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Sondaggi, previsioni e sorprese delle Midterm. I commenti di Pregliasco

Le proiezioni elettorali indicano una tenuta dei Democratici e sfatano il mito di una possibile “onda rossa” che avrebbe dovuto travolgere il Paese. Joe Biden, Donald Trump, Ron DeSantis, lo stato di salute del sistema elettorale statunitense e la discussione su chi possa essere il futuro candidato repubblicano. Ne parliamo con il direttore di YouTrend

Le proiezioni elettorali indicano una tenuta dei Democratici e sfatano il mito di una possibile “onda rossa” che avrebbe dovuto travolgere il Paese. Donald Trump ne esce indebolito, mentre si apre la discussione su chi possa essere il futuro candidato repubblicano. I commenti agli exit poll di Lorenzo Pregliasco, direttore di YouTrend.

Joe Biden, uno dei Presidenti Usa meno popolari, sarà alla fine di questo scrutinio uno dei Presidenti che usciranno meglio dal voto di midterm. Cosa significa questo?

Si può dire che Biden sia riuscito a rimanere a galla, contro le previsioni dei sondaggi. Consideriamo che quasi sempre il partito del presidente perde seggi. Non abbiamo ancora i dati finali, ma sembra verosimile che le perdite alla Camera siano limitate, e potrebbe esserci un mantenimento della maggioranza al Senato. In queste condizioni, con l’inflazione all’otto per cento, e un presidente poco popolare. Questo ci dice che se Biden e il Partito Democratico hanno dei limiti, questi limiti esistono anche dall’altra parte.

Donald Trump ha detto che si candiderà alle prossime elezioni. Come potrebbe uscire da queste elezioni? Tra l’altro, si potrebbe dire che Trump sia un fenomeno nazionale, mentre le midterm assumono principalmente un carattere “locale”, è d’accordo?

L’ex presidente rischia, nel senso che effettivamente il risultato di queste midterm non è positivo per lui. Non lo è per il rafforzamento di DeSantis, non lo è per il risultato repubblicano in generale. E’ vero che Trump è un fenomeno nazionale e che le midterm sono un po’ la somma di fenomeni locali, ma sono comunque molto sintomatiche degli umori nazionali. Non dimentichiamo, comunque, che ci sono stati diversi presidenti che hanno perso anche molti seggi alle midterm e poi hanno vinto le presidenziali successive, ad esempio Barack Obama.

Questa estate la sentenza della Corte Suprema aveva molto galvanizzato la base elettorale democratica. I Dem sono riusciti a sfruttare questo tema?

Sì, i democratici son riusciti a realizzare che in un certo senso la questione avrebbe alterato lo stato d’animo dell’elettorato. Peraltro gli exit poll dicono che per i cittadini l’inflazione era la prima priorità, la seconda era l’aborto. Quindi, nonostante fosse passato del tempo da quella decisione, nonostante fosse opinione comune che si fosse attenuato il peso dell’aborto, ha comunque giocato un ruolo. E’ interessante notare come in Michigan, la proposta referendaria sull’inserire in costituzione il diritto all’aborto ha aiutato i dem a mobilitare un elettorato che altrimenti sarebbe stato difficile da attivare.

DeSantis è andato molto bene. Sarà lo sfidante repubblicano di Trump alle prossime primarie?

DeSantis ha ottenuto un risultato molto positivo. E’ un nome di cui sentiremo parlare nelle presidenziali del 2024. Avrebbe tutte le carte in regola: arriverà da due mandati da governatore in uno stato importante come la Florida, ed eventualmente non completerà il secondo mandato se vorrà correre per la presidenza. Esce sicuramente meglio di Trump da queste midterm, dopodiché non è affatto detto che alle primarie repubblicane (che si terranno tra più di un anno) l’America sia la stessa. Potremmo assistere a un ritorno di Trump in grande stile. Sicuramente a oggi il segnale che arriva dalle midterm è che Trump sia un po’ sottotono. Queste elezioni sarebbero state un’ottima occasione per lui, non essendo più in carica, avendo contesto favorevole di inflazione alta e di impopolarità del Presidente attuale.

Dall’altra parte John Fetterman sta andando forte. Potrebbe essere uno dei prossimi candidati democratici?

Fetterman ha avuto un grande risultato. Non penso possa essere candidato alle presidenziali 2024, sarebbe troppo giovane come esperienza al Senato, ed è una figura abbastanza complicata da “vendere” al di fuori della Pennsylvania. Sicuramente ha avuto un risultato che ha confermato quelle che erano le aspettative fino a qualche settimana fa, di una probabile vittoria. Le sue chances si erano ridotte a causa dell’ictus, ma è riuscito lo stesso a vincere le elezioni in uno Stato che per i democratici non è facile.

Nelle scorse settimane c’era grande timore che potessero verificarsi episodi di violenza elettorale (e alcuni ce ne sono stati), ma per ora la situazione sembra normale. Cosa dicono del Paese le proiezioni attuali?

Fortunatamente mi sembra non ci siano stati casi di violenza. Il Paese è avvelenato dalle le bufale e dalle macchinazioni dell’area Trump rispetto alla legittimità del processo elettorale. Certo, ci possono essere complessità, piccole irregolarità, ma mai è stato provato che ce ne fossero su larga scala. E’ tristemente un clima molto radicalizzato che è stato accentuato dalle posizioni di Trump nel 2020. Ci sono decine di candidati repubblicani, molti tra l’altro eletti, che si professano election deniers, cioè che non accettano il risultato elettorale del 2020.

Questo pone problemi di leadership e accende un campanello d’allarme. Quella americana, che è una democrazia spesso presa come modello sotto molti punti di vista, vive oggi una difficoltà data dalla perdita di un terreno comune. Che non ha a che fare con l’essere di destra o di sinistra, ma con il contestare proprio le regole del gioco. La speranza è che nella netta contrapposizione di idee si possa recuperare quantomeno un clima di correttezza e di riconoscimento reciproco tra candidati, che non sconquassi anche la percezione della legittimità del sistema elettorale.


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