’Indo-Pacifico senza la partecipazione dell’Europa.

Nessuno vuole che due terzi del globo diventino un’arena di competizione a somma zero tra i partner transatlantici.

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